DAGOREPORT - TONY EFFE VIA DAL CONCERTO DI CAPODANNO A ROMA PER I TESTI “VIOLENTI E MISOGINI”? MA…
Estratto dell’articolo di Franco Bechis per https://www.open.online
Tre giorni dopo le dimissioni di Carlos Tavares il direttore finanziario (Cfo) di Stellantis, Doug Ostermann, ha incontrato gli analisti finanziari di Goldman Sachs specializzati nel settore automotive per cercare di tranquillizzare gli investitori. Ostermann, portato proprio da Tavares in Stellantis, ha ammesso le evidenti difficoltà del gruppo nel 2024, ma dicendosi certo del raggiungimento degli obiettivi 2025 […]
Ma sottoposto al fuoco di fila delle domande ha messo a nudo tutti i problemi del gruppo ora guidato da John Elkann e non ha nascosto i problemi seri che potrebbero venire nell’importante mercato americano dopo l’elezione di Donald Trump alla presidenza Usa per la sua minaccia di dazi.
Naturalmente Ostermann non ha potuto evitare le domande sulla rottura con Tavares. Ha cercato di svicolare, premettendo di avere lavorato 4-5 anni «con Carlos per cui ho un enorme rispetto. Tutti i dipendenti di Stellantis gli sono molto grati per il contributo che ha dato nel riunire l’azienda, nell’unire inizialmente due gruppi diversi delle due organizzazioni in un’unica squadra e nel realizzare gran parte del potenziale di sinergia nei primi anni».
Però negli «ultimi 3-6 mesi» è emersa una divergenza con gli altri membri del cda: «Credo che ci sia stato un certo disaccordo su quali dovessero essere le priorità e su come gestire l’azienda nel periodo rimanente del suo mandato, che sarebbe stato di 15, 16 mesi, e credo che la maggior parte di questi argomenti riguardasse questioni tattiche su come gestire l’azienda in quel periodo di tempo a breve termine e su quali azioni dovessero essere intraprese per quanto riguarda le metriche a breve termine rispetto ai benefici a lungo termine dell’azienda».
Inoltre Tavares è caduto nel rapporto troppo duro con tutti gli interlocutori di Stellantis: «e con i nostri principali interlocutori», ha spiegato Ostermann, intendo i nostri concessionari, i nostri fornitori, i nostri sindacati, i governi di tutte le regioni in cui operiamo. Si tratta di aree in cui, a mio avviso, dobbiamo chiaramente riconquistare la fiducia. Quindi, credo che oggi il team di gestione sia fortemente intenzionato a lavorare su questo aspetto».
Il direttore finanziario di Stellantis sostiene però che sul piano industriale a medio lungo termine non ci sarà un cambio di strategia dopo l’uscita di Tavares, confermando anzi «gli elementi chiave della nostra strategia in termini di adozione di piattaforme multi-energia, di un piano di prodotti che ci ridurrà da circa 20 piattaforme a quattro piattaforme. La nostra strategia di asset light in Cina, la nostra partnership con Leapmotor, il nostro desiderio di costruire una sorta di terzo motore forte, tra America Latina, Medio Oriente-Africa (MEA) e India Asia Pacifico (IAP), come una sorta di diversificazione delle entrate dell’azienda.
Penso che siano tutte strategie molto solide. A posteriori, credo che alcune di esse si stiano rivelando ancora più forti di quanto pensassimo all’inizio. Quindi non credo che ci sia stata alcuna divergenza su questi aspetti. Non credo che ci saranno cambiamenti in questa direzione».
Le vere incognite riguardano però uno dei mercati principali di Stellantis, quello americano. Su cui a sentire Ostermann Stellantis ha avuto due problemi principali: la mancanza di modelli nei settori chiave e i prezzi troppo alti per le auto esistenti rispetto alla concorrenza, in particolate quella di Ford che in modelli quasi identici costavano meno di 2-3 mila dollari.
