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Claudia Guasco per il Messaggero
Lo scontro è frontale. Da una parte Amos Genish, da luglio 2017 alla guida di Tim-Telecom Italia, «al lavoro senza sosta» sul piano industriale che intende portare a termine fino a marzo 2020. Dall' altra «alcuni membri del cda», eletto lo scorso 4 maggio, per due terzi dalla lista del fondo Elliott e per un terzo da quella Vivendi, «molto indaffarati a diffondere congetture, voci false o poco attendibili che mettono a repentaglio le azioni del management e minano la capacità di Tim di raggiungere i suoi obiettivi ambiziosi».
A CAPO DELL' AZIENDA
L' amministratore delegato Genish non nasconde la sua irritazione, lanciando al contempo «un appello a quei rappresentanti del cda che dovrebbero schierarsi a fianco dei manager» e un avvertimento: «Posso garantirvi che nessuna di queste interferenze mi scoraggia o mi intimidisce e ribadisco tutto il mio impegno per rimanere alla guida di Tim e traghettarla fino al 2020».
Da fonti vicine al vertice trapela che Genish sia anche passato all' azione, affrontando col presidente Fulvio Conti i consiglieri ostili che remano in direzione contraria e diffondono rumors di un suo possibile addio. Per ora non ci sarebbe alcun atto formale, come avvenne nel 2013 quando - in un momento altrettanto delicato per la compagnia con gli azionisti di Telco (Telefonica, Intesa, Mediobanca, Generali) impegnati nel riassetto e per evitare la scure di un declassamento del rating a livello spazzatura - un esposto aveva avviato le indagini per insider trading a carico di un consigliere.
Al momento Genish si limita a un attacco verbale: «Alcuni membri del cda devono capire qual è il loro mandato: indipendenti e non esecutivi con una cosa in comune, il bene dell' azienda. Molti azionisti chiave sono scontenti, chiunque vi sia dietro alle voci si deve allineare». In gioco ci sono sfide importanti: lo sbarco di Iliad, il nuovo aggressivo operatore telefonico, un possibile accordo con Open Fiber, un piano di digitalizzazione della rete che avrà un impatto importante sul conto economico di Tim.
LE DISMISSIONI
«Dismetteremo circa 6.000 centraline entro il 2021-2022 e questo comporterà una riduzione dei costi intorno a 350-400 milioni annui», spiega l' ad. Che anticipa: «Entro la fine del prossimo anno raggiungeremo un rating decisamente positivo, investment grade. Questo ci permetterà di tornare a staccare la cedola». Iliad non interferirà con i piani. «Noi abbiamo fato mosse tattiche non strategiche, non abbiamo visto cambiamenti radicali sul mercato. Tim non ha intenzione di aprire una guerra dei prezzi con Iliad, i nostri clienti capiranno la differenza di qualità».
L' analisi del management su Tim è la seguente: Iliad non ha rete, è totalmente soggetta a costi variabili e non riuscirà a reggere a lungo tariffe così basse. Inoltre non starebbe giocando ad armi pari. «Secondo noi Iliad non ha ottemperato alla legge Pisanu e non sono stati compliance», afferma Genish, che ha proceduto a una segnalazione al ministero dell' Interno e ad Agcom.
DIALOGO CON DI MAIO
Nel frattempo Tim apre a un' integrazione con Open Fiber - che «accoglie con favore» il passo avanti - per una possibile collaborazione nella fibra fino a casa, l' Ftth. «Un unico player potrebbe essere meglio e siamo aperti a collaborare - spiega l' ad - Ma per ballare il tango bisogna essere in due e speriamo che Open Fiber sia altrettanto aperta al confronto, vedremo se è possibile avere un' unica azienda con un denominatore comune».
Prossima tappa sarà la semestrale, che dovrà misurarsi con il ritorno della bolletta da 28 A 30 giorni: l' azienda ha cercato di attenuare l' impatto e intende colmare il buco in tempi brevi. In compenso, è stato siglato il contratto di solidarietà: «Il dialogo con il ministro Di Maio ha portato risultati non facilmente raggiungibili - rileva Genish - Abbiamo applicato il contratto a 30 mila dipendenti e prepensionato 4.500 persone».
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