
DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È…
1- TROVATO UN ALTRO CADAVERE, 6 MORTI ACCERTATI, SI CERCANO ANCORA 16 DISPERSI
Ansa.it
I vigili del fuoco, che hanno lavorato tutta la notte alla ricerca dei dispersi della Concordia, hanno ritrovato, a bordo della nave, il cadavere di un uomo. Si tratta della sesta vittima accertata del naufragio. Il corpo era nel secondo ponte, in una parte non invasa dall'acqua. Aveva il giubbotto salvagente ed era un passeggero.
Altri tre morti, e fanno sei. A 48 ore dal naufragio, dalla pancia della Costa Concordia piegata a 90 gradi davanti all'isola del Giglio, riemergono i primi tre cadaveri, che si vanno ad aggiungere ai tre recuperati in acqua la sera di venerdi'. Un bilancio destinato probabilmente a salire ancora, visto che i numeri ufficiali parlano di 16 dispersi.
E riemerge anche la scatola nera, da cui stanno arrivando le prime conferme a quello che tutti, al Giglio, hanno visto: la Concordia era a soli 150 metri dalla costa, un punto dove non avrebbe mai dovuto essere; l'allarme e' stato dato un'ora dopo l'impatto con lo scoglio. Perche'?
Da parte sua Costa Crociere si e' difesa sottolineando che il comandante aveva superato tutte le verifiche di idoneita' e che l'equipaggio era addestrato alla gestione delle emergenze. Il ritrovamento dei due corpi e' avvenuto nel pomeriggio di una giornata che era iniziata in tutt'altra maniera: i Saf dei vigili del fuoco avevano infatti ritrovato vivi nella notte una coppia di coreani in viaggio di nozze, Hye Jim Jeong e Kideok Han: erano rimasti chiusi nella loro cabina, non avendo sentito l'allarme.
''Avevamo paura di morire di fame e di freddo, temevamo che nessuno ci sentisse'' hanno raccontato. In salvo anche Marrico Giampetroni, il commissario capo della nave, quello che molti gia' chiamano eroe: la sera del disastro ha aiutato moltissima gente a raggiungere le scialuppe per mettersi in salvo. Poi e' tornato nel salone ristorante per vedere se c'era qualcun altro ed e' scivolato, rompendosi la gamba. ''Ho sempre sperato nella salvezza'' ha detto ai pompieri quando l'hanno raggiunto e portato via dall'incubo.
Con il passare delle ore, pero', i vivi hanno lasciato spazio ai morti. E la perlustrazione delle zone della nave completamente sommerse, iniziata oggi, ha dato le risposte che si temevano: non tutti ce l'hanno fatta a mettersi in salvo e qualcuno - quanti ancora non si sa - e' rimasto intrappolato a venti metri di profondita'.
Due sfortunati li hanno trovati i sub della Guardia Costiera. Stavano perlustrando la zona di poppa della murata di dritta: in quello che era il terzo ponte, nei pressi del punto di raccolta indicato con la lettera 'A', c'erano i cadaveri di due uomini anziani. Entrambi avevano il giubbotto salvagente, segno inequivocabile che non hanno fatto in tempo a raggiungere le zone piu' sicure della nave, per mettersi in salvo.
Identificarli e' stato quasi facile: lo spagnolo Guillermo Gual, 69 anni, aveva i documenti in tasca; Giovanni Masia, 86 anni, invece, aveva al collo una piastrina con le sue generalita'. Giovanni era in crociera con la moglie Giuseppina. Il figlio Claudio, cassintegrato della Ilva, aveva deciso di accompagnarli nel loro 'primo' viaggio fuori dalla Sardegna dopo il viaggio di nozze. A casa son tornati lui, sua moglie e i suoi figli, una nipotina, Giuseppina. Giovanni no. Ed e' molto probabile che non sia l'unico.
