1. C’ERA UNA VOLTA LA MEDIOBANCA DI CUCCIA E MARANGHI CHE FACEVA LA “SENTINELLA AI BIDONI VUOTI DEL CAPITALISMO ITALIANO’’ (GUIDO CARLI). OGGI GLI IMPROBABILI NIPOTINI DELLO GNOMO, NAGEL E PAGLIARO, TENTANO DI SBARAZZARSI DEI FUSTI TOSSICI CHE PRODUCONO SOLO PERDITE (TELECOM, RCS, GENERALI, PIRELLI, GEMINA) 2. IL DUO DI MEDIOBANCA ORA VUOLE SCIOGLIERE TUTTI I PATTI DI SINDACATO (IN PRIMIS RCS), MENO IL LORO PER CONSERVARE QUEL CHE RIMANE DEL SALOTTO DEI POTERI MARCI 3. NONOSTANTE LE APERTURE AMICALI (NON DI CREDITO) DI MEDIOBANCA E LE SOLLECITAZIONI BONARIE DI ABRAMO BAZOLI, DELLA VALLE NON SEMBRA ANCORA CONVINTO DI PARTECIPARE ALLA RICAPITALIZZAZIONE DI RCS METTENDO CASH SUL PIATTO (BUCATO) OLTRE 100 MILIONI DI EURO TRA LA SUA QUOTA FUORI DAL PATTO E QUELLA DI ROTELLI

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di TINA A.COMMOTRIX per Dagospia

Forse ai suoi tempi l'ex governatore Guido Carli si era spinto oltre nell'ironizzare sul ruolo di Enrico Cuccia e della sua Mediobanca già prima che i suoi improponibili nipotini oggi ne seppellissero in fretta e furia sia la storia (precaria) sia la memoria (lunga): "Cuccia? l'unica sentinella che da sempre fa la guardia al bidone vuoto del capitalismo italiano".

A differenza del mitico Gnomo di via Filodrammatici, oggi i suoi ribaldi eredi non montano la guardia ai "bidoni", ma tentano di sbarazzarsene (Telecom, Pirelli, Generali, Genina, Italmobiliare, Rcs) dopo averli ben custoditi in cassaforte nella speranza (vana) di conservare in Mediobanca un potere forte in cui le azioni si continuavano a pesare e non si contavano.

Le partecipazioni-bidone dell'istituto accumulano ogni anno pesanti perdite (minusvalenze) e gli azionisti ne pagano il conto con i ribassi del titolo in Borsa. E convivono baldanzosi con un perenne conflitto d'interessi come sta a dimostrare, tra i tanti, il "papello" - prima negato e poi ricomparso all'improvviso -, vergato per una buonuscita milionaria della famiglia Ligresti al momento della cessione di Sai-Fondiaria e Unipol. Una vicenda su cui sta ancora indagando la procura di Milano.
Questione antica e mai risolta, quest'ultima, si dirà.

Un'illusione, dunque, quella coltivata dagli imprudenti e ambiziosi ragazzotti di piazzetta Cuccia, Alberto Nagel e Renato Pagliaro, che nell'ultimo decennio - dal pre-pensionamento, nel 2003, di Cipresso Maranghi in poi -, hanno impegnato tutte le proprie energie al solo obiettivo di conservare il bastone di comando all'interno dell'istituto, da tempo avviato inesorabilmente al suo triste declino.
E non hanno certo agito per ridisegnare un ruolo nuovo e dinamico alla merchant bank in crisi d'identità (e di liquidità).

Di qui l'esplodere delle lotte interne combattute (e vinte alla maniera di Pirro) dalla coppia Nagel&Pagliaro prima sul presidente "romano", l'usurpatore Cesare Geronzi, silurato da presidente di Mediobanca e Generali, e - a seguire -, sull'ex alleato triestino del Leone assicurativo, Giovanni Perissinotto.

Il tutto consumato con la complicità di Dieguito Della Valle, che ben presto si pentirà amaramente di aver sostenuto il doppio ribaltone di Nagel a Milano e Trieste. Alla faccia della pretesta autonomia del management, predicata dagli amministratori Alberto Nagel e Renato Pagliaro!

Era stato facile profeta il senatore a vita Francesco Cossiga ai tempi in cui l'autrice del "Diario di Cuccia" redatto per Dagospia, frequentava ancora assiduamente il Gattosardo, quando il presidente emerito spiegò, a quattr'occhi, all'"amico" Geronzi che sbagliava nel sostenere l'uscita anticipata "al buio" di Cipresso Maranghi da Mediobanca. La prossima "vittima", infatti, disse Cossiga, sarebbe stato proprio lui, l'ex banchiere di Marino che ambiva alla poltrona di piazzetta Cuccia. E così andò.

