DAGOREPORT – TOH! S’È APPANNATA L’EMINENZA AZZURRINA - IL VENTO DEL POTERE E' CAMBIATO PER GIANNI…
Francesco Semprini per “la Stampa”
Non si arresta la parabola discendente del prezzo del petrolio, scivolato ieri sotto la soglia dei 45 dollari al barile. A pesare è stata la determinazione del governo degli Emirati Arabi Uniti nel sottolineare che l’Opec, l’organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio, lascerà invariata la produzione complessiva fissata, nell’ultimo incontro di novembre, a 30 milioni di barili al giorno.
Gli operatori ritengono infatti che le forniture di «crude» eccedano ormai la domanda di due milioni di barili al giorno, e ciò non fa altro che deprimere i prezzi. Neanche i dati sulle importazioni di greggio della Cina, secondo consumatore del Pianeta di oro nero, cresciute in dicembre del 13% su base annuale, hanno frenato il ribasso. Così dall’inizio dell’anno, ovvero in meno di due settimane, il barile è precipitato del 20%.
L’EFFETTO SUI CARBURANTI
Performance questa che si riflette nei prezzi del carburante, scesi negli Stati Uniti a 2,21 dollari al gallone (circa 0,5 euro al litro), mentre in Italia la verde naviga a 1,5 euro per la prima volta dal febbraio 2011, in flessione del 16,5% dal picco di luglio. Un calo che va di pari passo con quello della moneta unica europea, scesa ieri a quota 1,1766, ai minimi dal 2005, in balia delle attese sulle mosse della Bce e sull’esito delle elezioni elleniche. Scenari che modificano aspettative e strategie dei Paesi produttori, specie perché, secondo gli analisti, il prossimo «price target» del greggio è quello dei 38 dollari al barile, come ai tempi della Guerra del Golfo.
IL CANADA PUNTA SULLA SABBIA
Se gli Usa, ad esempio, frenano sullo sfruttamento dello «shale gas», il Canada si orienta in direzione opposta. In particolare per quanto riguarda l’estrazione del greggio dalle sabbie bituminose. Le attività di «oil sands» non richiedono tempi e costi complessi come quelli dello «shale gas», e pertanto risultano ancora appetibili. Una volta che un sito di sabbie bituminose è sviluppato, spiegano gli esperti, può produrre decine o finanche centinaia di migliaia di barili al giorno, anche per tre decenni consecutivi.
Chi invece deve fare i conti per difetto è il comparto «energy banking», ovvero le banche che hanno giovato del buono stato di salute del comparto fornendo prestiti e servizi finanziari. Da segnalare infine che la discesa del petrolio mette a dura prova anche alcuni Paesi Opec come il Venezuela, che ai livelli attuali raggiunge appena il «break-even» a causa delle spese di estrazione. Una stangata che rende ancora più profonda la crisi del Paese, tanto che ieri Moody’s ha ulteriormente ridotto il giudizio sul debito sovrano.
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