
DAGOREPORT - COME E' RIUSCITO CONTE, DALL’ALTO DEL MISERO 5% DEI 5STELLE NELLE MARCHE, A TENERE IN…
L'UNICA DISEGUAGLIANZA IN QUESTO DISGRAZIATO PAESE NON È TRA RICCHI E POVERI, MA TRA EVASORI E LAVORATORI DIPENDENTI, GLI UNICI A PAGARE LE TASSE – MENTRE IL 49,9% DEGLI ITALIANI DICHIARA REDDITI MISERI E IMPROBABILI RISPETTO AL SUO STILE DI VITA, IL 27% DEI CONTRIBUENTI, CON UN REDDITO SUPERIORE AI 29MILA EURO, SI ACCOLLA IL 76,9% - IDRAULICI, TASSISTI, RISTORATORI E IL SOLITO "POPOLO DELLA PARTITA IVA" CHE POSSONO EVADERE GODONO DEGLI STESSI SERVIZI DI CHI NON PUÒ EVADERE: PENSATECI LA PROSSIMA VOLTA CHE VI FANNO LO “SCONTO” PER NON EMETTERE SCONTRINO O FATTURA…
Estratto dell’articolo di Gianni Trovati per “il Sole 24 Ore”
CONTRIBUENTI E IMPOSTE INTORNO ALLA SOGLIA DEI 29MILA EURO
Finora solo il fiscal drag ha messo in atto un piccolo riequilibrio del carico Irpef fra i pochi italiani che dichiarando più di 50mila euro pagano un’imposta sostanziosa e la maggioranza che, titolare di redditi più bassi, paga poco o nulla, ed è quindi a carico della minoranza dei versanti.
La conclusione può apparire provocatoria. Ma emerge dai numeri messi in fila nel nuovo Rapporto sulla spesa pubblica e sulle entrate presentato ieri alla Camera da Itinerari previdenziali e Cida, la Confederazione italiana dei dirigenti e delle alte professionalità. L’obiettivo è dichiarato nel titolo del convegno, sul «difficile finanziamento del welfare italiano».
L’ottica proposta dall’Osservatorio è nota, ma piomba ora nel pieno del dibattito sul «ceto medio»; che promette di essere uno dei temi politici centrali nella manovra, chiamata però a fare i conti anche con «la massima prudenza imposta dalle regole Ue». Lo ha ribadito il viceministro per l’Economia Maurizio Leo nel suo intervento alla presentazione del rapporto, confermando che il ceto medio nei monitor della legge di bilancio è rappresentato dai «soggetti nella fascia dai 28mila ai 50mila euro».
Se l’intervento contemplerà anche una sterilizzazione degli effetti per chi dichiara di più (Sole 24 Ore di ieri), escluderà dai benefici 3,02 milioni di italiani: il 7,1% dei contribuenti, che con i loro 84,1 miliardi di Irpef coprono però il 44,3% del gettito.
giorgia meloni e giancarlo giorgetti - question time alla camera
I 50mila euro sono del resto la soglia ormai consolidata con cui il Fisco italiano a tre aliquote individua i contribuenti più “ricchi”, che meritano l’aliquota marginale più alta.
Il confronto internazionale mostra la peculiarità della nostra gerarchia fiscale: in Italia ogni euro che supera quota 50mila viene tassato al 43% (più addizionali), mentre aliquote simili in Germania (42%) partono da 67mila euro di reddito e arrivano fino a 278mila euro, quando la richiesta sale, e in Francia non si incontrano prima degli 82mila euro (con una marginale massima che parte da 177mila).
Alberto Brambilla - presidente di Itinerari Previdenziali
In termini pratici il risultato si legge nella busta paga di un dipendente con 100mila euro di reddito lordo e due figli a carico: in Italia l’Irpef chiede il 37,4% dei guadagni, fermandosi a un soffio dalle imposte di Svezia (40,4%) e Danimarca (39,9%) ma superando di slancio quelle richieste in Germania, dove il conto si ferma al 24% mentre in Francia crolla al 9,8% grazie al quoziente famigliare (qui la fonte è l’Ocse).
[…]
Finora, insomma, il Fisco si è occupato degli over 50mila soprattutto per mettere un freno agli sconti. E lo ha fatto, questo è il punto sollevato dall’Osservatorio guidato da Alberto Brambilla e dalla Confederazione presieduta da Stefano Cuzzilla, agendo su un’architettura dell’Irpef ormai sbilanciata. Lo dimostrano i numeri chiave che rappresentano l’ingrediente classico dell’analisi.
Nei dati aggiornati ai redditi 2024, gli ultimi dichiarati, si vede che basta l’1,65% dei contribuenti, quelli sopra i 100mila euro, a coprire il 22,43% dell’Irpef, e che anche quando si scende fino a quota 35mila euro lordi si incontra solo il 17,17% dei contribuenti, ma si raccoglie il 63,71% dell’imposta. «Sul ceto medio gravano i costi di pensioni, sanità, assistenza e istruzione, serve un sistema più equilibrato», ha rinosciuto Antonio Tajani, vicepremier e leader di Forza Italia.
Nasce da questo «squilibrio» il problema centrale evocato dall’analisi; che ovviamente non mette sotto accusa il principio della progressività ma denuncia le conseguenze della sua declinazione italiana.
Le riassumono le dimensioni della quota di contribuenti, 21,2 milioni che rappresentano il 49,9% del totale, titolari di redditi dichiarati così bassi da essere esclusi totalmente o quasi dall’imposta, al punto che i loro versamenti si limitano al 5,64% del gettito annuale.
Questo panorama diffuso fa a pugni, nella lettura del Rapporto, con una spesa assistenziale che dal 2008 a oggi è cresciuta del 125% senza peraltro incidere sulla dinamica della povertà che nello stesso tempo è salita del 169,5%, abbracciando nel 2023 oltre 5,69 milioni di italiani.
Di qui l’affanno nel finanziamento del welfare, perché un meccanismo del genere scarica sulla fiscalità generale una spesa sociale annua da 164,4 miliardi, il 115% in più rispetto al 2008.
Un riequilibrio minimo, si diceva, è stato attuato dal fiscal drag, che con il picco inflattivo del 2022-23 ha ridotto il numero di dichiarazioni fino a 20mila euro lordi annui (sono il 49,9% del totale già nel 2023, erano il 53,19% solo l’anno prima) e ha allargato le fila di chi denuncia più di 29mila euro (dal 24,2% al 27,41%, mentre il 72,59% che si ferma sotto paga in tutto il 23,1% dell’imposta). Ma il drenaggio fiscale investe solo i redditi nominali dichiarati; e si disinteressa di tutto il mondo reale fuori dalle tabelle inviate all’agenzia delle Entrate.
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