Dopo la lunga guerra di logoramento per mantenere poltrone e stipendi (ultra milionari), la coppia Nagel&Pagliaro è stata costretta a prendere atto, a malincuore, che la "centralità" di Mediobanca con i suoi "patti d'onore" e le "scatole cinesi era una mummia in avanzato stato di decomposizione. E pur senza un minimo di autocritica, l'altro giorno i due custodi della cadavere imbalsamato si sono presentati al mercato per annunciare la loro "rivoluzione" (da operetta).Tanto che il titolo il giorno dopo (venerdì 21 giugno) ha bocciato il loro piano industriale con una perdita secca a piazza Affari del 9,4%.

Di che si tratta (poco) è presto detto.
L'istituto di piazzetta Cuccia tenterà di liberarsi delle partecipazioni-bidone (a chi e quando?) valutate 2 miliardi su 4 di capitalizzazione e si concentrerà sulla Banca retail (Che Banca!) con un occhio ai prodotti alternativi (tipo hedge fund).

Già, deve passarsela veramente male il capitalismo italiano dei Poteri marci se il futuro di Mediobanca è la sua trasformazione da merchant bank di lusso a piccolo istituto di credito per raccogliere soldi (e risparmi) allo sportello. Forse era utile segnalare pure che nella "rivoluzione" annunciata da Alberto Nagel, "Che Banca!" dispone di appena 61 sportelli sparsi in Italia con appena 430 mila clienti e una raccolta che non supera i 10 miliardi di euro.

Per adesso, a ben vedere, può fare concorrenza soltanto alla "Banca di Monate" ideata dallo scrittore Piero Chiara. Quanto agli utili, bisognerà attendere il 2016. Il rosso dell'ultimo bilancio, intanto, è stato superiore ai 40 milioni di euro.
Tutta qua la "svolta"?
Tutta qua la "rivoluzione"?
Tutta qua.

Davvero poco (o tanto) si comprende allora lo sciogliersi della campane a festa da parte dei giornaloni per l'annuncio dell'uscita dai "salotti buoni anni Novanta", dato dal rampante e impenitente, Alberto Nagel. O, peggio, nei media si è tentato pure di rovesciare in positivo i giudizi poco benevoli di alcuni osservatori sul futuro prossimo di Mediobanca.

Nel tornare a criticare i "patti di sindacato" e le "alleanze siamesi" ancora intrattenute da Mediobanca, sul "Sole 24 Ore" di domenica, ad esempio, il professor Guido Rossi ha osservato pungente che questo sistema di relazioni con "patti d'onore" non ha favorito neppure "il necessario alternarsi del management alla direzione dell'impresa".
Come a dire? Tutto doveva restare in famiglia.

Sul "Corriere della Sera" nell'angolino a destra della prima pagina riservato - a quanto pare dopo il "caso" Giovanni Sartori -, ai commentatori "non allineati" con Flebuccio de Bortoli, il banchiere Salvatore Bragantini, si è spinto anche oltre. Fino a domandarsi polemico perché non venga sciolto il "barocco patto che regge la stessa Mediobanca".

Notiziola che, ovviamente, non ha trovato spazio nella titolazione del Corrierone. Tant'è.
Nell'attesa della "nuova Mediobanca" che verrà, il primo banco di prova per verificare le reali intenzioni rivoluzionarie del sub comandante Nagel sarà proprio la crisi infinita dell'Rcs-Corriere della Sera.


E se Mr. Tod's, che dopo lo sgarbo subito alle Generali non si fida più delle "promesse" di Nagel, si dovesse tirare fuori dall'aumento di capitale la palla tornerebbe nelle mani del giovane Yaky Elkan (Fiat): Anche lui però ha poco apprezzato le "aperture" generose di Mediobanca nei confronti dello Scarparo nemico di Casette d'Ete. Della serie, vatti a fidare...

 

 

 

Guido Carlimediobanca enrico cuccia x RENATO PAGLIARO E ALBERTO NAGEL DAL CORRIERE jpegAlberto Nagel e Renato Pagliaro MARANGHIGiovanni Perissinotto Cesare Geronzi FRANCESCO COSSIGAGUIDO ROSSI SOGNA - copyright PizziSalvatore Bragantini DELLA VALLE ELKANN