SCHETTINO SENZA VERGOGNA: “LA COLPA È DELLO SCOGLIO...” - IL COMANDANTE CODARDO CONOSCEVA I RISCHI DELL’ “INCHINO” AL GIGLIO: “L’UFFICIALE DI ROTTA MI AVEVA AVVERTITO: “OCCHIO ALLO SCOGLIO”. MA IO LO AVEVO GIÀ FATTO ALMENO ALTRE TRE O QUATTRO VOLTE, MI SENTIVO SICURO…” - CONFESSIONE CON DUE PUNTI OSCURI: PERCHÉ NON SI ACCORSE DI AVER SUPERATO IL PUNTO DI VIRATA SEGNATO SULLA CARTA NAUTICA DAL SUO PILOTA? - E PERCHÉ ATTESE UN’ORA E 40 PRIMA DI ORDINARE L’ABBANDONO DELLA NAVE IMPEDENDO COSÌ L’UTILIZZO DI DIVERSE SCIALUPPE?...

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Paolo Colonnello per "la Stampa"

La rotta per il saluto al Giglio era stata tracciata fin dalla partenza, da Civitavecchia. L'ufficiale di rotta mi aveva avvertito: "Occhio allo scoglio". Ma io lo avevo già fatto almeno altre tre o quattro volte, mi sentivo sicuro...». Ammette: «Ero alla guida della nave. Il pilota teneva il timone al mio fianco e io davo gli ordini. C'era un punto in cui dovevo virare a destra per evitare gli spuntoni ma non ho fatto in tempo. Ci siamo avvicinati troppo e quando la nave ha cominciato la virata, la poppa ha preso lo scoglio sulla fiancata sinistra e ha avuto uno scossone...».

Rivendica: «Non è vero che sono scappato. Ero caduto accidentalmente fuori dalla nave sul tetto di una scialuppa e non sono più riuscito a risalire perché la scialuppa è rimasta appennellata, sospesa. Poi sono rimasto su uno scoglio del Giglio a coordinare le operazioni di sbarco, se avessi voluto fuggire lo avrei fatto...».

Altro che scogli non segnati dalle carte nautiche, altro che «blackout» elettrico: Francesco Schettino, il comandante della Concordia, davanti al gip Valeria Montesarchio e ai quattro pm della Procura di Grosseto, nel suo primo interrogatorio ammette ogni responsabilità. Balbetta, si dà del «coglione», si dice pentito, chiede scusa. «Non avevo indossato nemmeno il giubbotto salvagente perché in quel momento la mia vita non era importante, dovevo pensare alla vita degli altri».

Accetta di sottoporsi al prelievo di capelli e urine per un narcotest: «Fate pure, tanto io non bevo, non fumo e non mi drogo». Ma non versa una lacrima, non si commuove. Questa volta traccia una rotta che prevede soltanto un colpevole: lui stesso. Ma è fin troppo sollecito nella sua ansia di voler chiudere la partita. E non convince i magistrati inquirenti che infatti, dopo aver firmato il verbale, chiedono che il gip convalidi l'arresto. «La versione di Schettino non ha cambiato minimamente il quadro accusatorio nei suoi confronti», annuncia secco il procuratore Francesco Verusio al termine del confronto.

Il gip Montesarchio, però, non ravvisa più pericoli di fuga o inquinamento probatorio e tanto meno di reiterazione del reato, e gli concede i domiciliari nella sua casa di Sorrento. Ma corregge il capo d'imputazione e lo accusa di «aver agito con imprudenza, superando la velocità di 15 nodi anche in prossimità di ostacoli, in modo da non poter agire in maniera appropriata per evitare abbordaggi e per arrestare il natante entro una distanza di sicurezza» e per «aver causato il naufragio» con «l'abbandono di 300 persone».

Non è vero nemmeno infatti che quella notte Schettino dopo l'impatto fece una manovra di riscatto per avvicinare la nave alla costa: «Dopo aver colpito lo scoglio mi accorsi che la nave non manovrava più, sperai nell'abbrivio per arrivare il più vicino possibile al Giglio, dove sapevo che c'era una secca...».

