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Marco Casa* per il Giornale
Lo scorso novembre Unicredit ha annunciato la firma di un accordo per la vendita della sua attività sul pegno, meglio nota come Monte di Pietà, con oltre 300 anni di storia, all'austriaca Dorotheum. Qualche tempo fa è uscito un bel libro, «Oro», scritto dal direttore generale della Banca d'Italia Salvatore Rossi. Questi due eventi sembrano incrociarsi nelle loro storie.
Nel libro di Rossi si ricorda come l'oro di Bankitalia, dopo un fallito tentativo di occultamento, venne in buona parte requisito dalle truppe naziste, ancora presenti in Italia, nonostante l'armistizio annunciato da Badoglio. E finì prima a Fortezza in Alto Adige per poi arrivare in Germania, passando forse dall'Austria. Dopo la guerra la maggior parte dell'oro trafugato fu individuato e recuperato.
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Cosa c'entra tutto questo con l'operazione Dorotheum? Questa casa d'aste è stata creata 300 anni fa dall'imperatore Joseph I d'Austria. Decenni dopo la casa d'aste, sempre rimasta nelle mani dello Stato, con l'arrivo dei nazisti in Austria, fu utilizzata dagli stessi per vendere i beni requisiti agli ebrei.
A capo della casa d'aste, chiamata dai locali «zia Dorothy», arrivarono i due amministratori delegati nominati dal Terzo Reich, Anton Jennewein e Franz Hofbauer, per vendere i beni requisiti dalla Gestapo. Questo è il momento di grande crescita della società che in poco tempo divenne il più grande player nelle vendite dei beni requisiti agli ebrei.
Alla fine della seconda guerra mondiale Bankitalia riuscì a riprendersi gran parte dell'oro trafugato dai nazisti. Purtroppo la stessa sorte non ebbero i beni venduti dall'austriaca Dorotheum perché vennero distrutti, da questa casa d'aste controllata dallo Stato, tutte le informazioni sulla provenienza e la vendita di dette opere requisite agli ebrei.
La storia la racconta bene il sito tourmycountry.com. Tracce di questo pezzo di storia si trovano ancora, ad esempio, nell'atto di citazione presso la Corte Suprema Americana, alla fine del secolo scorso, della signora Maria Altmann contro lo Stato austriaco, che vendette tramite Dorotheum i beni requisiti alla sua famiglia.
La crescita ed il successo di Dorotheum viene dunque in buona parte da un'attività che la storia ha definito illegale. E nulla è stato restituito. Con questo scheletro nell'armadio il governo austriaco decise di privatizzare Dorotheum nel settembre 2001 ed oggi questa società, di gran successo come recita il suo stesso sito, è in grado di acquistare per oltre 100 milioni di euro le attività di Unicredit. La Banca d'Italia dovrà ovviamente autorizzare il tutto.
Non siamo in grado di dire se allo stato attuale questo possa essere definito addirittura come un «riciclaggio» e sarà Bankitalia, esperta su vicende storiche molto simili, come ci ha ricordato Rossi, a doverlo verificare.
Certo che per gli eredi di tante famiglie come la Altmann sarà difficile accettare che non si tratti di riciclaggio di risorse frutto di attività che la storia ha senza ombra di dubbio definito illecite.
*Nome de plume utilizzato da un banchiere italiano
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