CHI TIFA PER PUTIN IN EUROPA? LA LOBBY DEI BIG PLAYER DELL’ENERGIA, CHE FANNO PRESSIONI SUI RISPETTIVI GOVERNI CONTRO LE SANZIONI, COSÌ DA MINIMIZZARE I DANNI PER MOSCA E MASSIMIZZARE I PROPRI PROFITTI NEGLI SCAMBI CON LA RUSSIA

Federico Rampini per "la Repubblica"

La Russia ha una "quinta colonna" in Europa occidentale e la sta usando con forza. La lobby delle grandi aziende europee che hanno interessi economici a Mosca, è mobilitata in favore di Vladimir Putin e contro le sanzioni del G7. La denuncia è del New York Times, in un'inchiesta di prima pagina. La firmano i corrispondenti del quotidiano Usa da Berlino, perché il centro dell'offensiva filorussa è in Germania.

Il retroscena ricostruisce nei dettagli una manovra coordinata, che ha la sua cabina di regìa a Mosca, e muove come pedine le imprese dell'Europa occidentale, le quali a loro volta fanno pressioni sui rispettivi governi. L'obiettivo: minimizzare i danni per l'economia russa, dalle sanzioni e dal declassamento del rating, in una fase in cui Mosca è colpita da crescenti fughe di capitali (50 miliardi di dollari in tre mesi).

L'Europa è più facilmente ricattabile dell'America, i numeri parlano chiaro: l'interscambio tra Ue e Russia sfiora i 400 miliardi di dollari annui, mentre tra Russia e Stati Uniti è molto meno di un decimo (per la precisione 26 miliardi di dollari nel 2012, ultimo anno per il quale ci sono statistiche ufficiali). Putin fa leva su questi interessi economici, per una campagna che svuoti preventivamente la minaccia delle sanzioni: garantendo che quelle ritorsioni saranno minime perfino nell'eventualità di una sua nuova aggressione armata dentro i confini dell'Ucraina.

Le imprese più attive in Europa occidentale in quest'azione di lobbismo filorusso si trovano nel settore dell'energia e dei suoi derivati. Il New York Times cita tra i più eloquenti Rainer Seele, presidente del gruppo chimico Wintershall, controllato dal colosso tedesco Basf. «Non dobbiamo voltare le spalle alla Russia, né dal punto di vista degli affari energetici, e neanche politicamente », dichiara il top manager tedesco.

Un altro chief executive che si espone apertamente è Gerhard Roiss, numero uno dell'azienda energetica austriaca Omv (petrolio e gas), secondo il quale «non bisogna parlare di sanzioni se non si conoscono le conseguenze delle sanzioni».

Secondo Roiss «non dobbiamo usare il gas come un'arma, perché l'Europa da 50 anni ha sviluppato una divisione del lavoro, in base alla quale l'energia viene esportata dalla Russia all'Europa mentre altri prodotti come le automobili e i macchinari vengono esportati dall'Europa alla Russia». Un linguaggio analogo viene usato dalla multinazionale petrolifera Bp, inglese, il cui portavoce Tony Odone dichiara: «I nostri interessi in Russia non sono coinvolti dalle misure fin qui imposte».

Dietro queste dichiarazioni esplicite, ufficiali e virgolettate, c'è stato un lavoro "preparatorio" nell'ombra: una tournée in Europa occidentale dei vertici
della Gazprom, l'ente energetico di Stato che gestisce gran parte dell'export di gas dalla Russia. Gazprom ha mandato i suoi top manager in giro per le capitali europee, per trasmettere un messaggio: attivatevi in nostra difesa, perché una crisi nei rapporti economici tra Europa e Russia danneggerebbe tutti. Una controffensiva di relazioni pubbliche ad alto livello, che ha visto il numero due di Gazprom Alexander Medvedev
contattare anche i governi e il commissario Ue all'energia, Guenter Oettinger.

Mentre Obama tenta di stringere i tempi per un nuovo giro di sanzioni, Putin scatena la lobby pro-russa per svuotarle in anticipo. Un'avvisaglia si era avuta un mese fa quando aveva ricevuto al Cremlino il chief executive della Siemens, Joe Kaeser, per ammonirlo sui danni che l'Europa occidentale infliggerebbe a se stessa adottando le sanzioni. È
ancora Seele della Wintershall-Basf a ribadire lo stesso concetto: «Le sanzioni non farebbero male solo alla Russia, ma all'Europa tutta intera».

Un messaggio che la lobby filo-russa può estendere dall'energia a tutti gli altri settori dove l'intreccio d'interessi si è rafforzato negli ultimi anni. Dalla finanza alle squadre di calcio, la nuova ricchezza degli oligarchi russi ha messo radici profonde in tutti quei paesi dai quali l'Ucraina sta aspettando un gesto di solidarietà.

Barack Obama ha continuato a seguire la crisi ucraina nel mezzo della sua tournée asiatica, passando notti in bianco a Seul, per convocare gli alleati europei in teleconferenza. Ma il presidente americano tocca con mano le resistenze degli europei. Secondo la Casa Bianca gli europei continuano a premere perché le sanzioni siano minimaliste, cioè mirate a colpire solo una ristretta lista di individui e non aziende né tantomeno interi settori dell'economia russa.

 

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