
DAGOREPORT - PARAFRASANDO NANNI MORETTI, CON LEADER DEL CALIBRO DI ELLY SCHLEIN E DI GIUSEPPE…
DAGOREPORT - PARAFRASANDO NANNI MORETTI, CON LEADER DEL CALIBRO DI ELLY SCHLEIN E DI GIUSEPPE CONTE, ''IL CENTROSINISTRA NON VINCERA' MAI'' - IN TOSCANA, I DUE "GENI" HANNO TENTATO DI ESTROMETTERE IL “CACICCO” EUGENIO GIANI, REO DI SANO RIFORMISMO, CHE SI È DIMOSTRATO CAVALLO VINCENTE – IN CAMPANIA, INVECE, RISCHIANO DI ANDARE A SBATTERE CON IL CAVALLO SBAGLIATO, IL FICO DI GIUSEPPE CONTE, CHE TRABALLA NEI SONDAGGI: URGE UN FORTE IMPEGNO DI RACCOLTA VOTI DEL "CACICCO" TANTO DISPREZZATO DA ELLY: VINCENZO DE LUCA (CHE A SALERNO SE LA DEVE VEDERE CON IL CONCITTADINO E CANDIDATO DEL CENTRODESTRA, CIRIELLI) – CON L’INCONSISTENZA STORICA DEL M5S A LIVELLO LOCALE, IL “CAMPOLARGO” VA AL PIU' PRESTO ACCANTONATO: TROPPI "PRINCIPI" DIVERSI TRA PD E M5S PER UN'ALLEANZA, MEGLIO UNA COALIZIONE IN CUI OGNUNO CORRE COL SUO PROGRAMMA CERCANDO DI MASSIMIZZARE IL CONSENSO - SOLO DOPO IL VOTO, IN CASO DI VITTORIA, SI TROVA L'ACCORDO (E COME DIMOSTRA LA COALIZiONE DEL GOVERNO MELONI, LA GESTIONE DEL POTERE È IL MIGLIOR PROGRAMMA...) - VIDEO
DAGOREPORT
MEME SU GIUSEPPE CONTE E ELLY SCHLEIN - BY 50 SFUMATURE DI CATTIVERIA
Correva l'anno 2002 dell'era berlusconiana, quando Nanni Moretti, dopo aver ascoltato gli interventi dei leader dell'Ulivo Fassino, D'Alema e Rutelli, salì sul palco di Piazza Navona, e urlò il suo celebre j'accuse: "Con questi dirigenti non vinceremo mai!".
Rivedere il breve video dell'accorato intervento intervento diventato storia di Moretti, è cosa buona e giusta per ficcarsi definitivamente nella testa che con due leader come Elly Schlein e Giuseppe Conte "non vinceremo mai", e la signorina Giorgia e la sua Armata BrancaMeloni continueranno ad avere il consenso sovrano delle urne di essere liberi e belli di spadroneggiare come vogliono.
Unico baluardo alla loro onnipotenza da "Qui comandiamo noi!" resta fino al 2029, finché sarà il primo inquilino del Quirinale, quel santo uomo di Sergio Mattarella, armato della Carta costituzionale.
MATTEO SALVINI E ROBERTO VANNACCI - PONTIDA 2025
Il risultato delle elezioni regionali in Toscana toglie definitivamente la maschera a molta propaganda fasulla dei “Coma_Cose della politica italiana”.
Se Matteo Salvini ha perso la sua scommessa contro la Statista della Sgarbatella - la Lega vannaccizzata Decima Mas avrebbe dovuto drenare i voti dello zoccolo post-fascio di Fratelli d'Italia -, e si è fermata a un modestissimo 4,3%), Elly e Peppiniello escono con le ossa rotte.
