DAGOREPORT – DANIELA SANTANCHÈ NON È GENNARO SANGIULIANO, UN GIORNALISTA PRESTATO ALLA POLITICA…
Ugo Bertone per “Libero Quotidiano”
il giuramento di alexis tsipras
Quaranta miliardi di euro. A tanto ammontano i nostri crediti verso la Grecia, cui vanno aggiunti i quattrini investiti dai risparmiatori più ardimentosi negli hellenic bond, tornati sul mercato, dopo una lunga quaresima nello scorso aprile. Tra i grandi creditori di Atene l’Italia figura al terzo posto, dietro la Germania (60 miliardi) e la Francia (46 miliardi). Queste cifre dimostrano che la situazione è assai cambiata rispetto alla crisi del 2010.
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All’epoca, a rischiare di fronte ad un default di Atene erano soprattutto le banche tedesche e quelle francesi, fortemente esposte verso le obbligazioni greche. Ma, sotto la pressione di Berlino, i debiti verso le banche sono stati da allora sostituiti da impegni verso gli Stati, decisi in base al Pil dei vari Paesi.
E così, nonostante che le banche italiane avessero un’esposizione modesta verso gli istituti greci, oggi l’Italia vanta: 3,2 miliardi prestati direttamente ad Atene più quelli versati come contributo al fondo Esm e le quote che fanno capo alle partecipazioni alla Banca Centrale Europea e al Fondo Monetario. Alla partecipazione dello Stato (equivalente all’importo di dieci Imu, per usare un paragone corrente) si potrebbero aggiungere gli investimenti dei privati.
Dallo scorso aprile la Grecia, che nei confronti dei privati ha solo una trentina di miliardi di debito, ha ripreso ad offrire bond a cinque anni ad un rendimento del 4,95%, raccogliendo l’attenzione di alcune migliaia di risparmiatori, a caccia di alte cedole. Non è stato un grande affare, visto che ieri rendeva il 10,15% contro l’11,34% del triennale, considerato il più rischioso perché il default, se mai avverrà, sarà entro il 2018. Ha poi fatto seguito il decennale, già salito a rendimenti a due cifre, che ieri veniva trattato ad un tasso dell’8,87% abbondante.
È senz’altro un investimento vietato ai deboli di cuore. Ma non va taciuto che istituti del calibro di Ubs e di Crédit Suisse si dicono fiduciosi sulla sorte dei sirtaki bond. Infine, ci sono le relazioni tra le imprese, tutto sommato modeste. Il quadro potrebbe cambiare se Terna si aggiudicasse l’acquisto di Admie, la rete di trasmissione elettrica del Paese.
Ma l’operazione, già avviata dal governo Samaras, sarà probabilmente bloccata dopo la vittoria di Syriza. Insomma, l’Italia figura a pieno titolo tra i creditori, ovvero tra i soggetti che potrebbero essere chiamati a praticare uno sconto al nuovo premier Alexis Tsipras. Ma spesso, per uno strano destino (diciamo così), viene accomunato tra i Paesi a rischio contagio di Atene.
Il motivo? Dietro la Grecia, che accusa un rapporto debito/pil pari al 177%,(peggiorato di una quarantina di punti da quando è stata imposta la fallimentare politica di austerità) figura proprio il Bel Paese, con il 131,8%, un’incollatura davanti al Portogallo (131,4%).
Insomma, una condizione scomoda, almeno in teoria perché, per fortuna sui mercati finanziari la situazione dell’Italia è oggi anni luce migliore rispetto a quella del 2010-11 quando i titoli di Stato a 10 anni sono arrivati a rendere l’8% sotto l’incubo del fallimento dell’area euro. Tutt’altra cornice oggi, sotto la spinta del Quantitative Easing.
Ieri le turbolenze greche hanno appena sfiorato i nostri titoli: il Btp decennale resta in prossimità del record storico, con un rendimento dell’1,4% ed uno spread verso il Bund pari a 114 punti. In attesa di nuovi record perché oggi il Tesoro italiano con l’offerta dei Ctz dà il via alle aste di fine mese, le prime del 2015, anno in cui sono attese emissioni lorde per 226 miliardi contro 197 miliardi di titoli in scadenza (più 57 miliardi di di interessi). Le prospettive sono buone, ripetono in coro gli esperti.
Grazie a Mario Draghi, soprattutto. Il Quantitative Easing, infatti, comporterà acquisti di “carta” pubblica italiana tra i 7 e gli 8 miliardi al mese cui si aggiungerà la spinta degli investitori istituzionali di tutto il mondo (fondi pensione in testa) a caccia di rendimenti superiori al tasso zero che ormai accomuna Germania, Svizzera ad altri Paesi “schiacciati” dalle decisioni della Bce: grazie a Draghi Atene (per ora) non fa paura.
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