DAGOREPORT – DANIELA SANTANCHÈ NON È GENNARO SANGIULIANO, UN GIORNALISTA PRESTATO ALLA POLITICA…
Clemente S. Longorni per "Lettera43.it"
Parola d'ordine: razionalizzare. «Razionalizziamo e possiamo frenare il turnover, ma i dipendenti non li tocchiamo...», affermò Piersilvio Berlusconi, boss di Mediaset travolto anche lui dai morsi della crisi.
TRA DEBITI E TAGLI. E aveva ragione, il vicepresidente esecutivo: a Mediaset i dipendenti non si toccano. Anzi, spesso si promuovono. Mentre l'azienda di Cologno è attanagliata dalla minaccia dei debiti, dei tagli ai palinsesti ai programmi ai contratti a termine e alle mazzette dei giornali, perfino dallo spettro di una futuribile messa in vendita di parte del pacchetto digitale, non si può fare a meno di notare la nomina di ben cinque nuovi dirigenti. Cinque.
DONNE IN CARRIERA. C'è la mitica Katia che, a detta di tutti, «è davvero l'unica che se lo merita». Dopo c'è Francesca Fastella promossa a giugno scorso e, casualmente, moglie di Simone Sole «Director, Head of Finance, Administration and M&A at Mediaset», come dice il suo profile Linkedin: ossia il braccio destro di Marco Giordani, l'amministratore delegato Rti. Giordani che, tra l'altro, pare destinato a diventare il nuovo amministratore delegato Mediaset e Sole potrebbe prenderne il posto.
MOGLI, COMPAGNE E AMICHE. Dopo ancora, tra i neopromossi c'è Cristina Martignoni, casualmente moglie del direttore del personale Luigi Motta. Dopo ancora ancora c'è Giovanna Capucci casualmente molto vicina a Yves Confalonieri grande capo dei New Media e figlio di cotanto padre. Dopo ancora c'è una signora che pare molto sponsorizzata da Franco Ricci, storico mega-manager aziendale capo di Elettronica Industriale e a capo della pay tivù.
L'AZIENDA FA QUADRATO CONTRO GLI ATTACCHI ANTI-BERLUSCONIANI
Tutti i nuovi dirigenti sono donne, nel massimo rispetto delle quote rosa e nel solco di una tradizione secolare. Peccato che in azienda, a differenza di quanto accade per consuetudine, l'ordine di servizio delle predette promozioni non sia mai uscito.
FINITO IL VENTENNIO DI PACE. Mediaset è uno strano mondo, piccolo, quasi letterario, dove tutti hanno goduto indirettamente della pace e della prosperità del ventennio politico appena trascorso; e dove ora tutti fanno quadrato contro gli attacchi esterni anti-berlusconiani.
PUBBLICITà IN CALO DEL 14%. à un riflesso incondizionato. Ma, per una strana congiuntura, senza Silvio Berlusconi al governo, le cose sono cambiate. Il clima aziendale è incandescente. La pubblicità è in calo del 14%, l'utile è sceso di circa il 30% e potrebbe addirittura dimezzarsi, la politica durissima di contenimento dei costi prevede 250 milioni spalmati in due anni.
I PIANI DI SALVATAGGIO. La situazione è grave ma non è seria. Ma è tale che, fino a poco tempo fa, per salvarsi, si pensava a un patto diabolico con Sky; o alla vendita del pacchetto Premium rimasto al palo. «Agiamo sui costi e già nel 2012 avremo un calo delle spese televisive tra il 4 e il 5%», ha affermato sempre Piersilvio.
E infatti, per il timore di sbagliare la strategia e magari disattendere involontariamente la volontà del capo, molti dei manager del Biscione preferiscono tirare a campare piuttosto che, come ha detto Mario Monti ricordando Andreotti, «tirare le cuoia».
COLOGNO, PAROLA D'ORDINE: TIRARE LA CINGHIA
La nuova austerity però sembra operare in una strana schizofrenia. I dirigenti rimangono e si pagano, alcuni pur senza avere più un incarico: è il caso di Fabrizio Margaria che si è visto smantellare l'Area ragazzi i cui dipendenti sono passati alla Turner (società della Time Warner che lavora in joint-venture con Mediaset per alcuni programmi).
ACQUISTO DEI DIRITTI BLOCCATO. I dirigenti rimangono ma, per esempio, si è bloccato l'acquisto dei diritti dall'inizio dell'anno: non si comprano più nuove serie tivù e film al di fuori degli accordi quadro. Il che significa che «tra poco non si saprà più cosa mettere in palinsesto, l'estate sarà gonfia di repliche. Ma poi cosa faremo?», si chiede un vecchio dipendente sconfortato.
SCURE SUI COLLABORATORI. I dirigenti rimangono ma si tagliano i collaboratori a partita Iva, i contratti a progetto, le produzioni interne (con gli appalti esterni che restano fissi), i boccioni dell'acqua negli uffici. «I tagli sono indispensabili», ha detto Confalonieri, ma i suoi cominciano ad avere paura sul serio.
E non è che questo aiuti l'ambiente interno di Mediaset, fatto di lotte intestine, di piccoli orticelli coltivati con gli anni, di sgambetti nella corsa al potere.
Il quadro è grigio e timoroso, l'aria da fine dell'Impero.
«CORDONE SANITARIO» INTORNO A PIERSILVIO. Piersilvio ora non appare più il brillante e sorridente innovatore di un tempo. Se una volta era sufficiente avere delle idee o essergli simpatico per scambiare con lui due chiacchiere e berci un caffè, oggi il suo ufficio è diventato una vera torre d'avorio. I maligni insinuano che attorno al capo si sia steso un cordone sanitario di manager con la vocazione del sottopancia che riescono a influenzarne l'agenda e la strategia.
LA CARICA DEI VICE E DEI VICE DEI VICE. Acquista, per esempio, sempre più potere Alessandro Salem il direttore generale Contenuti che vorrebbe mettere l'amico Pietro Valsecchi alla strategica guida delle fiction spostandone l'attuale direttore Giancarlo Scheri a Canale 5. Ma Scheri resiste. Anche se si è visto nominare, all'improvviso, un vice: Antonino Antonucci, a sua volta arrivato con un suo vice, il vice del vice, giusto perché i dirigenti a Cologno vanno via come il pane.
E poi c'è Mauro Crippa, potentissimo capo dell'Informazione. Ma questo richiede un altro approfondimento.
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