Riccardo Pieroni per www.businessinsider.com
clubhouse
Il social network più popolare di inizio 2021 è già finito nel dimenticatoio. Clubhouse, la piattaforma basata sulla voce e lanciata nel marzo 2020 da Paul Davison e Rohan Seth, inizia a scontare alcuni limiti e problemi.
Le sue stanze sono meno affollate di quanto si possa immaginare. Il calo d’interesse in Italia da parte di curiosi, utenti e media è stato certificato anche dalle ricerche su Google. Infatti, se l’hype era elevato a inizio febbraio – come mostrano le statistiche di Google Trends – già a inizio marzo si nota una minore attenzione verso il social. Inoltre secondo SensorTower le recensioni negative su Clubhouse superano di gran lunga quelle positive.
CLUBHOUSE
Ma c’è un ulteriore aspetto che va tenuto presente. Anche nel momento di maggiore popolarità il social basato sulla voce era una cosa che in Italia riguardava probabilmente qualche decina di migliaia di persone. Una piccola comunità molto attiva, dotata di iPhone (al momento l’app funziona solo con Ios) e interessata a far parte di un club esclusivo e ad interagire in stanze a cui possono accedere (per ascoltare o parlare) un massimo di 5.000 persone.
INTERESSE VERSO Clubhouse SECONDO I DATI GOOGLE
Una netta differenza rispetto a piattaforme da milioni di utenti attivi e che ora sono pronte a competere sullo stesso terreno. È il caso di Twitter, che vuole lanciare la sua nuova funzione Spaces – in pratica delle chatroom audio – a partire da aprile.
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I limiti
“Clubhouse richiede una quantità di tempo impossibile perché se non sono connesso nell’orario in cui c’è un evento che mi interessa me lo perdo. Questo accade perché le stanze non possono essere registrate. O si rimane sull’app tutto il giorno o risulta inevitabile non poter fruire di certi contenuti, che svaniscono e non lasciano tracce”, spiega Pierluca Santoro, esperto di marketing e comunicazione e project manager di DataMediaHub.
stanze di clubhouse
Ciò che succede sul social infatti non ha possibilità di essere condiviso altrove e di arrivare quindi a più persone. A ciò si lega uno dei punti di forza ma allo stesso tempo di debolezza di Clubhouse: l’esclusività. Secondo l’esperto di marketing e comunicazione questo concetto “o lo applichi veramente e crei il club dei miliardari oppure, ora come ora, con questa semi esclusività legata al sistema operativo è soltanto un grosso problema”.
la app clubhouse
Un altro limite del social è l’assenza di verifiche sui contenuti, cioè le voci degli utenti che interagiscono. “Non c’è nessun controllo su quello che viene detto in diretta e all’interno delle stanze. C’è il rischio che possano crearsi situazioni sgradevoli o che non vengano verificate minimamente le cose affermate dagli utenti. Si tratta di un problema concreto. Se già l’intelligenza artificiale e i controlli e i filtri di altre piattaforme, di cui si è discusso molto in questi anni, faticano ad ottenere risultati figuriamoci una roba che è in diretta e subito dopo scompare”, afferma Santoro.
room su clubhouse
A ciò va aggiunto che l’utilità nel comunicare all’interno del social appare poco comprensibile visto il ristretto bacino di utenti. “Perché io ente pubblico, impresa, testata giornalistica o chiunque abbia interesse nel comunicare dovrei investire un budget e del tempo per dialogare con qualche migliaio di persone? Non ho altri posti dove incontrarli? Quali sono gli obiettivi di marketing che come brand, ente o organizzazione mi pongo? Molto meglio lavorare sulle piattaforme dove si è già presenti piuttosto che andare a cercare di fare i fenomeni su Clubhouse”, nota il project manager di DataMediaHub.
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I problemi
La natura e l’impostazione stessa della piattaforma poi costringono a rimanere connessi per tanto tempo e a non concedersi distrazioni. “L’audio è da sempre un sottofondo rispetto a quello che facciamo. Pensiamo all’ascolto delle radio o dei podcast, che avvengono mentre facciamo altre cose. Magari stiamo guidando una macchina o stiamo cucinando. Clubhouse invece ti costringe a fare un’unica cosa: rimanere connesso al social”, evidenzia Santoro.
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L’audio ha inoltre “un problema di rappresentazione. Come per la forma scritta non ha tutta quella parte di comunicazione non verbale che troviamo invece nei video. Dico questo per evidenziare quanti equivoci possibili si possono instaurare durante un’interazione su questo social”.
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C’è poi la questione del trattamento dei dati, già sollevata a febbraio dal Garante per la privacy per le “troppe violazioni delle regole italiane ed europee”. “Se entro su Clubhouse non mi pare sia chiaro dove vadano a finire i dati. Inoltre c’è il problema della rubrica telefonica. I nostri contatti non vengono affatto tutelati. Ci sono altri social molto più attenti a questi aspetti e che permettono di operare una serie di opzioni che consentono maggiori accortezze”, afferma l’esperto di marketing e comunicazione.
nuova app clubhouse
E in merito anche a una probabile crescita degli utenti dovuta all’arrivo dell’app per Android – su cui stanno lavorando due ingegneri – Santoro esprime le sue perplessità:
app clubhouse
“Certamente la platea si può allargare ma ciò comporterà una serie di grattacapi in più. Innanzitutto aumenteranno i problemi legati al mancato controllo dei contenuti che circolano nelle stanze. Secondo aspetto: se la piattaforma fino ad oggi ha fatto dell’esclusività il suo punto di forza e di attrazione con l’allargamento questo elemento che la distingueva rispetto agli altri social non esisterà più”.
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