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Francesco De Dominicis per "Libero"
Il regalo è arrivato poco prima dello scorso Natale, ma i banchieri se ne sono accorti solo a ridosso di Ferragosto. Probabilmente sotto l'ombrellone. Stiamo parlando del clamoroso colpo di spugna sui conflitti di interesse in banca. Un blitz a fari spenti inserito a dicembre 2012 in un decreto firmato dall'allora premier, Mario Monti. Veniamo al dunque: una norma di poche righe ha cancellato una serie di paletti che regolavano i rapporti fra gli istituti di credito e i loro top manager.
Ora, di fatto, i prestiti concessi dalle banche alle società dei consiglieri di amministrazione o ai loro parenti rientrano nelle procedure standard. Stesso discorso vale quando un istituto entra nel capitale di un'impresa che è gestita o è di proprietà di un membro del suo board. Via i paletti e niente «delibere rafforzate», in barba ai rischi che si corrono con gli affari di famiglia o con quelli fra amici.
La "novità " è stata dettagliatamente illustrata dagli esperti dell'Abi in una comunicazione riservata spedita alle banche associate il 6 agosto. Con un tratto di penna, è stato cancellato un pezzo (articolo 136) del testo unico bancario, mandando in soffitta un complesso meccanismo di approvazione che fino allo scorso dicembre rendeva obbligatorio, tra altro, il disco verde del consiglio d'amministrazione per tutte le operazioni con «gli esponenti bancari».
Una severa impostazione che era stata costruita a tappe nel tempo per assicurare la massima stabilità al sistema creditizio del nostro Paese. L'ultimo giro di vite era stato voluto nel 2005 da Giulio Tremonti (all'epoca ministro dell'Economia) con la legge sul risparmio approvata dopo lo scandalo della Banca d'Italia oltre che i crac finanziari Cirio e Parmalat. Tremonti estese quei vincoli rigidi a tutte le società all'interno di gruppi bancari.
La faccenda, secondo gli addetti ai lavori, potrebbe avere riflessi non irrilevanti nell'industria finanziaria italiana visto che tocca da vicino interessi a parecchi zeri. In passato, a esempio, la misura (nella versione hard) si applicava ai rapporti che l'imprenditore romano Francesco Gaetano Caltagirone aveva con il Monte dei paschi di Siena, di cui è stato vicepresidente (e azionista) dal 2006 allo scorso anno.
Oggi, almeno sulla carta, Luca Cordero di Montezemolo potrebbe beneficiare della versione soft del testo unico bancario modificato dal provvedimento del senatore di Scelta civica. Montezemolo, infatti, è vicepresidente di Unicredit dall'ottobre 2012 e, allo stesso tempo, è alla guida della Ferrari oltre che azionista del fondo Charme, boutique finanziaria che controlla, tra altro, marchi del calibro di Poltrona Frau. Anche se, per la verità , gli affari degli alti manager di piazza Cordusio continuano a essere sottoposti a rigorose procedure interne che non avrebbero affatto "risentito" degli effetti del decreto dell'ex Primo ministro. Sta di fatto che, in ambienti parlamentari, c'è chi collega la mossa di Monti alla successiva alleanza, nelle elezioni di febbraio 2013, di Scelta civica con Italia futura, il movimento fondato dall'ex delfino di Giovanni Agnelli.
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