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Paolo Griseri per “la Repubblica”
sergio marchionne Harald Wester e john elkann
Una nuova storia. L’intervista di Sergio Marchionne e John Elkann a Businessweek parla per la prima volta del dopo Fca. Lunedì a Wall Street la quotazione della nuova società nata dalla fusione tra Torino e Detroit segna la conclusione di un processo durato cinque anni, da quando, nel 2009, la Fiat scelse di tentare il salvataggio di Chrysler. Era un’altra epoca: la casa di Torino vendeva nel mondo circa 2 milioni di auto e quella di Detroit era sull’orlo del fallimento poco meno.
Oggi un primo risultato è consolidato: i 4,4 milioni di auto vendute da Fca nel 2013 (che potrebbero salire nel 2014 poco sotto i 5 milioni) impediscono che Fiat venga semplicemente divorata da un concorrente molto più grande di lei. La vetta della classifica dei costruttori mondiali dice che oggi si è leader vendendo 10 milioni di auto e nessuno può permettersi il lusso di comperare un concorrente che vale la metà di lui.
Per questo motivo il futuro di Fca non è più nella difesa dagli assalti degli altri costruttori ma nel tentativo di realizzare una fusione in grado di farla salire in vetta. «Un processo - prevede John Elkann - che si verificherà entro 5-10 anni », dunque, probabilmente, destinato a concludersi dopo il 2018, quando Marchionne non sarà più amministratore delegato. «Ho già dato, farò altro», dice il manager parlando del suo futuro tra cinque anni quando si sarà concluso il piano prodotti annunciato nel maggio scorso a Detroit.
Dunque la fusione con un altro costruttore sarà gestita direttamente da John Elkann e dai successori di Marchionne. Il plurale lo suggerisce l’attuale amministratore delegato: «Credo che il mio ruolo dovrà essere riconfigurato». Lasciare a un solo amministratore delegato la gestione di un colosso da oltre 10 milioni di vetture vendute non sembra infatti una buona soluzione. L’uscita di scena di un ad tanto rilevante potrebbe anche essere contestuale alla fusione con un nuovo alleato.
L’identikit del futuro partner lo fanno Marchionne ed Elkann: «Non deve avere attività solo in Europa». Non è un mistero che il punto debole di Fca continuano ad essere i mercati asiatici. E, se si vuole arrivare alla vetta della classifica superando i 10 milioni di Toyota, la matematica dice che Fca si deve alleare con uno dei 6 gruppi che oggi la precedono nella classifica mondiale.
I francesi di Renault-Nissan o i coreani di Hyunday potrebbero essere candidati al matrimonio in stile asiatico. Ben più difficile una partneship con i tedeschi di Volkswagen, almeno fino a quando Marchionne rimarrà amministratore delegato di Fca. Così come piuttosto improbabili sono le ipotesi di alleanza con le altre due case di Detroit, nonostante i buoni rapporti ormai secolari tra la famiglia Ford e la famiglia Agnelli. Una fusione con Gm riaprirebbe un capitolo che Torino sembra aver chiuso ai tempi del rifiuto di Opel, nel 2005.
Sul nome dei possibili successori di Marchionne l’intervista di ieri non aggiunge novità. L’elenco dei candidati è quello già noto da tempo. Nella girandola delle ipotesi le più probabili sono quelle dell’attuale responsabile di Jeep, Mike Manley, forte degli ottimi risultati di vendite, soprattutto se riuscirà a centrare l’obiettivo di un milione di pezzi venduti nel 2014.
Un altro nome in ascesa è quello del responsabile finanziario Richard Palmer, l’uomo che parteciperà nelle prossime settimane con Marchionne al road show per illustrare le opportunità del nuovo titolo Fca agli investitori americani. Altri due nomi di papabili sono quello del numero uno di Alfa e Maserati, Harald Wester: il suo successo dipenderà dall’abilità con cui riuscirà a rilanciare il marchio del Biscione. Il secondo nome è quello del responsabile del marchio Fiat, Olivier Francois, soprattutto se riuscirà a consolidare le famiglie Panda e 500.
Questioni, quella della fusione e quella della successione di Marchionne, che aprono il nuovo libro di Fca, a dimostrazione che il matrimonio tra Torino e Detroit è solo il primo passo verso la creazione di un grande gruppo mondiale. Di quel grande gruppo gli Agnelli faranno parte con un ruolo di rilievo ma non necessariamente dominante, come accade oggi.
Olivier Francois presenta la Chrysler SRT
«Non sono un venditore ma sfrutterò le opportunità che si prospetteranno, eventualmente anche diluendo la quota se servisse a rendere la società più forte », dice John Elkann. Non è detto che tutto debba accadere in pochi mesi. Ma certo l’aumento di diritti di voto che deriva agli Agnelli dalle norme del diritto olandese potrebbe consentire loro in futuro di offrire le azioni a un partner strategico come porta di ingresso in vista di una successiva fusione delle due società.
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