FLASH! - FERMI TUTTI: NON E' VERO CHE LA MELONA NON CONTA NIENTE AL PUNTO DI ESSERE RELEGATA…
Era inevitabile che durante la conferenza stampa di ieri a Bruxelles qualche giornalista tirasse un pelo alla barba di Sergio Marpionne.
Il pelo non poteva che essere quello spuntato nell'intervista che il manager dal pullover sgualcito ha concesso la settimana scorsa al giornalista-guru Massimo Mucchetti quando senza mezzi termini ha parlato di un'ulteriore chiusura degli stabilimenti Fiat in Italia.
Nell'incontro di Bruxelles Marpionne non ha perso quell'aria sicura che hanno i manager più bravi, e la serenità che appariva sul suo volto ha fatto venire in mente le pagine scritte da Francesco Alberoni a proposito dell'innamoramento. Ora non interessa sapere se Marpionne, dopo la separazione con la moglie, vive una stagione d'amore, e nemmeno se la villa da 3,9 milioni di dollari che ha comprato vicino a Detroit sarà il nido dei suoi sentimenti e dei suoi pensieri planetari.
Ciò che conta è che ieri a Bruxelles quando gli hanno tirato il pelo ha buttato altra benzina sul fuoco dicendo che non si può continuare a perdere soldi semplicemente per tenere in piedi un sistema industriale che economicamente non ha basi e che la Fiat manterrà le scelte industriali in Italia, ma soltanto "a condizioni estremamente chiare". Quali siano queste condizioni non l'ha detto anche se si è sforzato di smentire, a dispetto di quanto dichiarato a Mucchetti, il "sacrificio" di due stabilimenti italiani.
A questo punto l'imbarazzo diventa sempre più grande perché se da un lato si deve riconoscere al figlio del carabiniere Concezio di aver capito che dentro "questa" Italia le aziende lavorano con il cappio alla gola delle banche e della politica, dall'altro la sequenza delle sue contraddizioni meriterebbe una seconda versione del libro di Collodi su Pinocchio. Per lui sembra facile buttare a mare con poche parole decenni di relazioni industriali e scaricare sul mercato la debolezza di un'azienda che con i suoi modelli obsoleti non riesce a reggere in Europa la sfida competitiva.
Sembra davvero arrivato il momento in cui si rende necessario un chiarimento definitivo con chi tiene le redini del governo tecnico. In campo dovrebbe scendere prima di ogni altri il ministro al quale è stata affidata la gestione della politica industriale, ma a quanto sembra Corradino Passera continua a guadagnare tempo e proprio ieri, mentre Marpionne parlava a Bruxelles, ha detto: "non ci sono stati ancora contatti, ma è possibile che ci siano".
Questa dichiarazione non deve essere suonata bene alle orecchie di Monti che secondo voci raccattate ai piani bassi di Palazzo Chigi comincerebbe a manifestare una certa delusione nei confronti dell'ex-banchiere definito generosamente Superministro.
Probabilmente il Premier si aspettava che dopo i primi cento giorni di governo Corradino tirasse fuori un piano industriale di largo respiro, almeno un abbozzo di quella strategia organica sulla quale dicono che l'ex-banchiere con notevole preveggenza abbia lavorato per l'intero mese di agosto sulla spiaggia di Sabaudia, ospite vitto e alloggio di Giovannino Malagò, insieme alla moglie Giovanna Salza (ex di Megalò).
Il piano finora non si è visto mentre si è percepito benissimo il movimentismo di Corradino proteso a costruire un network di alleanze che parte dai poteri forti, arriva in Vaticano e finisce al Canottieri Aniene, il circolo del suo amico Malagò. Sarebbe sbagliato pensare che l'ex-banchiere di Intesa ed ex-McKinsey non abbia una sua vision della politica industriale, e allora bisogna trovare una ragione diversa per spiegare la sua riluttanza a confrontarsi con il manager italo-canadese che sta spostando tutte le sue energie all'estero.
L'ipotesi più attendibile è che il furbo Corradino non abbia alcuna voglia di farsi prendere per i fondelli dal furbo, anzi furbissimo Marpionne. E in un certo senso non si può dargli torto perché il capo di Chrysler-Fiat dal pelo lungo sulla barba e sullo stomaco, è riuscito negli ultimi anni a snobbare personaggi come gli ex-ministri Scajola e Sacconi, a mettere nel sacco un osso duro come Giulietto Tremonti, e a sfregiare con le sue piroette la povera Marcegaglia.
Più che a Pinocchio quest'uomo assomiglia sempre di più a un piccolo Attila degli anni 2000 che taglia decine di migliaia di operai (a proposito: non sarebbe il caso di contarli?), e chiude d'imperio i siti italiani ad eccezione di Pomigliano dove è partita la produzione della nuova Panda e soprattutto si è votato contro la Fiom.
C'è quanto basta per far pensare al furbo Corradino Passera di non cadere prematuramente nelle trappole del furbissimo manager che probabilmente annuncerà tra poco il trasferimento a Detroit della sede legale del Gruppo.
CORRADO PASSERA jpegMARCHIONNE GIOVANNI MALAGO Giovanna SalzaMAURIZIO SACCONI CLAUDIO SCAJOLA SERGIO MARCHIONNE CORRADO PASSERA GIULIO TREMONTI MARCEGAGLIA MARCHIONNE E LA NUOVA PANDA FORNERO MARCHIONNE PASSERA LANDINI FIAT PASSERA FORNERO MARCHIONNE ALLA FIAT
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