Access to Google services is crucial for Huawei.
— Juro Osawa (@JuroOsawa) 20 maggio 2019
1) Half of Huawei's smartphone shipments are outside China.
2) Smartphones and other consumer products are Huawei's biggest source of revenue (nearly half of its $107B revenue in 2018).
DAGOREPORT
la nuova sede di huawei a milano
Davvero il bando di Android dai telefonini Huawei è l’inizio dei titoli di coda per il colosso cinese? Che significa davvero la mossa di Big G, che diventa inaspettatamente braccio armato di Trump nella guerra tech a Pechino?
Come scrive il Financial Times, bisogna fare un passo indietro e tornare a settembre 2018 e leggere alcune dichiarazioni di Eric Schmidt, ex amministratore delegato di Google e ex presidente di Alphabet. Secondo Schmidt entro il 2028 Internet sarà di proprietà degli Stati. O meglio, sarà diviso in due: una parte sarà governata dalla Cina, l’altra dagli Usa. Diciamo che il bando del sistema operativo Android dai telefonini cinesi è la giustificazione, il primo passo verso quella divisione.
Mi state dicendo che per colpa di Trump tra qualche mese dovrò fiondare il mio #Huawei nuovo dalla finestra?? pic.twitter.com/EjxpHCDq8a
— ?Anxanense ???? (@anxanense) 20 maggio 2019
È stato un @Honor_IT chiamare con voi. ? #Huawei #huaweiban pic.twitter.com/Ffz7XtEeFC
— Giovanni De Marco (@Spidaah) 20 maggio 2019
eric schmidt
Che succede, in pratica?
Succede che Huawei, da ora in poi e a meno di clamorose retromarce, sarà in grado di utilizzare soltanto la versione base, quella open source, di Android. I futuri telefonini prodotti a Shenzhen non potranno più accedere alle app (milioni di app) del Play Store, incluse Gmail, Youtube, Google Maps.
In alternativa, o meglio, per forza, Huawei sarà costretta a ricorrere a un sistema operativo proprietario, sul quale – si dice – sta lavorando dal 2012, ma che con molte difficoltà riuscirà in breve a diventare competitivo. La domanda è: senza Google, le sue applicazioni e la sua user experience, chi sarebbe disposto a comprarsi un cellulare Huawei?
Che c’entrano le frasi di Eric Schmidt?
google cina vignetta 1
C’entrano, perché il business di Huawei, che pure è ormai stabilmente il secondo produttore di smartphone al mondo dopo Samsung, procede su due piani – e due mercati – diversi. Il primo è quello cinese, dove le app di Google, come gran parte di quelle straniere, sono vietate, filtrate dal cosiddetto “Great Firewall”.
Il secondo è il mercato estero, soprattutto quello europeo: nel nostro continente, come scrive il Financial Times, tre quarti degli utenti usa un telefono Android, e Huawei ha poco meno di un quarto (sic!) del mercato degli smartphone.
E se i cinesi sono già abituati alle versioni alternative (le copie?) delle applicazioni come WeChat o Tencent, è piuttosto difficile che gli europei abbandonino Youtube o Gmail per passare a dei simulacri molto meno sicuri e di fatto controllati dal governo di Pechino.
Off topic: perché Google, che pare stia lavorando a una versione cinese del suo motore di ricerca, quindi di fatto collaborava con il governo di Xi Jinping, e che in passato ha persino fatto produrre uno smartphone - il Nexus 6p - a Huawei, ha preso questa decisione?
Ma quindi mi devo cambiare il cellulare? #Huawei pic.twitter.com/QfhRJqb1C5
— Datemiloxanax (@rosiropaura) 20 maggio 2019
XI JINPING DONALD TRUMP
La mossa di Google, in pratica, crea grossi – grossissimi ostacoli alle ambizioni di Huawei di diventare il primo produttore al mondo di smarthpone. Senza considerare che anche lo stop alla fornitura (di chip) da parte di Intel, Qualcomm e Broadcomm, potrebbe causare qualche problemino anche dal punto hardware.
Poi c’è tutta la questione 5g: le reti ultra veloci su cui Huawei ha un grosso vantaggio competitivo, principalmente per una questione di prezzi, e lo sta sfruttando costruendo di fatto l’infrastruttura di mezzo mondo – compresi una manciata di alleati storici degli Usa. Che farà Huawei? A differenza dei telefonini, non c’è praticamente concorrenza, e i cinesi potrebbero usare questa pedina per rompere le scatole a Trump.
Consumatore-tipo che ha appena acquistato in contanti un #Huawei p30 pro con assicurazione di 3 anni da mediaworld. #Android pic.twitter.com/lwu8gdxlzt
— WestHammer (@WestHammerSSL) 20 maggio 2019
thomas miao 1
Di fatto, come scrive Bloomberg, la guerra fredda tecnologica è cominciata, e forse i cinesi non aspettavano altro: adesso hanno un alibi per sviluppare un sistema operativo “made in China”, con i propri chip e implementarlo con i propri standard di sicurezza. La domanda finale è: che succede nei paesi inclusi nella via della Seta? In teoria potrebbero più facilmente passare alla “versione cinese” di Internet, ma a quale prezzo in termini di sicurezza? Insomma, da chi preferiamo essere spiati, dal nostro alleato storico (che peraltro è una democrazia) o dal Partito Comunista Cinese?
Per pochi. Rip pikkolo ancielo #huawei pic.twitter.com/4Cki9MK3EO
— Giacomo Favilla (@ooserjoo) 20 maggio 2019
TIM BERNERS LEE
Di certo, e forse prima del 2028, si creerà quella divisione anticipata da Eric Schmidt qualche mese fa: la creazione di una cortina di ferro digitale che separerà il mondo in due sfere tecnologiche mutualmente esclusive. Con buona pace di Tim Berners Lee, che donò il World Wide Web all’umanità.
xi jinping
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