Mancano all'appello ancora 16 persone. Se siano sfuggiti ai conteggi, come i due giapponesi rintracciati ieri a Roma, e' quello che tutti sperano, ma piu' passano le ore e piu' sono quelli che temono che siano intrappolati la' sotto. Tra loro dovrebbe esserci William Arlotti e sua figlia di 5 anni, partiti da Rimini, due coppie di francesi, due americani, una peruviana.
E due donne siciliane, Maria Grazia Trecanico e Luisa Virzi': risulterebbero conteggiate tra quelli salvati dopo il naufragio, ma di loro non c'e' traccia. Ritrovarli, vivi o morti, e' sempre piu' una corsa contro il tempo: mercoledi' le condizioni del tempo peggioreranno e questo potrebbe creare problemi seri.
Non solo, infatti, sara' piu' difficile muoversi attorno e dentro la nave, ma il mare mosso potrebbe spostare la Concordia e farla scivolare verso un punto di non ritorno. A 30 metri dalla poppa c'e' infatti uno scalino di roccia al termine del quale il fondale raggiunge i 70 metri. La nave potrebbe dunque finire interamente sommersa. Non e' una corsa, invece, quella della procura di Grosseto, che vuole avere ben chiaro cosa e' accaduto.
Al centro degli accertamenti c'e' sempre il comandante Francesco Schettino, ora smentito anche dai dati della scatola nera. Ma non solo: l'uomo avrebbe dato l'allarme un'ora dopo l'impatto e quando gli uomini della Guardia Costiera, nelle concitate fasi del soccorso, gli avrebbero detto di risalire sulla nave, lui si sarebbe rifiutato.
L'indagine dovra' poi chiarire se e' vero, come sostengono tutti al Giglio, che quella di fare l' 'inchino' all'isola suonando le sirene e' un'usanza che tutti i comandanti, e dunque anche Schettino, rispettano. Tanto che il sindaco ad agosto, scrisse una mail di ringraziamento ad un vecchio comandante della Costa, che era passato vicino all'isola. Mail imbarazzante e quantomeno fuoriluogo, pensando alle vittime della Concordia, ormai piegata su un fianco.
2- LA VERGOGNA MONDIALE Il capitano bugiardo nei guai: non lanciò neanche l'allarme
Chiocci e Malpica per Il Giornale
Inchiodato dalla scatola nera. Dalla versione dei colleghi. Dal mayday mai dato. Dai suoi racconti contrastanti a giornalisti e soccorritori. Dai video dei superstiti. Inchiodato dalle indagini della procura che lo vogliono in fuga su una scialuppa appesa alle cime per 50 minuti.
Gli errori e le responsabilità attribuiti dalla procura di Grosseto al comandante Francesco Schettino sono confermati dai dati registrati nei momenti successivi all'impatto sugli scogli dell'isoletta delle Scole, a pochi metri dall'isola del Giglio. Una manovra balorda per un saluto. I buchi neri del naufragio sono tanti, troppi. Eccoli.
I tempi che non tornano. Per la scatola nera l'impatto è alle 21.45, la Concordia fila a 16 nodi. La nave si incaglia alle 21.58. Alle 22.10 l'equipaggio informa via radio la Capitaneria di porto di Livorno, solo perché quest'ultima, allertata dai carabinieri chiamati da un passeggero, si era messa in contatto con la nave. Ma la Concordia non fa cenno dello squarcio nella chiglia, non chiede aiuti, parla di problemi elettrici. Altre tre comunicazioni - identiche - si ripetono in pochi minuti.
Ai passeggeri che chiedono spiegazioni per il boato sentito distintamente mentre erano a cena viene detto che tutto è sotto controllo. à falso. Per impedire il panico, viene rilanciato un tranquillizzante messaggio registrato. Alle 22.43 la nave comunica che sta imbarcando acqua. Mezz'ora dopo la prima comunicazione, un'ora dopo l'incidente. La sala macchina è già inservibile, allagata. Perché si glissa sull'incidente, perché la nave non lancia un sos?
