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    C'È UN POLITICO DI ALTO LIVELLO DI AREA RENZIANA CHE AVREBBE MESSO IN CONTATTO PATRIZIO DONNINI E IL GRUPPO TOTO? I PM VOGLIONO INDIVIDUARE CHI SPINSE IL MANAGER VERSO L'EOLICO E IL GRANDE AFFARE CON I SIGNORI DELLE AUTOSTRADE ABRUZZESI, VISTO CHE PRIMA DI QUEL MOMENTO NON SI ERA MAI OCCUPATO DI ENERGIE RINNOVABILI


     
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    Antonio Massari e Valeria Pacelli per il “Fatto quotidiano

    patrizio donnini patrizio donnini

     

    C' è un punto chiave sul quale gli investigatori della Guardia di Finanza stanno facendo luce in queste ore: dare un nome al tramite tra Patrizio Donnini e la società Renexia del gruppo Toto. Il sospetto è che si tratti di un politico di alto livello dell' area renziana. È una domanda fondamentale e vediamo perché.

     

    Patrizio Donnini è un imprenditore fiorentino, creatore della Dot Media, società di comunicazione che ha lavorato anche per la kermesse renziana, la Leopolda. È accusato dalla Procura di Firenze di autoriciclaggio e appropriazione indebita in concorso con l' amministratore delegato di Renexia Lino Bergonzi. Tra il 2016 e il 2017 la Immobil Green Srl (di cui Donnini detiene una quota del 5 per cento) vende alla Renexia Spa cinque aziende operanti nell' eolico: riesce così, piazzandole al quadruplo del prezzo d' acquisto, a incassare una plusvalenza di 950 mila euro in totale.

     

    Il punto è che Donnini non s' è mai occupato prima di eolico. E non si limita a fare da mediatore per l' affare, ma rischia in proprio: acquista e poi rivende. Da qui il sospetto (per ora tale) degli investigatori: era forse certo che avrebbe rivenduto a Renexia? E - in caso affermativo - da dove traeva quella certezza?

     

    Intanto un perito incaricato dai pm di Firenze sta passando al setaccio il contenuto dei cellulari di Donnini e di Alfonso Toto, legale rappresentante della Toto Costruzioni Generali spa: i cellulari di entrambi sono stati sequestrati.

     

    CARLO TOTO CARLO TOTO

    Gli investigatori stanno verificando se ci siano stati contatti precedenti all' operazione - e di quale natura - tra l' imprenditore fiorentino, la Renexia e lo stesso Alfonso Toto. Peraltro, considerato che Bergonzi è indagato per appropriazione indebita, la Renexia risulta la parte lesa. A meno che Bergonzi non abbia agito con il consenso di alti componenti del gruppo.

     

    Il contenuto dei cellulari di Donnini e Toto, anche su questo punto, potrebbe fornire una risposta. Ma soprattutto, l' analisi di entrambi i telefoni, può portare a sciogliere il dubbio iniziale: chi ha messo Donnini in contatto con uomini e società del gruppo Toto?

     

    Il telefono dell' imprenditore fiorentino conterrà inevitabilmente contatti con il mondo renziano che, a meno di risultare penalmente rilevanti, non saranno utilizzabili nell' inchiesta. La vicinanza di Donnini al Giglio Magico è infatti nota: il 20 per cento della Dot Media da lui fondata, giusto per fare un esempio, appartiene ad Alessandro Conticini, fratello di uno dei cognati di Matteo Renzi. E così per evitare che siano depositati messaggi che non riguardano l' inchiesta in corso, i legali di Donnini hanno chiesto ai pm la distruzione di tutto ciò che non sia attinente all' indagine.

    ALBERTO BIANCHI ALBERTO BIANCHI

     

    I finanzieri inoltre nei giorni scorsi hanno bussato anche alle porte della sede della Dot Media: ciò è avvenuto non perché questa società rientri dell' indagine, ma perché le fiamme gialle hanno perquisito i luoghi che potevano essere nella disponibilità di Donnini.

    E qui hanno anche sequestrato un pc in uso a Lilian Mammoliti, vecchia amica di Donnini, che detiene il 50 per cento delle quote della Dot Media.

     

    C' è però un' altra inchiesta fiorentina che riguarda un renziano della prima ora: quella che vede indagato Alberto Bianchi, ex presidente della fondazione Open, la cassaforte del renzismo, per traffico di influenze. Anche in questo caso c' è un collegamento con il gruppo Toto, dal quale Bianchi ha ricevuto un incarico per un contenzioso con Autostrade, con parcella di più di un milione di euro.

     

    alberto bianchi maria elena boschi alberto bianchi maria elena boschi

    Due terzi della somma sarebbero stati versati da Bianchi al suo studio associato, un terzo per sé. Dal suo conto il legale avrebbe poi versato alla Open, che in quel momento era in difficoltà economiche, circa 200 mila euro. Salvo riprenderne - secondo fonti vicine all' avvocato - circa 190 mila euro quando la Fondazione stava per chiudere. Bianchi non ha soltanto dato una mano alla Open.

     

    Ha anche finanziato il comitato per il "Sì" al referendum costituzionale del 2016. Nessuna conferma che anche questa parte di finanziamento sia al vaglio degli inquirenti. Il suo legale oggi presenterà ricorso al Riesame per chiedere l' annullamento dei sequestri eseguiti dalle Fiamme gialle.

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