Nessuno dei due cervelloni voleva ricandidare Giani, il “Joe Biden del Lungarno”, che non solo ha stravinto migliorando il risultato di cinque anni fa (quando batté la leghista Ceccardi di 8 punti percentuali, mentre adesso il distacco si è ampliato a 14), ma sarebbe riuscito a riconfermarsi anche senza allargare l’alleanza ai 5Stelle, che hanno preteso di storcere bocca sul programma e sui posti in giunta, senza averne la forza politica. Ergo: i voti.
È stata l'inadeguatezza di cultura politica di Elly Schlein a regalare a quel furbacchione di Conte uno spazio sovradimensionato rispetto all’effettivo peso elettorale, come del resto avvenuto nelle Marche e in Calabria, dove l’ex premier ha ottenuto anche la candidatura di Pasquale Tridico.
E com’è finita? Con una sonora sconfitta e con il M5S inchiodato alle stesse percentuali del 2021 (6,4%), in barba alla presenza come candidato presidente dell'inventore del grillino Reddito di Cittadinanza
È vero, d’altronde, che il Movimento 5 Stelle ha tradizionalmente un rapporto complicato con le elezioni regionali e comunali, non avendo un vero radicamento sul territorio.
Come tutti i movimenti d’opinione e di protesta trasformati in partiti, il "cambio di sesso" non ha mai funzionato. E i pentastellati non possono sfuggire alla volatilità del consenso e a un continuo spostamento umorale della propria base.
Conte, dal canto suo, se da un lato è riuscito a prendersi il Movimento, facendo fuori tutti i suoi oppositori, da Grillo a Di Battista fino a Virginia Raggi, dall’altro non riesce a smuovere la sua base e a portarla ai seggi.
Quando ai "movimentisti" un candidato non piace, non essendoci il collante di una parvenza di ideologia, non vanno a votare. O, peggio, sfogano la loro protesta votando a destra.
Questa anomalia conferma che gran parte degli elettori del M5S non hanno mai, davvero, apprezzato né digerito, l’alleanza con il Pd, quel dinosauro che una volta era l'obiettivo numero uno degli strali di Beppe Grillo, Di Maio e Di Battista (da “Parlateci di Bibbiano” a “Dateci un posto in giunta”).
roberto fico candidato in campania - il post del pd
Come potrebbe essere diversamente? Gli elettori pentastellati si muovono nel solco ideologico del “Fatto quotidiano” by Travaglio: "l'Europa è morta", indulgenza verso il Putin invasore, assediato il poverino dalle forze armate della Nato, opposizione netta al riarmo per una difesa comune europea e via confliggendo.
Un mix letale per un partito, il Pd, che dovrebbe guardare a Mattarella, invece che perdersi dietro a Francesca Albanese. Ma alla fine, se Il Movimento 5 Stelle non porta voti a livello locale, il Pd non può farne a meno a livello nazionale.
Senza il 13,4% di cui è accreditato Conte, il centrosinistra non potrebbe neanche competere per vincere le politiche. Certo, ci sono troppe differenze politiche e ideologiche, e allora come si cucina la minestra dell’opposizione?
LA STANZA DEL FICO - VIGNETTA BY CARLI - IL GIORNALONE LA STAMPA
Forse proprio abbandonando l’idea di creare un “campo largo”, inteso come spazio politico omogeneo e “testardamente unitario” su un impossibile programma comune, come dice Schlein.
Meglio sarebbe una più umile e pragmatica coalizione: ognuno corre con il suo programma, prova a intercettare il più ampio elettorato possibile, e solo dopo il voto, ci si mette a un tavolo per definire i possibili obiettivi di governo.
antonio tajani giorgia meloni matteo salvini
Provare a fare un'alleanza prima delle elezioni, per questo centrosinistra, è quasi impossibile.
Troppe questioni di principio, troppi distinguo ideologici, un eccesso di intransigenza, elettorati radicalizzati e capricciosi, e leader pippe senza sugo.