Appeso alla scialuppa. A coordinare le operazioni di salvataggio dovrebbero essere gli ufficiali e il comandante, Francesco Schettino. Che secondo molti testimoni invece lascia la nave, condotta all'imbocco del porto del Giglio per facilitare i soccorsi, tra le 23,40 e le 00,30. La procura rivela che il comandante è salito su una scialuppa e per 55 minuti è rimasto lì, appeso, tentando di sganciarla.
L'attrice Francesca Rettondini, tra i passeggeri a bordo, racconta di essersi messa in salvo sulla stessa scialuppa del comandante, poi riconosciuto in tv. L'uomo avrebbe tagliato con un'accetta le cime per sganciarsi dalla nave. Il tutto verso mezzanotte, quando centinaia di persone attendono ancora di salire sulle scialuppe. Gli ultimi a essere messi in salvo lasciano la nave tre ore dopo, alle 3 del mattino. Persino la guardia costiera, saputo che Schettino aveva abbandonato la nave, l'avrebbe invitato a tornare a bordo.
A cena o ai comandi? Il capitano della nave e la compagnia dicono la stessa cosa: al momento dell'incidente era in plancia. Ma più testimoni giurano che era a tavola, e che si è alzato solo dopo il primo impatto. I tempi coincidono, posto che sicuramente Schettino prende i comandi dopo il botto e porta la nave verso gli scogli dopo aver gettato l'ancora per far virare la nave, non più controllabile per i motori allagati. Per la procura è ai comandi, e scatta l'arresto.
L'inchino al commodoro. La rotta - lo dicono testimoni oculari, scatola nera e satelliti - era sbagliata. La Concordia non avrebbe mai dovuto avvicinarsi tanto, soprattutto per un motivo così stupido: il «saluto» agli abitanti del Giglio, in particolare a un ufficiale in pensione della marina mercantile che abita sull'isola, Mario Terenzio Palombo, che nega e giura che era a Grosseto (vedi l'intervista nella pagina accanto). Va detto che il Dg di Costa crociere, Onorato, avrebbe raccontato di aver saputo dell'incidente proprio da Palombo. La scatola nera conferma che la nave era a meno di 150 metri dalla costa quando di prassi passa a 500.
Le rocce «fantasma». Il comandante cambia versione. Ai giornalisti dice: «Gli scogli non erano segnati sulle carte nautiche». Ai primi soccorritori rivela che aveva impostato la rotta al computer per avvicinarla al Giglio: «Volevo che i passeggeri ammirassero l'isola, non mi sono accorto degli scogli». Ma la rotta della crociera è la stessa da anni. Il comandante non sapeva che, avvicinandosi troppo alla costa, rischiava di incastrarsi sul fondale basso e roccioso? E, soprattutto, da quanto tempo ripeteva quella manovra? Di certo, il computer di navigazione non rileva anomalie: radar, sonar, ecoscan funzionano.
Il default tecnico è escluso. L'errore è umano. Evacuazione a rilento. Le operazioni di salvataggio partono tardi, alle 23, e vengono improvvisate da personale non qualificato, in gran parte extracomunitario, che non sa spiegarsi né in italiano né in inglese. I giubbotti di salvataggio per bambini vengono consegnati agli adulti e viceversa. Molti testimoni raccontano di camerieri e cuochi a coordinare le manovre per la messa in salvo dei passeggeri.
Gli stranieri a bordo non hanno un punto di riferimento e non sanno a chi chiedere informazioni. L'ultimo paradosso arriva dalla motovedetta della Gdf che per prima accosta la nave in agonia: «Hanno parlato di un guasto tecnico - spiega il tenente colonnello Italo Spalvieri - e poi hanno chiesto di farsi trainare agganciando un cavo, ma era come chiedere a una formica di spostare un elefante. Dopo 20 minuti hanno dato l'"abbandono nave"».
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