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    CHI C’È DIETRO AL BUSINESS DELLE NOTIZIE FALSE SUL VIRUS? (ANCHE) I RUSSI! – UN GIORNALISTA-YOUTUBER TEDESCO RIVELA DI ESSERE STATO CONTATTATO DA UN’AGENZIA DI MARKETING, CHE GLI CHIEDEVA DI DARE UNA NOTIZIA (FALSA) SULL’ALTO TASSO DI MORTALITÀ DEI VACCINATI CON PFIZER, DIETRO COMPENSO - LO STESSO È SUCCESSO A UN GIORNALISTA FRANCESE. IN ENTRAMBI I CASI LA PROPOSTA SAREBBE PARTITA DALL’AGENZIA ADNOW, DI COMPROPRIETÀ RUSSA - IL NIPOTE DI KENNEDY E L’OSTEOPATA JOSEPH MERCOLA: ALLA BASE DELLA STRAGRANDE MAGGIORANZA DELLE TEORIE COMPLOTTARE SUL VIRUS CI SONO SOLO 12 PERSONE...


     
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    1 - AVRESTE MAI DETTO CHE ALL'ORIGINE DELLA DISINFORMAZIONE SUL COVID E DELLE TEORIE DEL COMPLOTTO CI SONO SOLO 12 PERSONE? - I LORO POST HANNO GENERATO LA STRAGRANDE MAGGIORANZA DELLE FAKE NEWS - COMBINATI TRA LORO, QUESTI UTENTI COPRONO 59 MILIONI DI FAN - TRA I RESPONSABILI CI SONO UN MEDICO, UN BODYBUILDER, UN BLOGGER DEL BENESSERE, UN FANATICO RELIGIOSO E IL NIPOTE DI KENNEDY, ROBERT F. - ECCO CHI SONO...

    https://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/avreste-mai-detto-che-all-39-origine-disinformazione-covid-277006.htm

     

    mirko drotschmann mirko drotschmann

    2 - IL BUSINESS DELL'ANTI SCIENZA

    Flavio Pompetti per "il Messaggero"

     

    I vaccini contro il coronavirus sono una frode sanitaria, alterano il nostro codice genetico e ci trasformano in una fattoria di proteine virali senza un interruttore per spegnerla.

     

    La vera cura preventiva per il virus non è il vaccino, ma un dosaggio adeguato di vitamina D.

     

    leo grasset leo grasset

    Queste perle della disinformazione hanno una diffusione straordinaria nel web, e fanno presa su lettori confusi dall'incertezza che l'epidemia ha introdotto nelle nostre vite.

     

    La chiave di tale potere è la visibilità che hanno gli autori delle bufale, a cui la democrazia dei like assegna purtroppo autorevolezza anche se non sono altro che specialisti nello sfruttamento commerciale del dubbio.

     

    Manipolatori sempre pronti a saltare sul treno delle teorie complottiste, e a monetizzarle.

     

    Nelle ultime settimane allarmi sono giunti da un paio di giornalisti-influencer che avevano ricevuto strane richieste.

     

    FAKE NEWS SUI VACCINI SU YOUTUBE FAKE NEWS SUI VACCINI SU YOUTUBE

    Lo youtuber tedesco Mirko Drotschmann è stato contattato da un'agenzia di marketing che gli chiedeva di comunicare ai suoi 1,5 milioni di utenti, dietro compenso, una notizia «trapelata anonimamente» dalla comunità scientifica, secondo la quale tra coloro che hanno ricevuto il vaccino Pfizer c'è un tasso di mortalità tre volte più alto rispetto a quelli di AstraZeneca.

     

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    Incuriosito, Drotschmann ha approfondito la questione. Il rapporto non distingueva tra le cause di morte (infezione polmonare, infarto, o incidente d'auto), e prendeva a campione pazienti di paesi nei quali Pfizer domina il mercato dei vaccini, con AstraZeneca quasi assente.

