DAGOREPORT - COSA POTREBBE SUCCEDERE DOPO LA MOSSA DI ANDREA ORCEL CHE SI È MESSO IN TASCA IL 4,1%…
Alessandro Barbera per La Stampa
Chiamatelo redde rationem, o il momento della verità, se preferite. L' autunno porterà con sé vento e novità in Europa: se buone o cattive per l' Italia, dipenderà anche dall' Italia. Prendiamo i due messaggi recapitati ieri da Berlino. Il primo ha le sembianze segaligne del governatore Jens Weidmann: «Le nostre ultime previsioni dicono che nel 2018 non c' è l' esigenza di prolungare il programma di acquisto di titoli. Ci vuole un' uscita ordinata».
Da qualche settimana il numero uno di Bundesbank si mostrava in linea con il governatore Bce e la sua strategia - lenta ma a parole avviata - di uscita dalla politica monetaria ultraespansiva. Poi l' euro ha iniziato a rafforzarsi più del previsto con il dollaro e Draghi è stato costretto a ingranare la retromarcia: ieri mattina, in un discorso in Germania, Draghi si è limitato a ricordare che «il piano sta funzionando» senza aggiungere altro. A oggi Francoforte può comprare 60 miliardi al mese di titoli fino a dicembre «od oltre» se necessario. Acquisti che negli ultimi due anni hanno contribuito a mantenere molto basso il costo per il finanziamento del debito italiano.
Per Draghi il problema non è solo la forza dell' euro, ma la persistente debolezza dell' inflazione europea, ancora lontana dall' obiettivo del due per cento. Weidmann non la vede così, e per questo vuole accelerare: «Un chiaro piano di uscita offre senz' altro vantaggi nella comunicazione con i mercati e nell' opinione pubblica». Un punto sul quale di recente si è soffermato molto anche il membro del board - ed ex alto funzionario del Tesoro francese - Benoit Coeuré. Le banche tedesche e francesi premono per un ritocco all' insù del tasso sui depositi, tuttora inchiodato a -0,4 per cento.
Del resto - dice Weidmann - si possono mantenere i tassi bassi anche dopo la fine del piano. Il caso vuole che proprio oggi Draghi sia atteso a Jackson Hole per il tradizionale forum dei banchieri centrali. Le aspettative attorno al suo discorso avevano spinto ambienti della Bce a smentire che avrebbe fornito novità sulle prossime mosse di politica monetaria. Le parole di Weidmann sono una chiara pressione nella direzione opposta, proprio mentre lo spread fra i titoli italiani e tedeschi torna ai massimi degli ultimi mesi (ieri a 173 punti) spinto dalle parole di Berlusconi a favore di una doppia circolazione di euro e lira. Una proposta poco concreta ma abbastanza confusa da innervosire i mercati memori di quanto accadde nel 2011.
L' altro messaggio da guardare con attenzione - e speculare a quello di Weidmann - è di Wolfgang Schäuble. Secondo la Bild il ministro delle Finanze tedesco subito dopo le elezioni del 24 settembre è pronto a lanciare un importante piano di riforma delle istituzioni europee. Il cuore del progetto - condiviso con Emmanuel Macron - è quello di trasformare il Fondo salva-Stati in una sorta di ministero dello Sviluppo europeo.
Finora il Fondo Esm si è occupato di aiutare i Paesi colpiti da crisi finanziaria: lo ha fatto in Grecia, Spagna, Irlanda, Portogallo. Per i tedeschi dovrebbe fare ben altro: potrebbe sostenere gli investimenti nei singoli Paesi in funzione anticiclica, o un piano contro la disoccupazione europea. Ciò però non significa solo - come scrive la Bild per titillare i lettori conservatori - «mettere i soldi dei contribuenti tedeschi a disposizione dei Paesi del Sud»: degli 80 miliardi del bilancio del Fondo, 22 sono versati da Berlino. La contropartita cui pensa Schäuble è quella di sottrarre alla Commissione l' eccesso di discrezionalità politica - così lo giudicano a Berlino - nella gestione dei conti pubblici dei singoli Paesi.
A Berlino manca un mese alle elezioni, è vero. Ma le probabilità che dopo di esse cambi l' inquilino della Cancelleria sono molto basse. Ecco perché occorre avere chiaro cosa ci attende in autunno: il nuovo asse franco-tedesco è pronto a un passo avanti nell' integrazione europea. Lo faranno, con o senza il consenso italiano.
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