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Massimo Martinelli per "Il Messaggero"
Sono venti giorni da oggi. Durante i quali l'inchiesta sul disastro del Giglio dovrà accelerare per forza. E potrebbe sfiorare, alternativamente, alcuni manager di Costa Crociere oppure alcuni membri dell'equipaggio di Costa Concordia, tra ufficiali e personale di bordo.
Lo spartiacque giudiziario è il 3 marzo prossimo, quando alcuni tecnici informatici apriranno la scatola nera che era installata sul ponte di comando della Concordia e che ha registrato tutte le conversazioni radio, e probabilmente telefoniche, avvenute in quei 78 minuti trascorsi tra l'impatto con lo scoglio delle Scole, a sud del porto del Giglio, e la decisione di lanciare il segnale di «abbandono nave».
E a questa operazione, lo prevede il codice, dovranno assistere tutte le persone indagate oggi, o che potrebbero esserlo nel prossimo futuro. Perché è tra le 21.42 e le 22.58 di quel 13 gennaio che si decidono le sorti delle vittime e dei dispersi della Concordia.
E il magistrato inquirente, così come gli investigatori, sono ormai certi che se il comandante Francesco Schettino avesse fatto partire l'evacuazione con anticipo, sarebbe stato possibile calare in acqua tutte le scialuppe prima che lo scafo della Concordia si inclinasse paurosamente, rendendo difficoltosa ogni manovra.
Invece Schettino parlò al telefono decine di volte con i vertici della compagnia, soprattutto con Roberto Ferrarini, capo dell'unità di crisi, che pensò di poter salvare la baracca inviando una squadra di subacquei per rappezzare lo scafo ormai squarciato.
Mentre Schettino a Ferrarini si preoccupavano al telefono di come salvare lo scafo più della vita dei passeggeri, il personale di bordo riceveva dalla plancia di comando un'indicazione da irresponsabili: rimandare nelle loro cabine i passeggeri che ormai affollavano il ponte in preda al panico.
Molti di loro, disubbidirono e saltarono sulla prima zattera disponibile. Altri no, e qualche giorno dopo li trovarono cadaveri nelle loro cabine, ormai finite sott'acqua, con i giubbotti di salvataggio ancora addosso.
Per questo, da stamane, il procuratore Francesco Verusio dovrà decidere in quale direzione accogliere l'invito lanciato ieri del capo dello Stato ad «indagare ancora».
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