DUE GIORNI FA SU DAGOSPIA:
URSULA È INVIPERITA CON CONTE. NON BASTANO I VETI DI UNGHERIA E POLONIA O LA ROGNA-BREXIT: CI MANCA SOLO IL PREMIER ITALIANO CHE NON HA ANCORA PRESENTATO IL PIANO PER IL RECOVERY FUND (A DIFFERENZA DI SPAGNA E FRANCIA)
Dagospia, 17 novembre 2020
La situazione a Bruxelles è più rognosa di quanto non appaia: Polonia e Ungheria hanno messo il veto sul Recovery Fund perché non vogliono nessun riferimento allo stato di diritto (separazione dei poteri, autonomia della magistratura, stampa libera) tra le condizioni per ottenere i soldi del Next Generation EU, il ribattezzato Recovery Fund. In più resta in ballo la Brexit: entro lunedì bisogna capire se la trattativa va avanti o l'uscita del Regno Unito sarà senza accordo.
ursula von der leyen
Come se non bastasse, Ursula von der Leyen è inviperita con Conte. In tutti questi mesi il governo italiano non è riuscito a presentare il piano con i dettagli di spesa del Recovery Fund. Finché non arriva, la Commissione non può iniziare il (lungo) processo di valutazione e dunque non può erogare i fondi. Tanto che oggi la stessa Ursula twitta che l'Italia ha appena ricevuto 6,5 miliardi dal fondo SURE per il sostegno al lavoro ma che ''altri fondi arriveranno''.
Quali fondi però? Non lo può dire perché non ha nessun elemento in mano che glielo permetta. Come reagisce il nostro premier davanti alla furia della povera Ursula? Spiegando che da ogni ministero è arrivata una lunga lista di micro-piani, e che è molto difficile fare ordine tra tutte le richieste e produrre un unico progetto di investimenti e ripresa.
giuseppe conte roberto gualtieri
Pora stella, peccato che però Giuseppino trova il tempo di gira come una trottola per convegni, seminari, incontri, Stati Generali, presentazioni. Vuole dirci che ha più a cuore la propria immagine che l'urgenza di fare arrivare all'Italia i soldi necessari per uscire dal baratro della pandemia? Nel frattempo Francia e Spagna, ovvio, i loro piani li hanno presentati.
OGGI SU REPUBBLICA:
Estratto dall'articolo di Claudio Tito per ''la Repubblica''
Qualcosa a Bruxelles è cambiato. La linea di credito politico aperta a favore dell’Italia durante la prima ondata del Covid non è più illimitata. La fiducia che il governo di Roma rispetti la road map che conduce agli stanziamenti previsti dal Recovery Fund inizia a vacillare. E negli ultimi giorni nella Commissione europea si inizia - in maniera del tutto informale - a fare riferimento ad un potenziale caso Italia. La preoccupazione non riguarda più la capacità del nostro Paese di rispettare i parametri del Patto di Stabilità, al momento sospeso. Ma di presentare con puntualità il Recovery Plan.
coronavirus, il video messaggio di ursula all'italia 4
L’allarme è iniziato a risuonare la scorsa settimana, quando alcuni dei Paesi dell’Unione hanno depositato negli uffici della Commissione i loro Piani. L’ultimo di questi, ad esempio, è stata la Francia. La paura, dunque, è che l’esecutivo di Conte abbia ormai accumulato già un sensibile ritardo. Certo, i tempi non sono scaduti. Il limite oltre il quale si aprirà il baratro per il nostro Paese, però, non è lontano: la prima metà di gennaio. Meno di due mesi a disposizione, non più di 45 giorni se si considera la pausa natalizia.
Dopo le linee guida formulate a settembre, infatti, i passi avanti sono stati pochi. La situazione è seguita da Bruxelles con apprensione, soprattutto perché l’Italia è la prima beneficiaria dei 750 miliardi messi in preventivo dopo l’accordo di luglio al Consiglio europeo. A Roma ne sono stati riservati 127 di prestiti e 81 a fondo perduto. La Spagna, seconda classificata in questa speciale graduatoria, potrà contare su 140 miliardi. La Polonia su 63 e la Francia su 38. Eppure la macchina che doveva sfruttare una delle più grandi opportunità di rilancio e modernizzazione del Paese al momento appare imballata.
I singoli dicasteri fanno a gara a intestarsi una quota di fondi anziché organizzare progetti in grado di ottenere il via libera della Commissione. E molti ministri puntano l’indice sulla scarsa collaborazione tra la struttura degli Affari europei e quella dell’Economia. Non si tratta dei rapporti tra i due ministri, Amendola e Gualtieri, ma degli apparati poco propensi a cedere quote di competenze e quindi di potere. (…)
giuseppe conte luigi di maio enzo amendola
OGGI SUL GIORNALE:
PREMIER SENZA ALLEATI E SENZA PIÙ ALIBI
Estratto dall'articolo di Adalberto Signore per ''il Giornale''
(…) A Palazzo Chigi, non a caso, la preoccupazione è palpabile. Non solo per le frizioni con Bruxelles sul Recovery fund e per il grande gelo con il nuovo inquilino della Casa Bianca, ma anche perché ormai da giorni in Pd si va muovendo in una direzione che - agli occhi di un Conte in grandissima apprensione - ha il solo obiettivo di creare le condizioni per un nuovo scenario.
Del quale, ovviamente, l' attuale premier non è destinato a far parte. Non è una coincidenza che Conte vada boicottando da mesi l' apertura di un canale di dialogo con l' opposizione, al punto da far irritare pure il Quirinale. D' altra parte, non favorire un approccio unitario davanti ad una crisi sanitaria come quella che stiamo vivendo non è proprio una scelta lungimirante.
(…) Anche perché - al netto delle tensioni con il Pd e di un rapporto ormai irrimediabilmente compromesso con Luigi Di Maio - Conte rischia di pagare caro il deterioramento delle sue relazioni con l' Europa e con gli Stati Uniti. Sul primo fronte, si racconta di un grande fastidio di Ursula von der Leyen verso il nostro premier. L' Italia, infatti, a differenza di Francia o Spagna, ancora non ha presentato il piano con i dettagli di spesa per ottenere i fondi del Next generation EU. Cosa che sta indisponendo non poco la presidente della Commissione Ue, non tanto perché preoccupata dei destini italici, quanto perché la grana in questione rafforza quei Paesi - come Polonia e Ungheria - che hanno messo il veto sul Recovery fund.
PAOLO GENTILONI DAVID SASSOLI
La conseguenza di questa inattività - dovuta anche a un braccio di ferro interno al Pd tra il Mef guidato da Roberto Gualtieri e il ministero per gli Affari europei di Vincenzo Amendola - rischia di mettere l' Italia nella scomoda posizione di non riuscire ad accedere ai fondi. Un altro fronte che rischia di indebolire ancora di più Conte (contrario anche al Mes) quando Pd e pezzi di M5s potrebbero caldeggiare un cambio della guardia a Palazzo Chigi.