DIPARTITO DEMOCRATICO - PER RE GIORGIO E’ NEL PD CHE RENZI DOVRÀ MEDIARE CON L’UNICA VERA OPPOSIZIONE AL SUO GOVERNO - IL BISCHERO FIORENTINO DEVE CERCARE UN COMPROMESSO PER EVITARE IL TRAPPOLONE DEL DDL CHITI

Francesco Bei Umberto Rosso per "la Repubblica"

GLI stop and go del leader di Forza Italia - Senato elettivo sì, poi no - vengono monitorati dal Quirinale ma al momento tutto è derubricato come la solita altalena di un Berlusconi in cerca di visibilità. Il problema più serio è lo scontro dentro al Pd sul disegno di legge Chiti, quello che prevede il Senato elettivo, e l'improvvisa fiammata dei pasdaran renziani, da Serracchiani a Giachetti, che minacciano elezioni anticipate in risposta alla melina di Forza Italia. «Le riforme vanno tenute fuori dalla mischia elettorale delle europee - è l'avviso del capo dello Stato - i partiti non devono usarle come strumento
di ricatto reciproco».

Napolitano è determinato a chiudere la partita della legge elettorale e della riforma del Senato - a cui ha legato la sua stessa permanenza al Colle con l'orizzonte fissato a fine 2014 - e a Renzi spiega perciò che se si torna alle «spallate», l'operazione rischia di incartarsi ben oltre la «scadenza» (ormai non più a portata di mano) del 25 maggio.

Da qui il richiamo a tentare un'opera di mediazione, all'interno del Pd, in primo luogo. «Caro presidente, mi trova tranquillissimo sull'esito di questa partita », è la rassicurante risposta del premier. Le voci di elezioni anticipate, che tanto infastidiscono il Quirinale? «Io voglio andare avanti fino alla fine della legislatura, orizzonte 2018. Certo, anch'io registro come nel Pd si stia facendo strada la tentazione di andare subito al voto se continua la melina di Berlusconi. Non è la mia posizione, ovviamente. Abbiamo troppo da fare per lasciarsi distrarre da chi non vorrebbe cambiare niente in questo paese».

E tuttavia, nonostante le rassicurazioni di Renzi, il capo dello Stato non trova inutile ricordare al giovane segretario del Pd alcune condizioni imprescindibili. La prima riguarda proprio quella minaccia di elezioni anticipate che i renziani usano come arma di pressione. Andare al voto con due leggi elettorali diverse per Camera e Senato esporrebbe infatti il paese a un sicuro periodo di caos.

Il secondo avviso di Napolitano riflette invece la condizione precaria della maggioranza a Palazzo Madama. Se Renzi tentasse una forzatura, provando a far approvare l'Italicum anche per il Palazzo Madama, non è detto che avrebbe i numeri per farlo, vista la contrarietà di mezzo Pd. Ma la vera obiezione di Napolitano, quella che lo spinge a insistere per una soluzione di compromesso sulla riforma costituzionale, riguarda il ddl Chiti: oltre alla minoranza del Pd può raccogliere i voti dei 5Stelle, di mezza Forza Italia e dell'Ncd. Travolgendo il disegno di legge Boschi. Sarebbe una bomba per il governo Renzi.

Ma il premier ha un piano per evitare il fallimento. Perché, come ha spiegato ai suoi, «io mi gioco tutto e non posso fermarmi proprio adesso che siamo a un passo da un risultato storico». Un progetto in tre mosse per disinnescare la fronda più dura, con un'apertura invece ai Pd dialoganti.

L'idea del presidente del Consiglio è di presentarsi martedì davanti ai senatori del suo partito e chiedere una piena e rinnovata fiducia sul suo progetto. Avvertendo che, a questo punto, non esistono alternative. Anzi, di fronte a una palude, il rischio è quelle tentazioni di elezioni anticipate diventino una valanga. E siccome - è la convinzione di Renzi - tanto Berlusconi quanto i malpancisti del Pd le temono, all'assemblea del gruppo conta di incassare un rinnovato mandato pieno dai suoi senatori.

Da far approvare poi, ecco la sua seconda tappa, anche in Direzione. In cambio - sarebbe la terza mossa - arriverà un'apertura all'ipotesi messa in campo da Anna Finocchiaro e Roberto Calderoli, relatori del testo sulla riforma: il nuovo Senato resterà sempre su base non elettiva («il patto del Nazareno va preservato», avverte Renzi) ma con consiglieri regionali-senatori chiamati a svolgere un solo e specifico compito a Palazzo Madama. Saranno retribuiti dalle Regioni che li eleggono e "scalati" dal plenum del consiglio regionale.

Un compromesso che salverebbe il punto, per il premier «assolutamente irrinunciabile », dell'elezione di secondo grado, salvaguardando l'esigenza di non trasformare Palazzo Madama «in un dopolavoro per consiglieri regionali e sindaci» (secondo la minoranza dem).

Non è un caso dunque che Renzi ieri abbia salutato come «un'apertura» la proposta Calderoli. Per consolarsi rispetto ai colpi che gli sparano dalla "riva gauche" del Pd, ieri sera Renzi ha incontrato il suo omologo francese Manuel Valls, anche lui alle prese con gli attacchi della sinistra del Ps. Entrambi con esperienza da sindaci, stessa generazione e impostazione blairiana, i due si sono specchiati l'uno nell'altro. «Anche se - sorride il premier - io sono più a sinistra di lui».

 

Vannini Chiti RENZI E NAPOLITANOAnna Finocchiaro calderoliroberto