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1- L'AMARA TRAMA DI GIUSEPPE VITA IN UNICREDIT: SCORPORO DELLE BANCHE TEDESCHE DA MILANO
Ai piani alti di Unicredit c'è molta soddisfazione per l'intervista a piena pagina che Federico Ghizzoni, l'amministratore delegato della banca, ha concesso oggi al "Messaggero", il quotidiano di cui è proprietario Francesco Gaetano Caltagirone (per gli amici Caltariccone), l'imprenditore romano dal naso lungo che con preveggenza è uscito da MontePaschi per entrare insieme ad altri patrioti (Della Valle, Del Vecchio, Maramotti) nel secondo istituto italiano.
Nonostante le voci che corrono sul taglio di 35mila bancari (secondo l'Abi di Mussari non sarebbero più di 25mila) il buon Ghizzoni nella sua intervista non lancia messaggi apocalittici. A lui interessa sottolineare che oggi l'Italia, grazie a Monti, ha un'immagine più rassicurante e rifiuta previsioni drammatiche anche se dichiara di essere meno ottimista per il 2013 e più fiducioso in una ripresa nel 2014.
Il prossimo anno prenderà il via la riorganizzazione della sua banca che oggi è disegnata su un doppio modello divisionale e geografico sul quale ha cominciato a rimettere mano con la nomina di Gabriele Piccini a responsabile unico delle attività commerciali.
Questa non sarà comunque l'unica novità della nuova Unicredit che ha 40 milioni di clienti in 22 Paesi e non a caso il giornalista del "Messaggero" Rosario Dimito interroga Ghizzoni sull'ipotesi di uno scorporo delle attività italiane dalla holding alla quale fanno capo le diverse Unicredit che operano in Germania, Austria e Polonia. Su questo tema Ghizzoni preferisce glissare e dice che non è in agenda, ma che qualora il consiglio di amministrazione decidesse in senso contrario "si avrà solo una divisione legale e amministrativa senza alcun impatto sulla struttura, sia per i dipendenti che per i clienti".
Ai piani alti di Piazza Cordusio sono in molti a pensare che il banchiere piacentino abbia liquidato l'argomento con troppa fretta perché sanno che l'idea di uno spin-off da cui verrebbe fuori Unicredit Italia è tutt'altro che un'idea peregrina. A parlarne è stato dieci giorni fa il presidente della banca Giuseppe Vita, l'uomo che ad aprile è stato designato dalle Fondazioni italiane che oggi detengono circa il 10% delle azioni.
L'esternazione di Vita è avvenuta a Rubbiano durante l'inaugurazione del nuovo stabilimento Barilla e sul momento ha fatto una grande impressione. Da quando è stato eletto quest'uomo di 77 anni che viene definito "prussiano di Sicilia" per le sue origini meridionali e per la carriera strepitosa in Germania dove ha lavorato per molti anni in aziende farmaceutiche fino al punto di diventare presidente della Ras (oggi Allianz), non si era mai lasciato andare a dichiarazioni impegnative.
L'auspicio di uno scorporo delle attività italiane pare che abbia sorpreso lo stesso Ghizzoni anche se il presidente "tedesco" si è preoccupato subito di buttare acqua sul fuoco. E ai piani alti di Unicredit si è fatto di tutto per smentire che il progetto nascesse dalla pressione delle Fondazioni, in particolare da CariVerona che dopo il drastico ridimensionamento del massiccio Fabrizio Palenzona sembra essere l'azionista più aggressivo e più preoccupato di far sgorgare le potenzialità della banca.
A quanto risulta Vita non sembra per nulla intenzionato a rinunciare al suo progetto anche se è il primo a sostenere che risponde a un desiderio suo e delle Fondazioni "ma non è fattibile al momento per rigidità burocratiche". Resta il fatto che sullo sfondo si intravede un dinamismo inconsueto da parte di un presidente che si pensava soddisfatto dalla medaglia appuntata sul suo petto al termine di una carriera gloriosa.
Non è così, Vita sta vivendo una nuova vita, e anche se oggi il buon Ghizzoni gira alla larga dall'argomento dello scorporo c'è chi pensa che questa problematica sarà al centro di un braccio di ferro tra i due top manager.
Se questo avverrà la finanza italiana e gli analisti dovranno prendere atto che tre "tedeschi" si stanno muovendo con decisione sulla scena italiana. A Unicredit c'è il "prussiano di Sicilia", a Intesa la bandiera del rinnovamento è in mano a Cucchiani, e alle Generali è arrivato da pochi mesi Mario Greco che prima di sedersi sulla poltrona di Perissinotto ha lasciato il suo segno in Allianz.
