DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Antonella Olivieri per ''Il Sole 24 Ore''
L' assemblea di bilancio Telecom verrà anticipata al 29 marzo e in quell' occasione si voterà anche sulla richiesta di revoca di cinque consiglieri in quota Elliott avanzata da Vivendi. Non è un compromesso, bensì una sconfitta della linea tenuta dal gruppo che fa capo a Vincent Bolloré che, infatti, puntava ad andare alla conta a metà febbraio in un' assemblea ad hoc dove probabilmente il peso specifico del suo 24% sarebbe stato superiore rispetto all' assemblea annuale.
Con un' affluenza attorno al 60% del capitale, attesa per l' adunanza di bilancio, sarà più difficile per il primo socio transalpino far passare la revoca e sostituire cinque amministratori, tanto più che nel frattempo il nuovo ad Luigi Gubitosi avrà pronto un piano da proporre al mercato, spostando il focus dai puri rapporti di forza a una visione finanziario/industriale che, dal lato francese, non è mai stata chiara. In questo contesto la Cdp - che è entrata in Telecom la scorsa primavera raggiungendo quasi il 5%, ma finora non si è sentita - potrebbe essere nuovamente l' ago della bilancia.
Il consiglio Telecom presieduto da Fulvio Conti, che ha anche anticipato il cda di bilancio dal 26 al 21 febbraio, ha motivato le scelte con l' esigenza di fornire agli azionisti un quadro completo, favorendo nel contempo «la maggiore partecipazione possibile» all' assemblea, dove il vero confronto sarà «sul futuro industriale della società e sulle persone alle quali affidarne la gestione». Compatta a favore la maggioranza dei dieci amministratori nominati dalla lista Elliott, mentre tra i cinque consiglieri in quota Vivendi si sono registrate due astensioni (Giuseppina Capaldo e Michele Valensise) a fianco di tre voti contrari (Arnaud de Puyfontaine, Amos Genish e l' indipendente Marella Moretti).
Nel consiglio di ieri Arnaud de Puyfontaine, il ceo di Vivendi che è stato anche presidente di Telecom, ha attaccato il board formato Elliott, "colpevole" della cacciata dell' ad Amos Genish, dell' impairment in corso d' esercizio costato 2 miliardi di svalutazioni e della debacle del titolo in Borsa. Poi però, nel comunicato emesso al termine del cda, Vivendi ha minacciato di convocare un' altra assemblea in estate «se la governance e i risultati finanziari della società non miglioreranno significativamente». Con ciò, da una parte, è sembrata dare per scontato che perderà la partita della revoca a marzo e, dall' altra, ha avvertito comunque che non deporrà le armi fino a quando non l' avrà avuta vinta.
Elliott ha replicato che si è in presenza dell' ennesimo tentativo di Vivendi di riprendere il controllo «per tornare a gestire la società nel proprio interesse specifico», ma che comunque è fiducioso che Vivendi abbia «scarse possibilità di successo», ricordando che all' assemblea di maggio l' 80% degli azionisti di mercato presenti aveva votato a favore del cambiamento, affidando la maggioranza del board a amministratori «indipendenti, credibili ed esperti». Allo stesso tempo Elliott ricorda che tutti i suoi tentativi di avviare un «dialogo costruttivo con Vivendi per appianare i contrasti» sono rimasti senza risposta, anche se il fondo di Paul Singer professa di voler lasciare la porta aperta, ancora convinto che il dialogo sia nel «migliore interesse di tutti gli stakeholder di Tim, inclusa Vivendi».
bollore de puyfontaine assemblea vivendi
Sembrano pensarla allo stesso modo i piccoli azionisti/dipendenti dell' Asati che invitano Vivendi, Elliott, ma anche la Cdp, a lavorare insieme per il rilancio di Telecom, definendo una strategia di medio-lungo termine che possa creare valore. Per ora, però, siamo solo agli auspici.
In mezzo c' è l' azienda, che, nel continuo confronto tra gli azionisti e la cronica spaccatura del consiglio, rischia di non avere la serenità sufficiente per gestire il riassetto del gruppo, già avviato con la decisione di procedere al progetto di separazione volontaria della rete, infrastruttura strategica che resta al centro di ogni possibile piano.
Un' eventuale societarizzazione della rete seguita dalla quotazione in Borsa, come è stato per Inwit (la società delle torri mobili), non dovrebbe tra l' altro neppure passare per un' assemblea, vanificando il potere di veto di cui Vivendi dispone come sicura "minoranza" di blocco nelle adunanze straordinarie dei soci dove le delibere sono valide con il voto favorevole dei due terzi del capitale presente.
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