DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Massimo Gaggi per il "Corriere della Sera"
Chi governerà materialmente Twitter, visto che il nuovo proprietario ha già la responsabilità di aziende molto complesse, da Tesla a SpaceX? Come farà il libertario Elon Musk a eliminare i filtri dei contenuti immessi in rete senza ridare spazio alla disinformazione e alle teorie cospirative? E non rischia di essere vulnerabile alle pressioni politiche della Cina visto che la metà del milione di Tesla prodotte annualmente viene dalla fabbrica di Shanghai?
Adesso che Twitter ha abbassato il ponte levatoio, all'uomo più ricco del mondo, che l'ha conquistata, non viene dato il tempo di festeggiare: tutti chiedono cosa ne farà e come la gestirà.
L'uomo, si sa, è imprevedibile, ama stupire, ma la direzione di marcia è chiara: lui stesso l'ha indicata parlando enfaticamente di difesa intransigente del free speech e aggiungendo che la totale libertà della piazza digitale di Twitter (la rete sociale più influente per l'informazione) «è fondamentale per una democrazia funzionante» e, addirittura, «essenziale per il futuro dell'umanità».
Musk promette dunque di essere un libertario a trazione integrale (precisando di essere per la libertà di parola «che rispetta la legge») ma gli analisti lo pressano: in Borsa c'è nervosismo per le imprese di big tech non più redditizie come un tempo e Twitter è la più vulnerabile.
E poi la traduzione degli slogan sul free speech in comportamenti concreti non sarà facile. Intanto lui non è il primo a parlare di Twitter come di un'agorà: lo aveva già fatto il Ceo Dick Costolo nel 2013, salvo poi scoprire che la piazza digitale è, in realtà, un'arena zeppa di gladiatori a caccia di attenzione. E che la moderazione della piattaforma, adottata per bloccare falsità e calunnie non può essere liquidata come censura.
In secondo luogo, il free speech va sicuramente difeso, ma il Primo emendamento della Costituzione Usa che lo tutela vieta di porre vincoli solo al governo e ai poteri pubblici, non ai privati che, infatti, spesso impongono riservatezza ai loro dipendenti. Lo sa bene Musk, sempre durissimo coi suoi critici e pronto a licenziare senza pietà i dipendenti «non allineati».
C'è, poi, il nodo della compatibilità con le nuove regole europee: la rinuncia a eliminare da Twitter i contenuti estremi va in direzione opposta rispetto alle delibere della UE che ritiene le piattaforme responsabili per i rischi che i loro servizi possono rappresentare per i cittadini.
Insomma, come nota persino un suo ammiratore come Jason Miller, consigliere di Trump, Elon Musk potrebbe scoprire che «è più facile mandare uomini su Marte che cambiare la cultura di Twitter».
Né sarà agevole trovare un modello di business redditizio, come ci si aspetta da un'azienda di Musk: in termini di piattaforma e di diffusione delle notizie, Twitter funziona bene ma perde soldi e ora deve vedersela anche con nuovi concorrenti come TikTok che crescono nel mondo dei social network, togliendo ossigeno a tutti gli altri.
Il fondatore di Tesla sicuramente ha idee valide (più trasparenza con l'algoritmo open source, identità certa per tutti gli utenti, meno dipendenza dalla pubblicità, forse l'iscrizione a pagamento) per rimettere in pista Twitter, ma deve anche stare attento a non farsi distrarre dalle sue attività principali che rimangono l'auto elettrica e lo spazio.
Stabilirà la rotta e poi affiderà la guida a un delegato. Resterà l'attuale Ceo, Parag Agrawal? Sembra improbabile, visto che Elon ha dichiarato pubblicamente la sua sfiducia nel management attuale, ma lui, come detto, è imprevedibile.
Tornerà il fondatore Jack Dorsey, amico di Musk che ieri lo ha definito il miglior proprietario possibile di Twitter che per lui è «la cosa più vicina a una coscienza globale»? Possibile.
Le risposte sull'affare Twitter non devono, poi, venire solo da Musk: intanto l'uscita dalla Borsa e la trasformazione della rete sciale in società privata deve essere ratificata dal board uscente della società e autorizzata dalle authority del mercato con le quali Musk ha un pessimo rapporto.
La Casa Bianca per ora tace ma si sa che Biden è preoccupato: teme che l'uomo più ricco del mondo usi Twitter come sua arma politica e ideologica. Un altro dubbio riguarda il comportamento dei 7500 dipendenti, molti dei quali sono dei liberal terrorizzati dall'arrivo di un nuovo padrone assai poco politically correct.
In passato Facebook e Google sono stati bloccati o, comunque, condizionati dai dipendenti attivisti in rivolta. Infine l'interrogativo sull'atteggiamento di Donald Trump. Ha detto che non tornerà su Twitter anche se la sua messa al bando verrà revocata: meglio puntare sulla sua nuova piattaforma, Truth Social. Che, però, non sta funzionando e attira poco traffico. L'ex presidente pazienterà ancora, ma se la sua rete non dovesse decollare, difficilmente rinuncerà davvero al megafono di Twitter.
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