FORD KISSINGER
Paolo Mastrolilli per la Stampa
Nel giugno del 1975, almeno per un giorno, la Casa Bianca considera la possibilità di favorire l' ingresso dei comunisti al governo in Italia. La proposta, avanzata dall' ambasciatore a Roma John Volpe, viene discussa nell' Ufficio Ovale dal presidente Gerald Ford, il segretario di Stato Henry Kissinger, e il vice consigliere per la sicurezza nazionale Brent Scowcroft. Alla fine viene bocciata, anche bruscamente, ma è la dimostrazione di un dibattito interno all' amministrazione sul futuro del nostro Paese che finora non era emerso in questi termini, e di una forte preoccupazione per la tenuta della democrazia a Roma.
Il documento che racconta questo episodio è stato pubblicato giovedì sera, insieme ai files sull' assassinio di John Kennedy rimasti finora segreti.
Porta la data di giovedì 26 giugno 1975, è classificato «segreto», e descrive un incontro avvenuto nell' Ufficio Ovale tra Ford, Kissinger e Scowcroft. Il tema, molto delicato, è il rapporto con l' Urss, il negoziato per l' accordo Salt, la minaccia dei missili sovietici puntati verso i Paesi occidentali. Nel corso della conversazione, Kissinger solleva la questione del rapporto col Pci: «Volpe vuole cominciare le discussioni con i comunisti in Italia».
KISSINGER FORD
La risposta di Ford è fredda: «Io questo non lo capisco». Il segretario di Stato prova a spiegare: «È una questione di politica locale: sarà difficile non includere i comunisti nel governo». Kissinger si riferisce alla loro crescita elettorale, e all' opportunità di coinvolgerli attraverso il «compromesso storico», forse anche per sfruttare la particolare condizione dell' Italia allo scopo di dividere il Pci da Mosca. «Però - aggiunge subito dopo - noi non vogliamo giocare». Ford condivide, e chiude l' argomento: «Sono d' accordo».
La discussione è breve e la bocciatura rapida, ma è molto significativo che la proposta di Volpe sia arrivata fino all' Ufficio Ovale. Anche perché in quei giorni tutti i segnali pubblici andavano nella direzione opposta, e invece l' ambasciatore americano a Roma era così impegnato a considerare il via libera al «compromesso storico» da proporlo all' attenzione del segretario di Stato e del presidente.
Il momento in cui avviene questa discussione è molto difficile. Negli Usa, dieci mesi prima lo scandalo Watergate aveva costretto Richard Nixon alle dimissioni, e l' anno dopo erano in programma le presidenziali poi vinte da Carter.
MORO BERLINGUER
Nell' Italia già insanguinata dal terrorismo, invece, il Pci fa un balzo al 33,5% nelle regionali del giugno 1975, sullo sfondo degli scandali Pike e Lockheed. Il primo, ha rivelato i finanziamenti della Cia ai politici italiani e al generale Miceli, «per passarli ai neofascisti»; il secondo, le tangenti pagate dalla compagnia americana per spingere Roma a comprare i suoi aerei, che trascinano nel fango anche il presidente Leone. I rapporti che Volpe manda a Kissinger in quel periodo, ad esempio quello del 4 marzo 1976, sono molto allarmati: «Forse gli Stati Uniti hanno toccato il nadir della loro popolarità in Italia dalla fine della Seconda guerra mondiale».
KISSINGER
Gli scandali non stanno solo aiutando la sinistra, ma hanno diffuso tra gli stessi democristiani il sospetto che Washington li abbia alimentati per liberarsi della DC. Il 30 aprile del 1976 il governo Moro presenta le dimissioni, e la sera stessa Volpe invia un documento «segreto» di 29 pagine a Kissinger, con cui chiede di «usare tutte le risorse a disposizione del governo americano» per impedire la vittoria dei comunisti nelle elezioni politiche imminenti. «L' Italia - spiega l' ambasciatore - si trova davanti alla possibilità di veder entrare il Pci nell' esecutivo, attraverso le urne. Se ciò accadesse, sarebbe un profondo choc per il mondo occidentale». Eppure, nemmeno un anno prima, Volpe aveva proposto a Ford di consentire il «compromesso storico», per neutralizzare i comunisti accettandoli nel governo.
KISSINGER CON DONALD E MELANIA TRUMP gianni agnelli kissinger henry kissinger party alla casa bianca