Simone Alliva per “L’Espresso”
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In principio era il sesso. Una forza potente, libera e primitiva. Presenza originaria, ingombrante per le religioni, che spesso tentano di incanalarla, controllarla e regolamentarla. Il sesso esiste e resiste da sempre. Eppure, oggi la mancanza di libido ed erotismo si estende davanti a noi come un inatteso arcipelago arido. È un tempo nuovo, molto diverso da quello che ci lasciamo alle spalle. In passato l’assenza di un argomento dalla conversazione, dal discorso pubblico, indicava in realtà una presenza molto forte.
Oggi è il contrario. Viviamo un’epoca di post-modernismo: le pensose riflessioni sulla definizione della propria identità sessuale non coincidono necessariamente con l’esperienza diretta della propria sessualità. «Ho pazienti giovanissime e giovanissimi che riflettono con competenza sulla loro identità, ma non hanno mai neppure dato un bacio», racconta a L’Espresso lo psicoanalista e psichiatra Vittorio Lingiardi.
gli asessuali hanno bassisima libido
Siamo indotti a credere che viviamo in un’epoca sessualmente liberata eppure la sessualità umana contemporanea, quella della generazione Z soprattutto, ribolle di verità sommerse. «Il conflitto tra ciò che la società ci impone di sentire e ciò che sentiamo realmente è probabilmente la principale fonte di confusione e sofferenza del nostro tempo», racconta Leo, 21 anni.
Il desiderio, l’intimità, il sesso sono in crisi. E già gli esperti parlano di “recessione sessuale”. Un fenomeno che arriva da lontano.
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In America, dal 1991 al 2017, il Centers for Disease Control and Prevention’s Youth Risk Behavior Survey ha rilevato che la percentuale di studenti delle scuole superiori che avevano avuto rapporti sessuali era scesa dal 54 al 40 per cento. In altre parole, nello spazio di una generazione, il sesso era passato da qualcosa che la maggior parte degli adolescenti ha sperimentato a qualcosa che la maggior parte non fa più.
Poi il 2020, l’arrivo del Covid-19 e il crollo inevitabile dei rapporti sessuali. L’Italia ha registrato in quell’anno un calo della libido dell’83 per cento, come ha affermato una ricerca promossa da Durex nell’ambito della campagna globale “Safe is the new normal”, realizzata in collaborazione con Anlaids, associazione per la lotta contro l’Aids. C’era già stato un tempo, molto simile, in cui il sesso libero (sempre consenziente, piccolo dettaglio ma non superfluo) aveva conosciuto una frenata.
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Era un’altra pandemia, quella dell’Aids. Oggi è invece un insieme di fattori a portare al ritiro dell’intimità, come spiega Vittorio Lingiardi: «Innanzitutto la vita online, che per molte persone, giovani o meno, si è mangiata buona parte della vita offline. Il fatto che la vita di molti si sia virtualizzata e il contatto con “la brutalità delle cose”, per citare un’espressione usata dalla psicoanalista Lorena Preta, si sia rarefatto, rende probabilmente più ritrose, insicure e vulnerabili, anche narcisisticamente, molte persone».
Un fenomeno che si inserisce in maniera sottile in un tempo fatto di incertezze sociali e sanitarie: «In generale», continua Lingiardi, «penso che, rispetto per esempio alla mia giovinezza, oggi la maggior esposizione dei corpi, e quindi la loro assenza dalla scena misteriosa e anche trasgressiva della loro esplorazione, li abbia paradossalmente resi meno “desideranti”. Potremmo dire, in modo un po’ provocatorio, che l’intellettualizzazione della sessualità l’ha resa più intelligente ma meno desiderante. A questo va aggiunto il capitolo sanitario, che ha un peso notevole.
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Se già l’HIV può avere contribuito a frenare lo slancio sessuale, certo la pandemia e il conseguente distanziamento fisico hanno fatto la loro parte. Soprattutto in alcuni adolescenti, magari già portati a una posizione di “ritiro”, il distanziamento sociale da pandemia può avere avuto una ricaduta negativa sulla capacità di costruire un’intimità. Consegnarsi all’intimità, del resto, non è mai stato semplice: si apprende a piccoli passi esplorando e mettendosi in gioco nelle relazioni. Il recente e sventurato, ancorché circoscritto, affacciarsi sulla scena del monkeypox ha poi ulteriormente incupito la scena».
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Nella scena, come la definisce Lingiardi, fa capolino sotto il cono di luce una comunità sempre più consapevole, rappresentata dall’ultima lettera nella sigla Lgbtqa, ma pochissimo raccontata: quella delle persone asessuali. Su di essa c’è una ricerca italiana dal titolo “Studio di validazione Sexual Desire and Erotic Fantasies nella popolazione asessuale” realizzata dallo stesso Vittorio Lingiardi e Filippo Maria Nimbi del Dipartimento di Psicologia Dinamica dell’Università La Sapienza di Roma.
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La prima sulla comunità asessuale in Italia e che L’Espresso racconta in anteprima: «Lo scopo di questa ricerca è stato quello di esplorare possibili differenze nell’espressione del desiderio sessuale e delle fantasie erotiche in termini di contenuti, emozioni e frequenza tra le persone che appartengono allo spettro asessuale», spiega il dottor Nimbi: «Parola che include asessuali, demisessuali, grey-sessuali e questioning, cioè persone che si stanno interrogando rispetto al proprio orientamento asessuale».
