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    CI SCORNIAMO PURE SU 'NA TAZZULELLA 'E CAFÈ - ERANO STATE PRESENTATE DUE CANDIDATURE, UNA IN VENETO E L'ALTRA NAPOLETANA, PER IL RITO DELL'ESPRESSO COME BENE IMMATERIALE DELL'UMANITÀ UNESCO: MA PER LA COMMISSIONE INTERMINISTERIALE "VANNO UNIFICATE". E COSÌ LA CORSA SI È FERMATA PER UN ANNO IN ATTESA DI TROVARE UN ACCORDO - SECONDO QUALCUNO AVREBBE PIÙ CHANCE L'OPZIONE PARTENOPEA: LA CULTURA DEL CAFFÈ SOSPESO, LA TRADIZIONE DEI GRANI TOSTATI REGALATI PER CONSOLARE DAL DOLORE DI UNA PERDITA...


     
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    Gabriele Principato per il “Corriere della Sera

     

    caffe al bar caffe al bar

    Italiano o napoletano. La disfida sull'identità culturale e sociale del caffè in tazzina è aperta. Intanto, però, è costata la rinuncia da parte della commissione nazionale per l'Unesco a chiederne il riconoscimento di «Bene immateriale dell'umanità». Almeno per quest'anno.

     

    Per capire la vicenda bisogna tornare indietro di qualche tempo. La candidatura del «rito del caffè espresso italiano tradizionale» era stata presentata ufficialmente nel 2019. Qualche mese dopo, era arrivata quella della «cultura del caffè espresso napoletano».

     

    dieta e caffe' 4 dieta e caffe' 4

    La prima, patrocinata dall'omonimo consorzio trevigiano di tutela, si concentrava sull'importanza del consumo della bevanda come rito quotidiano: divenuto simbolo di un'intera nazione.

     

    La seconda, promossa dalla Regione Campania, vedeva al centro le torrefazioni centenarie, i locali storici e le peculiari abitudini sociali stratificatesi nei secoli a Napoli. E già raccontate all'inizio dell'800 nel Viaggio in Italia dello scrittore tedesco Johann Wolfgang Goethe.

     

    macchinetta per caffe' nespresso macchinetta per caffe' nespresso

    Nei mesi scorsi il confronto fra esperti, tecnici e politica su quale candidatura presentare è stato incessante. Alla fine, però, nell'impossibilità di scegliere fra i due dossier, il ministero delle Politiche Agricole ha deciso di presentare entrambe alla commissione interministeriale che, dopo averle valutate, ha invitato i proponenti a unificare i dossier «per un'eventuale candidatura congiunta l'anno prossimo».

     

    Trasmettendo, invece, al team di valutatori dell'Unesco, la domanda del Festival Tocatì: la rassegna veronese dedicata alla salvaguardia degli antichi giochi di strada. «Un'occasione mancata per l'universo del caffè italiano», spiega Carolina Vergnano, quarta generazione della famiglia alla guida dell'omonima e storica azienda piemontese, attiva dal 1882.

     

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    «In un momento di incertezza come quello attuale avrebbe rappresentato una boccata d'ossigeno: non solo per noi produttori, ma anche per tutti gli italiani che durante questi mesi di lockdown hanno dovuto rinunciare al rito quotidiano dell'espresso al bar», aggiunge.

     

    «È necessario che il settore faccia sistema: abbiamo un prodotto noto e apprezzato nel mondo e dobbiamo essere compatti, tenendo sotto un unico cappello, senza discriminazioni e polemiche, i meravigliosi riti del caffè made in Italy».

     

    conte caffè conte caffè

    Una bevanda trasversale, che nel nostro Paese vale 3,9 miliardi di euro di fatturato. E dà lavoro a oltre 7.000 persone, in più di 800 torrefazioni. «Del resto il caffè è da sempre un prodotto che unisce. Basti pensare quanto la sua cultura in Italia sia capillare: si trovano torrefazioni antiche e moderne da Nord a Sud, così come usi e tradizioni: dall'espresso napoletano, a quello triestino, passando per il bicerin piemontese», chiosa Carolina Vergnano.

     

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    È proprio per questa eterogeneità di interpretazioni e culture riguardo la preparazione di questa bevanda che, secondo alcuni, avrebbe più chance la candidatura partenopea. «Mentre nel resto del Paese ci sono tante usanze intorno al caffè, in Campania il gesto è il medesimo e rappresenta una pratica antica, legata a socialità e convivialità. Proprio come l'arte del pizzaiuolo napoletano, riconosciuta dall'Unesco nel 2017», spiega Mario De Rosa, direttore marketing di Caffè Borbone, azienda campana che tosta 1.800 tonnellate di grani al mese, per un fatturato complessivo di 220 milioni di euro nel 2020.

     

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    «Per rendersene conto bastano pochi esempi: la cultura del caffè sospeso, cioè regalato a un estraneo che non può permetterselo. O il caffè della consolazione, l'uso da parte di vicini e parenti di regalare i grani tostati per consolare dal dolore di una perdita. Gesti che sono ormai parte integrante dell'identità campana, tanto da essere raccontati, ad esempio, nel teatro dei fratelli De Filippo o nei film di Totò o Sophia Loren», spiega.

     

    «Non è una questione di divisioni, ma di caratteristiche. È l'espresso napoletano che potrebbe avere quelle più aderenti a ciò che l'Unesco richiede: l'aspetto antropologico legato al culto e alla convivialità».

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