La via tracciata dal successo del centrodestra dovrebbe aiutare ad aprire gli occhi: Salvini, Tajani e Meloni sono in disaccordo quasi su tutto. Eppure, trovano nel sistema del potere un formidabile collante che da tre anni li tiene ben saldi alla guida del Paese.
vincenzo de luca con i figli piero e roberto
Se all’opposizione ci fossero leader che sanno fare politica, riuscendo anche a esprimerla con efficacia mediatica, probabilmente Giorgia Meloni avrebbe qualche difficoltà in più.
E se in Toscana Elly e Conte non ci avevano capito niente, tentando di defenestrare il cavallo vincente Giani, considerato spregiativamente un “cacicco”, in Campania potrebbe succedere l’opposto: i due si sono intestarditi sul cavallo sbagliato, Roberto Fico, che nei sondaggi non brilla.
A salvare la baracca ci dovrà pensare un altro “cacicco”, lo Sceriffo di Salerno, Vincenzo De Luca, con cui Elly, dopo averllo disprezzato e commissariato, ha già dovuto scendere a miti consigli accettando di affidare la segreteria regionale del Pd al figlio del governatore, Piero.
Ma non basta. De Luca, come Zaia in Veneto, dopo lunghi anni di amministrazione, non ci sta a sparire in silenzio: legittimamente, chiede una continuità e un riconoscimento per il bacino di voti che porta in dote.
Entrambi avrebbero voluto scegliere dire la loro sul successore: al Doge è arrivata una sonora sberla. Il candidato alla presidenza del Veneto, Alberto Stefani, è un giovane in quota Salvini, non ostile e stimato da Zaia, da una parte.
Dall'altra, sicuramente l'ex governatore non accetta che la Lista Zaia (accreditata dai sondaggi del 30% di consensi), fosse gettata nel cestino da Salvini su richiesta di Meloni che teme di perdere voti con Zaia in campo. Del resto, per ottenere la candidatura di Stefani e continuare a esercitare il potere sul Veneto, il "Capitone" qualcosa doveva concedere a Fratelli d'Italia (oltre la Regione Lombardia, fra due anni).
luca zaia matteo salvini massimiliano fedriga attilio fontana
De Luca, che a differenza di quel cacadubbi di Zaia è dotato di una leadership di ferro, è riuscito a battere i pugni sul tavolo ed a strappare a Elly non solo la presidenza del Pd campano per il figlio Piero ma ad ottenere le dovute garanzie di potere all'interno del prossimo consiglio regionale.
La partita dello Sceriffo di Salerno era partita male: dopo aver concordato con il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, la candidatura dell’ex ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, dal cilindro di Schlein e Conte è sbucato un “Masaniello alla pizzaiola” come Roberto Fico, che non gli ha mai risparmiato critiche feroci. Solo che in Campania, senza i voti di De Luca, il Fico diventa secco.
GIORGIA MELONI - EDMONDO CIRIELLI
C’è un dettaglio, infine, da non sottovalutare: la città campana determinante non sarà Napoli, dove Manfredi gode di grande consenso, ma quella di Salerno.
Il candidato del centrodestra, Edmondo Cirielli, è infatti di Salerno, come De Luca. Se in quella provincia “Don Vicienz’” non si impegnerà a mani basse, cosa succederà? Chi incasserà il dividendo dei suoi numerosissimi elettori?
Sanno, Elly Schlein e Conte, che se il campo largo dovesse malauguratamente perdere in Campania, dovrebbero presentare dimissioni ad horas? Ma anche una vittoria sul filo di lana, si trasformerebbe in una lama di ghigliottina...
roberto fico sergio costa
VINCENZO DE LUCA ROBERTO FICO
ELLY SCHLEIN - GIUSEPPE CONTE - IL SORPASSO - MEME BY IL GIORNALONE - LA STAMPA
eugenio giani al palio di siena indica le mucche
ELLY SCHLEIN E EUGENIO GIANI
eugenio giani ciclista
DJANI UNCHAINED
giuseppe conte e roberto fico
giorgia meloni antonio tajani matteo salvini
vincenzo de luca e luca zaia
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