Gianluca Veneziani per “Libero quotidiano”
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Ma diteci di quali gravi colpe si è macchiata Desiré Manca, quale affronto grave alla Costituzione, quale attentato alla Repubblica, alle sue regole, al suo decoro e al suo (buon)costume ha compiuto per meritarsi gli attacchi feroci di tante donne che, nel peggiore dei casi, l' hanno definita una poco di buono, nel migliore una persona inadeguata a rivestire, è il caso di dire, un incarico politico. E il tutto perché la suddetta Desiré, neo-consigliere regionale dei 5 Stelle in Sardegna, ha osato indossare alla sua prima seduta un abito con ampia scollatura sul seno prosperoso, ricoperto solo da un velo di tulle. Apriti cielo: vergogna, indecenza, al rogo!
Ebbene ieri la Manca - che in passato aveva azzardato molto di più, mostrando il suo décolleté e tenendo in mano un busto del Duce - ha rilasciato un' intervista al Corriere della Sera in cui ha raccontato cosa le è toccato subire al tempo in cui tutti, a parole, celebrano la libertà della donna.
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«Ho ricevuto più attacchi femminili che maschili», ha detto. «Certe donne sono le peggiori nemiche delle donne. Devono essere complessate o gelose. O soffrono di non saper osare». Indubbiamente la Manca ha ragione: dietro quegli attacchi ci sono invidie, gelosie, incapacità di solidarietà di genere, come si suol dire, e di far squadra tra donne. Ma forse c' è anche qualcosa di più radicato, ossia il cortocircuito stesso dell' ideologia femminista che a lungo ha predicato la completa padronanza del proprio corpo da parte delle donne, rivendicando il diritto all' amore libero, al sesso senza procreazione («l' utero è mio e lo gestisco io»), e anche ostentando la propria nudità come strumento di protesta politica (vedi il caso recente delle Femen).
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Un corpo dunque non più stereotipato, non soggetto a cliché, non imprigionato negli schemi della tradizione, della religione, della morale pubblica, e neppure dei ruoli sociali, della natura e del genere di appartenenza. Fai di te stessa ciò che vuoi, era il senso. Ora curiosamente quello stesso femminismo ha assunto, soprattutto dopo gli scandali del Me Too, una piega neo-puritana, moralistica, non limitandosi a condannare abusi e molestie da parte maschile, come è legittimo che sia, ma pretendendo dalla donna una castità nell' essere e nell' apparire, una sobrietà pubblica e privata tale da considerare peccaminosa, volgare, riprovevole qualsiasi ostentazione di femminilità o abbigliamento un po' più ardito. È come se si fosse passati a una sorta di morale «Sì, il seno è mio, ma non posso gestirlo io».
MORALISMO
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E questo tono moraleggiante diventa ancor più forte se si ricopre un ruolo pubblico, quasi che la politica debba necessariamente coniugarsi con portamenti e comportamenti austeri, adeguati alle aule sorde e grigie in cui si svolge, e non abbia diritto anch' essa a una manifestazione di bellezza; quasi insomma che, poste le capacità politiche di fondo (unico requisito fondamentale), non si possa essere al contempo ministro delle Forme e delle Riforme, parafrasando quanto disse la bella Maria Elena Boschi.
O quasi che basti l' outfit per giudicare qualcuna unfit, cioè incapace di far politica Tutte le donne che ora attaccano la Manca dovrebbero pertanto non solo chiederle scusa, ma dovrebbero anche ringraziarla perché l' esponente pentastellata, semplicemente indossando quell' abito, ha mostrato la grande libertà di cui è capace l' Occidente, in cui una donna non solo nel privato ma anche nel pubblico può esibire le sue forme senza che ciò comprometta minimamente la sua immagine (anzi, la esalta) e le sue doti professionali.
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O forse le femministe di cui sopra preferiscono vedere i volti e i corpi delle donne velati da niqab e burqa? Forse preferiscono il velo integrale al raffinato velo che fa effetto vedo-non vedo sulla scollatura? Forse sognano di importare in Italia il Medioevo islamico? Noi, di certo, alle Boldrini, Mogherini e Bonino che si presentano col velo in testa nei Paesi musulmani preferiamo la "svelata" Manca
FINTE EDUCANDE
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Da ultimo, c' è una ragione estetico-filosofica a legittimare a pieno la mise della politica grillina, ossia l' idea che Bello e Vero spesso possano coincidere: la verità, e lo avevano capito già i greci che la chiamavano appunto alétheia, cioè «senza velo», non vuole coperture, ama essere nuda e spoglia, un Vero privo di Velo. E allora, anziché di sepolcri imbiancati e di finte educande, manifesti viventi di ipocrisia, viene spontaneo fidarsi di più di chi osa qualche trasparenza. E lo fa in nome della Trasparenza e della Fedeltà a se stessi. Perché, come dice la grillina, «non mi vesto per apparire ma per essere. Essere me, senza complessi». E a lei, da questo punto di vista, non Manca proprio nulla.
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