DAGOREPORT - L’ASSOLUZIONE NEL PROCESSO “OPEN ARMS” HA TOLTO A SALVINI LA POSSIBILITA’ DI FARE IL…
Rosita Rijtano per la Repubblica
Stamattina sono centinaia di migliaia i computer cinesi presi di mira da WannaCry : l'attacco informatico che da venerdì scorso sta infettando pc di organizzazioni e aziende in 150 paesi del mondo, inclusa l'Italia. Il virus, chiamato tecnicamente ransomware, rende inaccessibili i dati dei computer infetti e per ripristinarli chiede il pagamento di un riscatto da effettuare in Bitcoin, la moneta elettronica. A farci i conti in queste ore è la terra del Dragone. Si parla di 29.372 sedi di istituzioni cinesi colpite, incluse agenzie governative. Mentre in Europa il pericolo di un lunedì nero dopo il rientro in ufficio di impiegati e liberi professionisti pare, al momento, scampato.
Lo sostiene l'Europol: "il numero delle vittime non è aumentato e la situazione appare stabile in Europa, il che equivale a un successo", ha detto alla France Presse questa mattina il portavoce Jan Op Gen Oorth. "Sembra che in molti si siano messi al lavoro nel fine settimana e abbiano aggiornato i software di sicurezza". E' intervenuto perfino il presidente russo Vladimir Putin, sostenendo che i servizi segreti dovrebbero "essere consapevoli dei rischi" insiti nella creazione di software che possono essere usati "per fini malvagi".
Secondo le ultime stime, l'attacco informatico ha infettato in totale 200mila computer. Eppure attualmente l'ammontare dei soldi raccolti dai pirati informatici si aggira intorno ai 42mila dollari. Una cifra non altissima considerato che il malware in questione ha come obiettivo proprio il pagamento di un riscatto.
È possibile seguirne gli sviluppi grazie a un bot su Twitter, Ransom Tracker, creato da Michele Spagnuolo, che lavora nell'ambito della sicurezza informatica di Google. Dal Giappone si viene a sapere che Hitachi ha rilevato che diversi suoi computer hanno avuto problemi all'invio e alla ricezione delle email. Ma sembra che sia stato tutto risolto. Anche altre compagnie nipponiche hanno avuto problemi, tra le altre c'è cui Nissan (presso gli impianti britannici) e il colosso ferroviario East Japan Railway.
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