Lo studio ha coinvolto 1.041 persone italiane che dichiarano di appartenere allo spettro asessuale reclutate tramite internet e i social network. L’età dei partecipanti è tra i 18 e i 25 anni, in prevalenza donne (69 per cento) e persone non binarie (14,7 per cento), seguite da persone che si stanno interrogando rispetto alla propria identità di genere (8,5) e uomini (7,8). I partecipanti definiscono il proprio orientamento sessuale come demisessuale (31,8), asessuali (28,5), grigio-asessuali (11,9) e questioning (27,8). Quasi il 60 per cento riporta di essere single.
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Le persone asessuali riportano più bassi livelli di desiderio di masturbazione e di attività sessuale con un partner rispetto a tutti gli altri gruppi, una minore frequenza di fantasie se confrontati con altri gruppi. Questa differenza non viene vissuta in maniera ostile dalle persone asessuali, le quali non riferiscono disagio o emozioni negative riguardo alle proprie fantasie. Come spiega Nimbi: «All’interno dello spettro asessuale c’è un mondo di esperienze diverse con la sessualità e può essere riduzionistico considerare una persona asessuale come semplicemente non attratta dal sesso».
Che non sia una categoria omogenea lo conferma la stessa comunità. Becks ha 22 anni e il suo approdo alla comunità “Ace” (abbreviazione fonetica di “asexual”) arriva in piena adolescenza: «Avevo 14 anni, stavo con il mio primo e unico ragazzo ma qualcosa non andava. Non ho mai amato molto il contatto fisico. Solo abbracci, tenersi per mano, darsi baci a stampo. Tutto il resto non mi interessava, pensavo di essere sbagliato. Poi ho fatto una ricerca e ho scoperto tramite il web tutte le definizioni delle sessualità. Ho deciso che per un anno avrei continuato a conoscere persone per capire se c’era attrazione fisica e sessuale. Non c’era. A 15 anni ho iniziato a identificarmi come asessuale. Sto bene così. Ho una libido ma non è rivolta agli altri e se ho desideri li soddisfo da solo».
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Non è così per Samuele che ha 21 anni: «Moltissime persone asessuali sentono la loro libido e la soddisfano da soli, io invece ho anche una libido molto bassa. Mi sono sempre sentito sbagliato, sin dall’adolescenza. Fingevo di provare qualcosa che non avevo. Poi ho conosciuto il mondo dell’asessualità e mi sono ritrovato». Oggi Samuele è fidanzato con una ragazza, non asessuale. «Ma ci sono molti modi di essere intimi con una persona: io creo intimità parlando, condividendo attività, tenerezze».
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Alice, che di anni ne ha appena 18, insiste: «Ci sono molte cose che vanno oltre le relazioni sessuali che ci vengono vendute come se fossero il centro della società. La nostra identità non finisce soltanto con il desiderio». Sembra farle eco Andrea, 24 anni: «L’asessualità più diffusa di quello che si pensa. Ci sono donne che fanno sesso con il compagno semplicemente per accontentarlo ma non trovano soddisfazione nell’atto in sé: anche quella è una forma di asessualità».
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Ma quanto l’approdo sull’arcipelago del mancato desiderio è frutto di pensieri lunghi e autocoscienza? «Sono stato tentato a fermarmi un attimo e pensare il perché di questa mia mancanza», risponde Samuele: «Poi sono arrivato alla consapevolezza che poco importa. Lascio questa ricerca alle persone più esperte, agli studiosi, sperando che riescano a tenere gli occhi aperti sulle esperienze delle persone e del loro sentire. Io per adesso sto bene così».
Proprio sul tema il panorama scientifico resta diviso. Per Lori Brotto, psicologa clinica e sessuologa ricercatrice presso la University of British Columbia, l’asessualità è un orientamento sessuale al pari dell’eterosessualità, dell’omosessualità e della bisessualità. «E va distinta dall’astinenza sessuale, che è la decisione consapevole di non fare sesso anche in presenza di desiderio sessuale. Negli individui asessuali, il desiderio di sesso non esiste né è mai esistito».
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Per altri, e tra questi Vittorio Lingiardi, «il ritiro o il disinteresse per la vita sessuale può rimandare a molti e diversi percorsi di sviluppo e di personalità. Provo a elencarne alcuni, che ovviamente possono intrecciarsi: un temperamento biologicamente poco propenso alla ricerca sessuale, la timidezza, l’insicurezza o l’evitamento come tratti caratteristici della propria personalità o del proprio sistema di meccanismi di difesa, oppure come conseguenze di precedenti esperienze spiacevoli o addirittura traumatiche. Detto questo, lo spettro dei comportamenti cosiddetti “asexual” è molto ampio, dal disinteresse all’indifferenza alla repulsione.
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Un’altra riflessione che un buon clinico dovrebbe fare, di fronte a queste tematiche, riguarda il rapporto tra la vita fantasmatica (desideri e fantasie) e l’esperienza nella vita reale. A questo aggiungerei una riflessione sul ruolo svolto dalla sessualità online (anche ma non necessariamente dalla pornografia) nella vita di un individuo. È un fenomeno segnalato, inevitabilmente auto-etichettato, amplificato online, su cui è utile sia sociologicamente sia psicologicamente, avviare una riflessione».
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Il dibattito resta aperto. Le nuove generazioni camminano alla ricerca di un’identità tra le lettere di una sigla che diventa sempre più lunga – bisex, gay, lesbica, etero, pansessuale, asessuale... – e che punta a comunicare chi siamo e cosa desideriamo: «Anche se va detto che non esiste un vero asessuale. Se vi sembra una parola utile, usatela. Quel che importa è quanto a fondo capiamo noi stessi, e non in che misura corrispondiamo a chissà quale idea platonica del nostro orientamento. Termini come asessuale sono solo strumenti per aiutare le persone a capirsi meglio». Proprio come sostiene David Jay, l’attivista asessuale di maggior rilievo al mondo, ritenuto il fondatore del movimento asex.
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