CARLOS TAVARES JOHN ELKANN - STELLANTIS
Il risultato è stato un cimitero di modelli invenduti nel parco scorte dei concessionari americani: dopo sforzi imponenti (anche finanziari: per vendere le scorte Stellantis ha pagato fior di incentivi ai consumatori) per il loro smaltimento ancora a fine novembre erano 310 mila unità. Ma per scendere a questo livello – ha spiegato il direttore finanziario di Stellantis – «alcuni impianti, fondamentali per la nostra produzione, sono stati fermati per correggere la situazione delle scorte. Quindi non siamo stati in grado di fornire molte vendite di flotte a novembre e questo ha avuto un impatto sulla nostra quota di mercato, ma si tratta di una situazione temporanea».
La quota di mercato si è quindi ridotta. L’idea era di lanciare nuovi modelli nel 2024, soprattutto il sostituto di Cherokee che negli Usa è in un segmento che vale il 20% del mercato. Forse arriverà nella seconda parte del 2025: «Non abbiamo alcun prodotto in questo segmento», ha ammesso Ostermann, «si tratta quindi di un grosso buco per noi che ha un impatto, ovviamente, sulla quota di mercato, sulla nuova Charger Challenger, che sarà la Charger Daytona in arrivo, sulla Wagoneer, e sulla Recon».
STELLANTIS PRODUCE IL 40% DELLE AUTO USA IN CANADA E MESSICO, SU CUI TRUMP METTERÀ I DAZI
Mentre si attendono nuovi modelli che anche in Europa stanno tardando non poco (come la Grande Panda) Stellantis potrebbe ricevere una botta considerevole dall’arrivo di Trump alla presidenza degli Stati Uniti e dal varo annunciato dei dazi sia sulla Cina che su Messico e Canada come ritorsione per il mancato controllo dei loro confini assai permeabili dai migranti. Gran parte del piano di sviluppo di Stellantis si basa infatti sui modelli elettrici e sull’alleanza anche societaria stretta con i cinesi di Leapmotor, che da questi dazi verrebbero colpiti probabilmente non solo negli Stati Uniti.
John Elkann, Carlos Tavares, Luca Napolitano con la nuova lancia Ypsilon
Ma sono un problema grosso anche quelli annunciati in America: Ostermann ha spiegato che il 40% dei modelli venduti negli Usa «sono fabbricati in Canada e in Messico, dove abbiamo ottimi impianti: ottima qualità, ottimi costi». È evidente che se già il problema di Stellantis in Usa era quello dei prezzi troppo alti rispetto alla concorrenza, i dazi su Messico e Canada sarebbero una stangata letale per l’azienda.
Il direttore finanziario di Stellantis ha provato a tranquillizzare gli analisti di Goldman Sachs: «Come abbiamo fatto con le passate amministrazioni Usa, speriamo di avere un buon dialogo, di dare loro dei buoni suggerimenti». Ma è sembrata agli uditori una supercazzola tutt’altro che tranquillizzante.
GLI AMMORTIZZATORI SOCIALI IN STELLANTIS
Così Ostermann ha spiegato il piano B: Stellantis già oggi produce alcuni modelli Ram parte in Michigan e parte in Messico: «Abbiamo flessibilità, e potremmo spostare in Usa quel mix». Ha spiegato anche che Stellantis ha uno stabilimento sottoutilizzato a Belvidere in Illinois, che potrebbe anche essere allargato: «Potremmo spostare lì la nostra capacità produttiva». Ma certo non si farebbe in pochi mesi, e quindi il 2025 è tutt’altro che rassicurante per l’importante mercato Usa.
Sul mercato europeo Stellantis ha invece dovuto allungare i tempi per la produzione dei nuovi modelli. Questione di software a bordo: «Stiamo introducendo queste quattro nuove piattaforme», ha spiegato Ostermann. «Molte di esse vengono introdotte in stabilimenti che non hanno mai prodotto veicoli di queste dimensioni. Questi nuovi veicoli, in pratica, sono i primi a partire da queste piattaforme nuove di zecca in stabilimenti spesso non nuovi per il nostro sistema, ma che producono per la prima volta energia multipla.
Abbiamo visto che molti dei nostri concorrenti hanno avuto problemi soprattutto con il software. Anche noi non ne siamo stati immuni. Quindi vogliamo fare le cose per bene. E questo spesso determina se il consumatore, nei primi giorni, ha un’esperienza fantastica o deludente. Per questo motivo, è estremamente importante che il primo cappello di una nuova piattaforma sia ben fatto[…]». […]
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