Estratto dell’articolo di Alessandro Barbera per “la Stampa”
mario draghi
Uno dei motti preferiti dai sovranisti antieuro è in una lettera di John Maynard Keynes a Franklin Roosevelt a fine anni Trenta: «Il momento giusto per l' austerità al Tesoro è l' espansione, non la recessione». Chi sostiene l' utilità della spesa pubblica come stimolo all' economia dovrebbe tenere conto anche delle possibili controindicazioni: l' eventualità di tagli improvvisi per evitare il peggio.
RECESSIONE
È quel che accadde a dicembre 2011 con l' arrivo del governo Monti, è quello che potrebbe ripetersi nel 2019. Lo scrive la Banca centrale europea nel suo ultimo bollettino di quest' anno: «La mancata costituzione di sufficienti margini di bilancio in Paesi ad alto debito aumenta il rischio che i governi debbano inasprire le politiche nei periodi di rallentamento».
Che cosa accadrebbe se nei prossimi mesi - come prevedono in molti - l' economia mondiale entrasse in una nuova crisi? Accade più o meno ogni dieci anni, e i segnali che arrivano da Washington non promettono nulla di buono.
MATTEO SALVINI LUIGI DI MAIO GIUSEPPE CONTE
(…) Solo raramente il bollettino indica con precisione i Paesi sotto osservazione. Questa è una di quelle rare volte: «È particolarmente preoccupante la circostanza che la più ampia deviazione rispetto agli impegni assunti con il patto di Stabilità si riscontri in Italia, un Paese in cui il rapporto fra debito e pil è notevolmente elevato».
(…) Difficile dire quanto ci sia ancora di espansivo in una Finanziaria che - lo sottolinea l' Ufficio parlamentare di bilancio - riduce gli investimenti e aumenta la pressione fiscale di quattro decimali nel 2019, di otto nel 2020, e senza tenere conto dei possibili aumenti Iva. Il punto più delicato sono le condizioni di finanza pubblica che lascerà nei prossimi mesi. Prendiamo proprio il caso delle imposte sui consumi: dopo le ultime modifiche fra il 2020 e il 2021 ne sono previste per 52 miliardi di euro.
donald trump
(…) Francoforte invita a agganciare le cinture per almeno tre ragioni: «Le persistenti incertezze connesse ai fattori geopolitici, la minaccia del protezionismo, la vulnerabilità dei mercati», emergenti e non.
Donald Trump potrebbe presto vietare l' esportazione negli Stati Uniti delle tecnologie prodotte da due giganti della telefonia mobile cinese, Huawei e Zte. Che accadrebbe se una decisione del genere mandasse in crisi qualche anello debole dell' economia asiatica?
DONALD TRUMP XI JINPING
Il Bollettino ricorda che rispetto a vent' anni fa i rapporti di forza fra Oriente e Occidente sono cambiati drasticamente: oggi le cosiddette economie «emergenti» valgono metà del prodotto mondiale, dunque sono in grado di contagiare il resto del mondo in tempi rapidissimi. Rispetto a vent' anni fa molte di queste economie hanno valute più stabili e minori squilibri commerciali. Ma in molti casi la polvere è sotto al tappeto: «Grazie alle condizioni favorevoli dell' economia globale, negli ultimi dieci anni lo stock di debito denominato in dollari è cresciuto». Cosa accadrebbe - si chiedono a Francoforte - se ci fosse un rafforzamento inaspettato del dollaro? Quante volte si può ripetere uno scenario come quello turco? Di tutto questo - scrive in sostanza la Bce - il governo italiano si occupa poco o nulla. E non è una buona notizia per nessuno.
mario draghi MARIO DRAGHI