     

    Il giornalista ha denunciato la frode su Twitter, e qui la sua protesta si è incrociata con quella del francese Léo Grasset il quale aveva rifiutato 2.000 euro di compenso per una simile proposta.

     

    La tv britannica Bbc ha scoperto una comproprietà russa dell'agenzia AdNow che è dietro la macchinazione.

     

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    Il sospetto è che la disinformazione fosse orchestrata per avvantaggiare le vendite di vaccini Sputnik nei paesi dominati dalla presenza di Pfizer. E se i due professionisti in Germania e in Francia si sono ribellati, almeno due grandi influencer: il brasiliano Everson Zoio e l'indiano Ashkar Techy si sono volentieri prestati al gioco, e i rimbalzi della notizia falsa sono ugualmente tornati ad affollare le pagine web nei due paesi europei.

     

    Più diretto è l'approccio negli Stati Uniti, dove in omaggio alla tradizionale imprenditorialità individuale, sono i singoli a concepire e a diffondere le falsità, e passare alla cassa dei profitti.

    joseph mercola joseph mercola

     

    Il Centro per la lotta contro l'odio digitale una settimana fa ha compilato la lista della sporca dozzina di specialisti che da soli contano il 70% delle menzogne sparse su Internet riguardo a Covid e vaccini, e si dividono una fetta pubblicitaria di 1,1 miliardi di dollari.

     

    IL RE DELLA MANIPOLAZIONE

    Tra questi il New York Times ha individuato, al secondo posto della classifica di pericolosità, nientemeno che un Kennedy: Robert jr., figlio di Bob. Ma il titolo di re della manipolazione. spetta all'osteopata Joseph Mercola di 67 anni, dei quali almeno la metà dedicati a perfezionare l'arte di seminare il dubbio e trasformarlo in profitto.

     

    Il novello Don Basilio dalle sue basi in Florida e nelle Filippine costruisce campagne di diffamazione, ad esempio contro i materassi a molle, che nelle ricerche scientifiche da lui citate sono poderosi propagatori di radiazioni nocive.

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    Poi propone rimedi nella forma di prodotti che portano il suo nome: dagli yogurt biologici agli immancabili integratori vitaminici. Questa paccottiglia da imbonitore gli ha permesso di ammassare una fortuna che lui stesso ha dichiarato all'erario superare i 100 milioni di dollari. Negli ultimi due anni il dottor Mercola e le dozzine di collaboratori che lo circondano hanno sparato a zero sull'epidemia.

     

    Sono seicento i messaggi diffusi su Facebook a suo nome che denunciano i vaccini, non solo inefficaci ma anche dannosi per chi li riceve. La vera prevenzione contro il virus ancora una volta è un adeguata terapia a base di vitamina D, a firma naturalmente del dottor Mercola. Si sarebbe tentati di liquidare la faccenda con una risata, se non fosse che il 97% dei ricoveri per Covid al momento negli Usa è fatto di persone non vaccinate, che magari sono tra gli 1,7 milioni di utenti della pagina Facebook del dottore.

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    2 - IL DOTTOR MERCOLA E LA «SPORCA DOZZINA» CHE PRODUCE DUE TERZI DI TUTTA LA DISINFORMAZIONE NO-VAX

    Massimo Gaggi per www.corriere.it

     

    «L’appello no-vax è un appello a morire», dice Mario Draghi. Ma anche Joe Biden una settimana fa, aveva usato espressioni altrettanto crude nei confronti di chi diffonde disinformazione sulle conseguenze del coronavirus e sull’efficacia dei vaccini. Il presidente americano se l’era presa, in particolare, con le reti sociali accusate di «uccidere la gente» perché consentono alle informazioni false sul Covid e sulle cure di circolare liberamente sui loro canali.

