Alessandro Ferrucci per il “Fatto quotidiano” - Estratti
Il segreto di Carlo Verdone è dietro un “come va?”. Quello che per la stragrande maggioranza delle persone è retorica, quasi un tic privo di sostanza, con lui è reale interesse, partecipazione, capacità mnemonica, spesso ispirazione per storie o battute in grado di fissare il comune quotidiano come pochi altri artisti. Lui quasi ogni mattina va realmente al bar, si piazza lì e ascolta, “ruba”, poi sintetizza e magari nascono maschere come Jessica e Ivano o quella di Armando Feroci (“A volte ho un po’ anticipato i tempi”).
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Da poco è su Paramount con Vita da Carlo 2 e la seconda serie è pure più bella della prima. Spesso la chiamano “Carletto”...Mi piace, è una forma di affetto, significa che sono come un amico, mi trattano come tale; (sorride) c’è poi chi mi appella “maestro”.A maestro come reagisce?Resto in silenzio, però mi viene un po’ da ridere.È un maestro.Sì, ma va benissimo “a Carle’...”; (ci ripensa) maestro mi fa veramente un po’ ridere: non mi sento così anziano.Nella serie fissa un punto reale: gran parte del cinema sogna di lavorare con lei.(Silenzio, quasi si imbarazza) Chi lo dice?
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Quante telefonate riceve da attori che si propongono.
La maggior parte passa dall’agenzia, poi ci sono quelli che si accontentano di due o tre battute, e lì siamo intorno ai 400 l’anno.
In stile-Haber che citofona a casa?
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Veramente a casa ogni tanto arriva qualche fan, un po’ come l’altro giorno; anzi, in realtà capita tutte le settimane, magari li trovo appostati fuori dal cancello. Non credo sia giusto.
Non si sottrae ma, anche dalla serie, sembra non bastare mai.
Pure se spieghi alle persone “sto per perdere l’aereo o il treno” e sei obbligato ad andare via, sento alle spalle la frase “ma quanto è stronzo questo”.
Ci resta male.
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Una volta in aeroporto hanno chiamato il mio nome: mancavo solo io; ma ero circondato da richieste di selfie o da telefonate alla moglie ricoverata. “Sentite? Devo andare” “A Ca’, un attimo, un selfie”. “Non posso”. “Non sei mica tanto simpatico”.
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Sono 40 anni da Acqua e sapone...
Ha una sua poesia, c’è grazia, tenerezza con un tono favolistico.Il tema del film oggi avrebbe dei problemi. Non lo potrei girare, perché parla di un ragazzo che finisce a letto con una diciassettenne; quando l’ho rivisto ho pensato: “Che coraggio!”. Ma nessuno mi diceva niente, neanche il produttore e adesso altri miei lavori non si potrebbero girare. Tipo?
Penso a Gallo cedrone o a Compagni di scuola per il personaggio interpretato da Alessandro Benvenuti sulla carrozzina; mi hanno criticato pure Si vive una volta sola e ho risposto “guardate che parliamo di quattro medici cretini, di quattro soli e superficiali”.
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Come sta il suo colon?
Quello degli artisti dà sempre una rottura di palle: più viaggi e promozione fai, più giornate stressanti vivi e più stai in crisi (e spiega nel dettaglio quali medicine prendere).
Tutti le chiedono consigli su medici e medicine...
Continuamente; oggi ho pure spiegato a un’amica come curare il colesterolo.
Chi è lei?
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Un gran lavoratore, uno che ha dedicato tutta la sua vita al pubblico, mi sono consegnato a loro e poco a me. Anche questo lo affronta nella serie...Ed è la verità e in qualche modo è una forma di tristezza; per carità sono felicissimo di aver portato felicità in tante persone, dell’affetto che ricambio, però ho tolto tanto a me stesso.
Troppo?
Anche troppo. Ha creato una maschera. Pure qui: non me ne rendo conto e forse è la mia fortuna perché non mi sono mai sentito arrivato; ogni volta che inizio un progetto è come se fossi ancora ai tempi di Un sacco bello ; non è vero che entro più sicuro. Un primo giorno di set non sarà uguale a quello di 40 anni fa.
No, ho maggiore esperienza ma resta l’ansia che inizia a montare sette giorni prima e mi ripeto “questa volta lo sbaglio”. L’ultimo giorno di set? Il più bello di tutti, sono felicissimo perché ho scavalcato la montagna e scatta la frase “anche questa volta ce l’ho fatta”; (pausa, torna a prima) però ho davvero dedicato poco tempo a me stesso.
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