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1. «MOSSA A RISCHIO DEI FRANCESI PARIGI DEVE GIà PENSARE A KLM»
Giuliana Ferraino per "Corriere della Sera"
Oggi Alitalia riunisce il consiglio di amministrazione, che deve reperire le risorse fresche per continuare a volare e rendere operativo il nuovo piano industriale presentato a luglio. Ma Willie Walsh mette in guardia: «Trovare 300 milioni di euro entro la fine dell'anno non sarà sufficiente: Alitalia deve dimostrare che l'iniezione di liquidità avrà un ritorno economico.
La compagnia ha bisogno di una ristrutturazione fondamentale, in modo simile a quanto sta facendo Iberia», sostiene il numero uno di International Airlines Group (IAG), la holding che controlla British Airways (BA), Iberia e Vueling. E boccia inoltre un intervento di Air France-Klm per salire nel capitale del vettore italiano: «Conviene ad Alitalia, ma non è nell'interesse di Air France».
Dublinese (come l'amico rivale Micheal O'Leary di Ryanair), 52 anni, ex pilota con i gradi di capitano, prima di passare alla gestione, Walsh parla da concorrente, che compete con il gruppo franco-olandese e Lufthansa sia in Europa sia sulle redditizie rotte di lungo raggio, incluso il ricco mercato cinese, ma conosce bene Alitalia, che in passato ha provato a comprare.
Air France-Klm ha preso tempo per salire fino al 50% del capitale.
«Il gruppo è impegnato con la propria ristrutturazione. Alexandre de Juniac sta prendendo le misure giuste, ma è una grande sfida, che diventa più difficile vincere mentre si assiste un partner a ristrutturare a sua volta. Se fossi nei suoi panni mi concentrerei su Air France, che è la priorità », dice in questa intervista a Chengdu, nella Cina sud occidentale, 14 milioni di abitanti e quinta città cinese, dove Ba ha appena inaugurato il collegamento diretto con Londra tre volte alla settimana.
E' ancora interessato ad Alitalia?
«Lo eravamo nel 2008-2009: abbiamo avuto molti incontri a Roma, ma il nostro appetito non era grande quanto quello di Air France. Il mercato italiano è fantastico. Alitalia ormai è un capitolo chiuso. Non credo che i cittadini di un Paese abbiano necessariamente bisogno di un vettore nazionale».
British Airways ha scelto Iberia, ma dopo la fusione nel 2011 la compagnia spagnola resta in rosso.
«Ba ha ristrutturato il suo network di corto raggio prima della fusione con Iberia. Gli spagnoli hanno cominciato solo dopo. Sapevo che Iberia aveva bisogno di essere ristrutturata, certo non mi aspettavo una crisi così profonda nell'eurozona, in particolare in Spagna. Ma non sono pentito: Iberia è la porta per il Sud America.
Il nostro primo compito è stato capire quali fossero le destinazioni di lungo raggio profittevoli e poi ridurre le rotte di corto e medio raggio, mantenendo quelle che contribuivano alla rete delle grandi distanze. E' indispensabile tagliare la capacità eccessiva, ma poi serve una ristrutturazione dei costi. Molti carrier europei sono troppo grandi.
Dopo la fusione abbiamo ridotto la capacità di Iberia in media del 15% (circa il 20% sul corto e medio raggio e il 10% sul lungo) e tagliato 3.200 posti di lavoro, il 17% dei dipendenti. Siamo a metà strada, serviranno ancora un paio di anni».
Quali costi vanno tagliati dopo aver ridotto le rotte?
«Il carburante è il costo più importante: meno si vola, meno si spende. Il carburante pesa per il 33% sul totale sui costi totali di Iag. Per Ryanair arriva fino al 45%, ecco perché quest'inverno il vettore low cost ha annunciato che lascerà a terra 80 aerei. Detto questo, è cruciale analizzare ogni singolo aspetto della propria struttura per guadagnare efficienza. Poi bisogna investire in nuovi aeromobili, molto più efficienti».
Come sta il settore aereo?
«L'industria è completamente diversa rispetto a 10 anni fa: le barriere all'ingresso sono aumentate, specialmente in Europa. Ma strutturalmente il settore gode di salute migliore che in passato, perché i costi elevati per carburante e capitale favoriscono il consolidamento e disciplina. Molte compagnie hanno ridotto la capacità offerta, lasciando spazio per crescere ai vettori più efficienti».