L'inchiesta riparte da questo verbale che invece di chiarire definitivamente le cose apre nuovi interrogativi. Due soprattutto i punti rimasti in sospeso: perché Schettino non si accorse di aver superato il punto di virata segnato sulla carta nautica dal suo pilota? E soprattutto: perché attese ben un'ora e 40 prima di ordinare l'abbandono della nave impedendo così l'utilizzo di diverse scialuppe? Due mosse fatali che hanno causato la morte di troppe persone.

Secondo il materiale raccolto dalla Capitaneria di Porto, Schettino nell'ora e 40 di attesa prima di lanciare l'Sos, avrebbe fatto e ricevuto diverse telefonate. Anche con l'armatore, ovvero i responsabili della Società Costa. Perché loro stessi non consigliarono al comandante di ordinare l'evacuazione? «A un certo punto, constatata la situazione, ho dato l'allarme generale», che però sulla nave nessuno ricorda. Schettino, più che al microfono e al coordinamento, era al telefono o in conciliabolo con il suo vice, Ciro Ambrosio, indagato dal primo momento.

«Non ricordo se sono stato io a chiamare la sede della Costa crociere o sono stati loro a chiamare me, non ricordo quante telefonate ci furono, ma dai tabulati lo sparete con certezza...». Di certo, la mattina seguente, dalla compagnia di navigazione arrivarono comunicati di difesa del comandante.

Ancora: come mai Schettino non si accorse di stare superando il punto critico prima degli scogli? A quanto pare, risulta dai racconti di almeno un testimone, quella sera in plancia sembra vi fossero degli «ospiti» oltre agli ufficiali addetti, forse una presenza femminile, qualcuno insomma che avrebbe «distratto» il comandante dai suoi compiti di guida della nave.

E poi c'é la famosa telefonata con Mario Palombo, il commodoro in pensione della Costa a cui Schettino aveva deciso di dedicare «l'inchino». Una telefonata che avviene, sembra, a pochi secondi dall'impatto e che sarebbe stata ricostruita così: «Ci sei?». «No sono a Grosseto». «Allora salutiamo comunque l'isola e la mamma del maître. Senti, com'è il fondale qua?». «Tieniti oltre i 150 metri e vai sicuro».

Cade la linea. Venti secondi dopo, l'impatto. Le fasi successive sono state concitate, confuse. Schettino chiede al primo ufficiale Giovanni Iaccarino di scendere in sala macchine: «Uno spettacolo terrificante», riferirà l'ufficiale a verbale. «Dalla sala macchine - ha spiegato ieri il comandante - mi avvertono che tre o 4 compartimenti sono pieni d'acqua. Ho capito che la nave ormai era ingovernabile. Aveva perso propulsione potevo tentare di stabilizzarla solo con le alette laterali».

Perchè allora alla Capitaneria riferì soltanto di un "blakout"? «Fu un equivoco, intendevo dire che era saltato tutto». Peccato che anche ai passeggeri venne riferito di un semplice guasto elettrico e che quando la Capitaneria, alle 22,26 gli chiesero se aveva bisogno di aiuto, tentò di minimizzare. Così anche alle 22,45: «Stiamo galleggiando e navigando...». «La manovra d'inchino conclude - mi ha rovinato la vita». Non ha idea forse, il comandante Schettino, delle vite rovinate a chi giace ancora in fondo al mare.

 

FRANCESCO SCHETTINO CAPITANO DELLA CONCORDIA FRANCESCO SCHETTINO ACCOMPAGNATO DALLE FORZE DELLORDINE NAUFRAGIO CONCORDIA IL RECUPERO DELLA SCATOLA NERA LA NAVE CONCORDIA COSTA CONCORDIA FOTO INFRAROSSI jpegCONCORDIA IPOTESI PER LA MESSA IN SICUREZZA DELLA NAVE CONCORDIA IL MARE MOSSO SPOSTA LA NAVE jpegCONCORDIA FOTO SUBACQUEA GREGORIO DE FALCO GUIDA LA CAPITANERIA DI PORTO Di LIVORNO