Niccolò Carratelli per “La Stampa”
calenda gualtieri
A metà pomeriggio del "day after" Carlo Calenda scorre messaggi e chiamate sul display del suo smartphone. «Mi hanno scritto e telefonato in tanti, anche dal Partito democratico, ma Letta e Gualtieri non li ho sentiti», racconta, provando a nascondere il disappunto, legato anche al fatto di non aver raggiunto il secondo turno: «Io volevo fare il sindaco, abbiamo lavorato per quello. Quindi nonostante il risultato positivo della mia lista (è la prima a Roma, ndr) il rammarico rimane».
Quanto ai complimenti ricevuti, «perfino Giorgetti mi ha scritto un messaggio, gli ribadisco la mia stima, a costo di farmi dare di nuovo del fascista».
Ecco, le accuse piovutegli addosso in campagna elettorale continuano a bruciare, «certe cose non si cancellano, soprattutto se sono inutilmente insultanti nei confronti di un avversario politico».
Dal Partito democratico l'hanno definita a più riprese un candidato di destra e ora si aspettano il suo appoggio a Gualtieri
gualtieri raggi calenda michetti
«Dopo che mi sono sentito dare del leghista da persone che sedevano con me in Cdm e che sanno bene chi sono e qual è la mia storia non mi stupisco più di niente. Ma l'atteggiamento di Gualtieri e del Pd è insopportabile, un modo di interloquire davvero immaturo: prima mi offendi e poi, senza nemmeno parlarmi, dici che ti aspetti il mio sostegno al ballottaggio».
Quindi fanno male ad aspettarselo?
«Non è questo il punto, in politica non c'è spazio per i rancori personali. A Gualtieri chiedo una garanzia precisa, cioè che nella sua eventuale giunta non ci siano esponenti 5 stelle: il Movimento è stato nettamente bocciato dai romani e non può tornare a governare la città. Punto».
E se questa condizione non viene assicurata?
«Vuol dire che non dichiarerò il mio voto, perché lo considererei un voto buttato, al pari di quello per Michetti, che non ha uno straccio di programma e dal quale sono molto distante».
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Però a votare comunque ci andrà?
«Sì, ma senza dire pubblicamente per chi».
L'obiettivo di allontanare il Pd dal M5S non riguarda solo Roma, ma Letta non sembra intenzionato a cambiare linea
«Mi permetto di suggerire a Letta di non fare l'errore di leggere il risultato di queste elezioni comunali nell'ottica delle prossime politiche. Ora lui deve fare una scelta: decidere se continuare ad andare dietro a un Movimento morto oppure guardare a un'alternativa».
Che sarebbe rappresentata da lei con Azione?
«Non solo da me, le forze liberaldemocratiche si sono dimostrate superiori, a livello nazionale, ai 5 stelle ed esiste un'area, che ho definito riformista pragmatica, che si ritrova nel modo di governare di Mario Draghi e a cui bisogna dare rappresentanza. Possiamo chiamarlo "fronte von der Leyen": socialdemocratici, liberaldemocratici e popolari insieme, per emarginare populisti e sovranisti».
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Quindi, concretamente, cosa pensa di fare?
«Voglio dare un'accelerazione a questo processo: presto partirò per fare un tour dell'Italia, da nord a sud, in tutte le regioni, per incontrare i cittadini».
Ma chi sono gli interlocutori con cui costruire questo percorso?
«Letta è il primo interlocutore, se molla Conte. Poi, ad esempio, mi viene in mente Mara Carfagna e altri in Forza Italia, che fanno parte della famiglia popolare europea e non vogliono morire sovranisti, sotto il binomio Salvini-Meloni».
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E Matteo Renzi?
«Guardi, con Renzi il problema è che, secondo me, l'attività di leader politico non è conciliabile con quella di businessman. Ma anche in Italia Viva ci sono persone di qualità, a cominciare dalla ministra Bonetti, che rispondono a quell'idea di politica di cui le parlavo».
Siamo sicuri che l'approccio proposto nella campagna elettorale romana possa funzionare a livello nazionale?
«La verità è che questi voti non mi appartengono: sono stati dati a favore di un progetto serio per la città, non è detto che arriveranno anche in un contesto più ampio».
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Tra l'altro molti elettori si sentiranno traditi a non vederla seduto in consiglio comunale, per portare avanti le proposte fatte in questi mesi
«Ma io l'avevo detto prima che, in caso di sconfitta, sarei tornato a fare l'eurodeputato. Sono l'unico leader nazionale che si è candidato e per fare il sindaco avrei mollato tutto il resto. Comunque, continuerò a lavorare e a dare il mio contributo: abbiamo una forte rappresentanza in consiglio e nei municipi per sostenere il nostro programma».
Nel frattempo, è arrivato un messaggio di Roberto Gualtieri?
«No, ma tanto mancano dieci giorni, c'è tempo, basta avere le idee chiare».
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