Prevede una nuova ondata di consolidamento?
«Nell'eurozona, che resta l'area più debole, vediamo un certo numero di compagnie aeree che lottano per sopravvivere. Il consolidamento ci sarà e tra gennaio e febbraio porterà molti piccoli vettori con cattivi bilanci in bancarotta. Avremo meno compagnie, ma economicamente più forti».
2. ALITALIA, I SOCI FRENANO SU AIR FRANCE
Antonella Baccaro per "Corriere della Sera"
Fermi tutti. Su Alitalia governo e management rallentano il cammino dell'integrazione con Air France-Klm. Ieri, alla vigilia del consiglio di amministrazione che esaminerà la semestrale e probabilmente delibererà un aumento di capitale da 100 milioni e mentre il ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi incontrerà a Parigi il suo omologo, i segnali di una frenata in pista si sono moltiplicati.
Il primo a suggerire che su Alitalia niente è deciso era stato martedì il ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato (Pd). Ieri è sceso in campo il viceministro dell'Economia, Stefano Fassina (Pd) per confermare che «il governo vuole capire bene, perché non si deve svendere Alitalia», dunque «vanno costruite le condizioni per una soluzione con una partnership che non necessariamente deve essere Air France, ma una partnership che possa valorizzare le attività in Italia».
Che è accaduto nel frattempo? Che il management della compagnia ha incontrato Zanonato, ma gli abboccamenti sono anche precedenti, chiedendo la collaborazione del governo per agevolare la ricerca delle risorse necessarie (circa 400 milioni) per consentire a Alitalia di scavallare l'anno, implementare il nuovo piano e scegliere un partner senza il pressing cui è sottoposta ora a causa dei conti in «rosso».
Che sia un bluff o una manovra scaltra, è presto per dirlo. Il presidente Roberto Colaninno in primis non vuole gettare ancora la spugna, attorno a lui ci sono altri azionisti, alcuni di rilievo. Ad esempio ieri è scesa in campo Adr, Aeroporti di Roma (il cui maggiore azionista è anche socio di Alitalia all'8,8%) per esprimere «la forte preoccupazione per la situazione economica, finanziaria e societaria di Alitalia», che potrebbe determinare «un pregiudizio del ruolo di hub carrier» e «la conseguente riconsiderazione del progetto di sviluppo» di Fiumicino.
In poche parole Adr si preoccupa che l'acquisizione di Alitalia da parte dei francesi si traduca in un abbandono dello scalo di Fiumicino come hub e in un depauperamento dello stesso. Ce n'è per tentare una strada diversa.
Da parte sua Air France-Klm, secondo la stampa francese, potrebbe decidere «molto rapidamente» su un aumento della propria quota in Alitalia se verrà raggiunto presto un accordo con le banche creditrici di Cai sul debito pregresso e su una nuova linea di credito di 300 milioni di euro. E con le banche in effetti si sta parlando: Intesa Sanpaolo, tra i primi azionisti di Alitalia, sarebbe disponibile, ma il primo creditore è Unicredit.
Se le banche ci stessero, e gli azionisti fossero disponibili a intervenire con un aumento di un centinaio di milioni (i piccoli sembrano indisponibili), prendere tempo sarebbe possibile. Air France-Klm perderà a ottobre il diritto di porre il veto a eventuali offerte esterne alla compagine azionaria, e Alitalia teoricamente diventerà più contendibile. O ancora più debole. Questa è la scommessa.
Intanto si complica il giallo degli aerei di Carlo Toto «girati» a Alitalia di cui Air France-Klm chiederebbe una rinegoziazione. Secondo indiscrezioni, 30 nuovi aerei sarebbero già stati ceduti nel 2008 per un valore di 670 milioni di euro a garanzia di un debito bancario di 500 milioni per il finanziamento degli stessi, oggi ridottosi a 330 milioni. Oltre a quelli in proprietà , la nuova Alitalia ha già ricevuto 14 Airbus in leasing da ApFLeet del gruppo Toto per i quali paga un canone di 60 milioni annui, rinegoziabile fino al 10%, ma solo nel 2015.
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