Sara Gandolfi per www.corriere.it
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Nuova macabra scoperta in un ex collegio per bambini e adolescenti nativi gestito dai preti in Canada, ulteriore tassello di quello che sta diventando uno scandalo sempre più difficile da ignorare per la Chiesa cattolica americana e anche per il Papa, che a inizio giugno aveva espresso «dolore» e «vicinanza» alla comunità canadese. Nei pressi della Marieval Indian Residential School, nell’ovest del Paese, sono state ritrovate centinaia di tombe anonime, dove probabilmente sono stati sepolti gli «ospiti» dell’istituto colpiti da malattie o altro. Si tratta, in totale, di 761 corpi, per la gran parte di bambini.
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Lo scandalo potrebbe presto estendersi agli Stati Uniti, il cui segretario agli Interni ha di recente annunciato l’apertura di un’inchiesta sulla travagliata eredità dei collegi per i nativi americani, con particolare attenzione ai cimiteri o ai potenziali luoghi di sepoltura, per «scoprire la verità sulla perdita di vite umane e sulle conseguenze durature» di questi istituti, che nel corso dei decenni hanno costretto centinaia di migliaia di bambini ad allontanarsi dalle proprie famiglie e comunità d’origine.
L’annuncio del nuovo «orribile e scioccante ritrovamento di centinaia di tombe senza nome» in Canada è stato dato dalla comunità di Cowessess. L’ex scuola di Marieval, nel Saskatchewan orientale, rimase attiva per 98 anni, fino al 1997. Gli scavi erano cominciati a maggio, subito dopo la scoperta dei resti di 215 bambini vicino a quella che un tempo era la Kamloops Indian Residential School, uno degli istituti del sistema delle cosiddette «Indian residential schools», una rete di scuole fondate dal governo e amministrate dalle Chiese cattoliche che rimuovevano con la forza i figli degli indigeni dalle loro comunità per assimilarli nella cultura «bianca» dominante.
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«Il numero di tombe senza nome sarà il più significativo fino ad oggi in Canada», aveva commentato in un comunicato la Federazione delle nazioni indigene sovrane (FSIN) riferendosi all’ex scuola di Marieval.
«Le scuse del Papa aiuterebbero i sopravvissuti a iniziare il viaggio della riconciliazione», ha detto in un’intervista al Corriere la direttrice esecutiva del National Centre for Truth and Reconciliation, Stephanie Scott, secondo cui i i morti potrebbero essere oltre 6000.
Dopo la scoperta dei resti umani di Kamloops sono stati avviati scavi in numerose ex scuole residenziali del Paese con l’assistenza delle autorità governative. Erano collegi gestiti dal governo e dalle autorità religiose, nel XIX e il XX secolo, con l’obiettivo di assimilare a tutti i costi i giovani indigeni. Tra il 1863 e il 1998, più di 150.000 bambini indigeni furono prelevati dalle loro case, quasi sempre con la forza, e inseriti nelle scuole residenziali, dove era loro vietato parlare la lingua o praticare la cultura delle proprie comunità.
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Una commissione istituita nel 2008 per documentare l’impatto di questo sistema ha scoperto che un gran numero di bambini indigeni non è mai tornato nelle comunità di origine. Il rapporto Verità e riconciliazione, pubblicato nel 2015, ha affermato che tale politica equivalse ad un «genocidio culturale».
Nel 2008, il governo canadese ha formalmente chiesto scusa. I vertici della Chiesa cattolica no. Nel 2018 la Conferenza episcopale canadese, in una lettera ai nativi, spiegò che Papa Francesco riteneva di «non poter rispondere personalmente» alla richiesta da loro avanzata, ma incoraggiava i vescovi locali a proseguire il cammino di riconciliazione e solidarietà con le comunità indigene.
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Il Missing Children Project documenta i luoghi di sepoltura di bambini morti mentre frequentavano le scuole. Ad oggi, sono stati identificati più di 4.100 bambini deceduti mentre frequentavano una scuola residenziale.
Il 50% delle denunce fatte invece alla Commissione per la Verità e riconciliazione riguardava forme gravi di abuso fisico e sessuale. Casi di stupro ripetuti, che nella gran parte dei casi hanno portato alla distruzione psicologica della vittima e hanno poi avuto un impatto di lunghissimo periodo: incapacità di stabilire relazioni interpersonali, psicosi, alcolismo, disoccupazione, incapacità di essere buoni genitori.
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Il 5 giugno scorso il premier canadese Justin Trudeau ha chiesto alla Chiesa cattolica di «assumersi la responsabilità» del suo ruolo negli abusi commessi nei collegi per bambini nativi. Il giorno dopo, Papa Francesco ha affermato di «seguire con dolore le notizie che giungono dal Canada». Quindi ha aggiunto: «Affidiamo al Signore le anime di tutti i bambini deceduti nelle scuole residenziali del Canada e preghiamo per le famiglie e le comunità autoctone canadesi affrante dal dolore. Preghiamo in silenzio». Da parte sua, nei giorni scorsi il vescovo di Montreal, monsignor Christian Le’pine, ha pubblicato una lettera di scuse, a nome della Chiesa cattolica, parlando di «un lato oscuro della storia canadese rispetto al quale nessun uomo, donna, credente o no, può giustamente rimanere indifferente».
I popoli delle Prime Nazioni americane ancora attendono le scuse formali della Chiesa cattolica.
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