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    BERLINO STAVOLTA SUONA ACIDA. NEL SUO MOMENTO MIGLIORE, DENTRO UNA FINALE FREMEBONDA, LA JUVENTUS FINISCE UCCISA DA UN’INVENZIONE DI QUEL GENIO AUTISTICO DI LEO MESSI CHE COSTRINGE UN BUFFON FIN LÌ DA MANICOMIO A SMANACCIARE PALLA SUL VAMPIRO CHE NON PUÒ SBAGLIARE E NON SBAGLIA. IL BARCA HA SOLUZIONI INFINITE


     
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    Rabdo Man (ex Giancarlo Dotto) per Dagospia

     

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    Berlino stavolta suona acida. Nel suo momento migliore, dentro una finale fremebonda, la Juventus finisce uccisa da un’invenzione di quel genio autistico di Leo Messi che costringe un Buffon fin lì da manicomio a smanacciare palla sul Vampiro che non può sbagliare e non sbaglia. Il Barca ha soluzioni infinite e automatismi che infliggono sbornie pesanti a chiunque pretenda di combatterli, ma ha soprattutto Messi e questa volta quasi non basta contro una Juve che scarica dentro questi novanta minuti che valgono una vita il meglio di sé. Soprattutto nel secondo tempo, dopo il pareggio di Morata che arriva quasi per caso, ma poi il caso si fa convinzione, furore, ispirazione e mai visto i catalani così tremanti.

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    Il guaio è che, questo Barca, anche quando geme ha sempre lassù, nella parte alta, piedi che cantano, un tripudio d’illusionisti, ballerini e giocolieri. Il triplete se lo prendono dunque e se lo meritano loro, la squadra più forte del mondo, ma la Juventus ci prova fino alla fine e consegna alla sua storia una delle sue pagine più eccitanti. Il tre a uno di Neymar, all’ultimo sgocciolante secondo, non aggiunge e non toglie nulla alla storia di questa finale e allo strepitoso cuore della Juve.

     

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    Barcellona che spreca tutto e chiude il primo tempo con un solo gol di vantaggio, un peccato enorme per quella che è la legge infame del calcio. Tre minuti sembrano già sanzionare che l’impresa è impossibile. Neymar, Iniesta e Raktic entrano nella cassaforte bianconera come un laser. Buffon s’inventa Houdinì acchiappando una pallaccia con la destra mentre è in volo sinistro, la parata degli ultimi dieci anni.  Cinque occasioni chiare, il doppio del possesso palla, ma solo uno a zero.

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    Il gol di Morata illude. Il Barca sembra cotto di una paura che non sa fronteggiare perché non conosce. Ma basta dare la palla a Messi. Peccato davvero, perché non era il Barcellona alla sua massima potenza. E, se Pirlo alla fine piange, vuol dire che qualcosa di enorme è accaduto. E, comunque, ventidue e più magnifici attori.

    Ah, dimenticavo. In piedi davanti alle panche si agitavano due strani tipi.

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