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(ANSA) - L'Abi ha comunicato ai sindacati la disdetta dei contratti nazionali in vigore, in applicazione della normativa, che prevede che la disdetta venga data almeno 6 mesi prima della scadenza (prevista per il 30 giugno 2014). Lo annuncia l'Abi precisando che l'intento è di anticipare le necessarie fasi di consultazione. Nella lettera consegnata ai sindacati l'Abi indica la crisi economica e i suoi effetti sul settore bancario come principale fattore che ha indotto alla disdetta del contratto e alla necessità di una sua rivisitazione.
«L'evoluzione della crisi economica ha portato il Paese in uno stato di recessione particolarmente grave», osserva l'associazione, precisando che, «in questo scenario, per le banche la caduta della redditività si conferma significativa e insostenibile». E sul settore pesa, oltre alle recenti riforme regolamentari che impongono un rafforzamento patrimoniale, anche «un costo del lavoro tra i più alti, nel confronto con le banche europee e gli altri settori produttivi». Inoltre grandi cambiamenti, secondo l'Abi, arriveranno con le innovazioni tecnologiche.
«Le banche - si legge ancora - si trovano pertanto a dover gestire gli addetti in eccedenza, con una vita lavorativa che è nel frattempo allungata per effetto della riforma delle pensioni, e le cui competenze e professionalità non risultano più coerenti con l'attuale modo di fare banca».
Alla luce di queste considerazioni «e per consentire al settore di continuare a svolgere efficacemente il proprio ruolo centrale per l'economia Pel paese e nell'intento di minimizzare e/o fronteggiare positivamente le ricadute sul piano sociale, si ritiene necessario avviare, stanti i modelli organizzativi tipici delle banche italiane, una riflessione approfondita finalizzata ad una complessiva revisione dei contratti di lavoro in vigore».
«La disdetta del contratto nazionale dei lavoratori bancari con 10 mesi di anticipo rappresenta un attacco inaudito ai diritti dei lavoratori, a cui risponderemo per le rime, anche con lo sciopero». à quanto afferma, in una nota, Lando Maria Sileoni, Segretario generale della FABI, dopo l'annuncio dell'Abi, definendo i banchieri «perfetti Giano Bifronte, la cui doppiezza è sotto gli occhi di tutti».
«Da una parte -prosegue infatti la nota di Sileoni- di fronte alle istituzioni monetarie internazionali e nei loro road show danno ottimistiche comunicazioni ai mercati, dichiarando grande solidità patrimoniale, »core Tier 1« oltre i vincoli di »Basilea3«, di aver ridotto tutti i costi operativi, compresi i costi del personale, di essere capaci di assorbire le rettifiche su crediti generate dalla recessione, di non avere in pancia titoli tossici e di avere rischi degli attivi enormemente minori rispetto alle banche europee.
Dall'altra, a casa loro, quando si devono confrontare con le organizzazioni sindacali, denunciano una redditività del capitale ai minimi storici, senza prospettive di ripresa, utili netti precariamente sostenuti dal carry trade sui titoli di stato grazie ai finanziamenti della BCE, costi del personale e livelli occupazionali insostenibili».
«Com'è possibile -prosegue il segretario Fabi- gestire con responsabilità , trasparenza e partecipazione le relazioni sindacali in presenza di una tale sconcertante, antitetica ed inquietante doppiezza di messaggi? La Banca D'Italia, che ha ribadito, in più occasioni, la solidità del sistema bancario italiano non ha nulla da dire? Qual è la vera situazione economica, reddituale, patrimoniale delle banche italiane? I lavoratori hanno il diritto dì saperlo, prima degli stress test annunciati dalla BCE, che il Parlamento europeo ha investito del compito di Vigilanza sulle grandi banche europee».
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