     

    robert f. kennedy jr robert f. kennedy jr

    Sotto accusa, come al solito, soprattutto Facebook che veicola attraverso le sue diverse reti, da Instagram a WhatsApp, circa i tre quarti del traffico dei social media. È un fenomeno diffuso da tempo e ben noto, ma il rallentamento della campagna vaccinale Usaproprio quando le varianti più aggressive tornano a riempire gli ospedali e a mietere vittime quasi sempre (97%) nel popolo dei non vaccinati accresce l’allarme politico e sociale per il comportamento dei disinformatori e delle reti sociali che non bloccano i loro messaggi falsi.

     

    joseph mercola joseph mercola

    Sotto i riflettori soprattutto la «sporca dozzina» delle 12 persone fisiche che da sole hanno prodotto i due terzi dei contenuti falsi contro le immunizzazioni fatti circolare negli Stati Uniti.

     

    Tra essi, al secondo posto come pericolosità, anche Robert Kennedy Jr, figlio di Bob Kennedy e nipote di JFK, il presidente americano ucciso a Dallas. Ma, oltre agli ideologi del no-vax, tra i dodici ci sono anche molti personaggi che hanno tratto profitto dal loro proselitismo antiscientifico, vendendo servizi di consulenza o prodotti di presunta medicina alternativa non testati, non autorizzati, a volte addirittura nocivi.

     

    robert kennedy jr a berlino robert kennedy jr a berlino

    Il New York Times racconta la storia di Joseph Mercola, un medico osteopata di 67 anni che, con oltre tre milioni di follower sulle sue pagine di Facebook in inglese spagnolo e altre lingue, guida la classifica della pericolosità sociale.

     

    Per decenni Mercola, che denuncia un patrimonio di oltre 100 milioni di dollari, ha diffuso veleni contro la medicina ufficiale propagandando e vendendo trattamenti alternativi non autorizzati e di efficacia non verificata: più volte denunciato e multato dagli enti di controllo federali, Mercola una volta ha anche patteggiato dando tre milioni di dollari di risarcimenti ai pazienti che aveva ingannato, oltre a pagare multe salate.

     

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    Tutto questo non gli ha impedito di tornare alla carica coi vaccini anti Covid: a febbraio li ha definiti una «frode medica», sostenendo che alterano il codice genetico trasformando l’organismo del vaccinato in una inarrestabile fabbrica di proteine virali. Tutto falso ma in poche ore il suo articolo è stato tradotto in varie lingue, dallo spagnolo al polacco e visto centinaia di migliaia di volte su social media (Mercola ha an che 300 mila follower su Twitter e 400 mila su YouTube) avidi di traffico.

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    Ma ora l’emergenza sanitaria può diventare la tomba della totale libertà e irresponsabilità per i contenuti immessi in Rete della quale il mondo dei media digitali ha goduto (a differenza del resto dell’editoria) fin dalla sua nascita grazie a una legge del 1996. Da anni si discute nell’opinione pubblica e in Congresso della opportunità di eliminare o drasticamente limitare la Section 230 di quella legge che all’alba dell’era digitale garantì totale immunità ad alcune imprese allora appena nate che, nel frattempo, sono diventati colossi onnipotenti.

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    Giovedì la senatrice democratica del Minnesota Amy Klobuchar, attivissima sul fronte antitrust con le sue proposte di legge per le quali si è sempre preoccupata di costruire un consenso bipartisan, ha presentato in Senato un’altra norma in base alla quale (se approvata) piattaforme social come Facebook, Twitter e YouTube perderebbero la loro immunità qualora non impedissero la diffusione sui loro canali di informazioni false su gravi emergenze sanitarie come il Covid-19. Questione comunque delicata dal punto di vista dell’intervento del governo perché spetterebbe al ministero della Sanità stabilire quali contenuti sono falsi e pericolosi per la salute pubblica de quali no. Certo, le reti sociali dovrebbero poi, comunque, essere giudicate dai tribunali. Ma perderebbero le protezioni attuali.

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