Tre italiani con una forte impronta tedesca. Una tripletta che fa riflettere sul destino complessivo della galassia nostrana.
2- EFFETTO SERRA PER RENZI: LO STRANO ENDORSEMENT DI BENESSIA PER IL ROTTAMATORE
Nei pub puzzolenti della City frequentati da Dagospia e dagli italiani che lavorano a Londra, si sentono oggi commenti pesanti sull'iniziativa di Davide Serra, il 42enne ex-analista e oggi gestore del Fondo Algebris, che ha organizzato gli incontri di Matteo Renzi con la comunità finanziaria milanese.
Chi frequenta quei luoghi dove la birra e il denaro scorrono a fiumi sa che le quotazioni di Davide Serra sono molto diminuite negli ultimi anni e che il suo Fondo è considerato una piccola realtà rispetto a quelle che gestiscono ogni giorno miliardi di dollari sulle rive del Tamigi. Per i banchieri Serra ha avuto il suo momento di gloria quando con lo 0,5% delle azioni prese di petto le Generali contestando platealmente il vecchio presidente Bernheim.
Oggi è alla ricerca di visibilità ed è questa la ragione che lo ha portato a buttarsi nella campagna per l'amico Renzi al quale ha fornito il quadernetto con 40 slides che è stato distribuito nell'incontro di ieri al Four Season Hotel e alla cena alla "Fondazione Metropolitan".
L'impegno di Serra è pari a quello dell'altro amico di Renzi Andrea Ceccherini, il fiorentino dalle amicizie trasversali che dirige l'Osservatorio permanente Giovani-Editori. Sui giornali oggi appaiono i nomi di alcuni esponenti della finanza e dell'industria partecipanti alla kermesse milanese di Renzi, tra questi Carlo Salvatori, Francesco Micheli, Enzo Chiesa, l'ex-direttore generale buttato fuori dalla banca di Ponzellini, il notaio dalla cravatta rossa Piergaetano Marchetti e Umberto Paolucci, l'ex-presidente di Microsoft dal volto marmoreo che cerca da anni di ricollocarsi insieme al prodiano Angelo Rovati.
L'elenco indica che davanti al grillo parlante fiorentino non si sono presentati i big delle banche e delle imprese perche' ai loro occhi il " ragazzo" e' ancora un animale politico dalle idee pasticciate in economia.
C'è però da segnalare che uno di loro ha preso carta e penna per scrivere sulla "Stampa" di Torino un articolo di taglio squisitamente politico che ha destato curiosita'. à Angelo Benessia, il notaio torinese che nel giugno 2008 è diventato presidente della Fondazione SanPaolo. Nel testo pubblicato dal quotidiano torinese si leggono giri di parole furbesche, citazioni auliche di economisti celebri, ma anche un attacco ai "lenoni" che si frappongono a ogni prova di incisivo rinnovamento.
Dietro le parole di Benessia, amico dell'ex-sindaco Chiamparino (altro neo-renziano), non c'è un vero e proprio endorsement in favore del "povero Renzi pur armato di buone intenzioni", ma il suo articolo fa intuire che oltre alla piccola foresta dei milanesi raccolti da Davide Serra c'è già qualcuno che ai livelli più alti della finanza tiene d'occhio il ribelle di belle speranze.
3- PORTE SPALANCATE A FINMECCANICA (PER FAVORIRE L'USCITA DI ORSI E DEI SUOI COLLABORATORI IN EVIDENTE STATO CONFUSIONALE)
Avviso ai Naviganti:" Si avvisano i signori naviganti che oggi e nei prossimi giorni gli uscieri di Finmeccanica terranno spalancate le portel a vetro del palazzo di piazza Monte Grappa.
La decisione e' stata presa dopo la conferenza stampa-boomerang a difesa di Giuseppe Orsi alla quale e' seguita ieri la richiesta di un incontro con Mario Monti al quale il manager (scaricato da tutte le forze politiche) vorrebbe prospettare una via d'uscita dai problemi personali e del Gruppo.
Dopo queste mosse, che gli uscieri giudicano una toppa peggiore del buco, le porte del palazzo resteranno aperte per favorire l'uscita del Capo e dei suoi collaboratori in evidente stato confusionale".
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