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Marco Giusti per Dagospia
Una buona notizia. Torna il cinema civile di Marco Tullio Giordana. E’ stato presentato oggi fuori concorso al Festival di Locarno, e uscirà il 22 agosto in sala, “La vita accanto”, melodramma familiare diretto da Marco Tullio Giordana, premiato a Locarno con un Pardo d’Oro alla carriera e non scordato regista di “La meglio gioventù”, che proprio quest’estate ha avuto un forte passaggio in streaming, tratto dal romanzo omonimo di Maria Pia Veladiano che già Marco Bellocchio aveva opzionato per farci un film, tanto da scrivere una prima sceneggiatura con Gloria Malatesta.
Il progetto, già fortemente segnato dalla prima scrittura di Bellocchio, passa dalle sue mani a quelle di Marco Tullio Giordana, tra i pochi registi rimasti della generazione post-68 o post-Nouvelle Vague o post-bertulluciana o post-bellocchiesca. G
iordana, alle prese con un progetto che aveva già in sé molti elementi di cinema bellocchiesco, la famiglia, il disagio di un figlio, anzi una figlia diversa, una madre che la rifiuta fino a impazzire, legami non chiari tra il padre, freddo professionista, e la zia musicista, sua sorella, la provincia, in questo caso Vicenza, così poco trattata dal cinema, ricostruisce con grande eleganza il kit preparato da Bellocchio.
la vita accanto - valentina belle marco tullio giordana
Riscrive qualcosa, opta per un maggior realismo e meno melodramma, chiama a collaborare un musicista di grande talento come Dario Marianelli, premio oscar per “Espiazione”, perché sviluppa la parte musicale, anzi pianistica del film, pianista è la zia, pianista è la bambina diversa che diventerà una ragazza, e chiude un cast di attori molto bellocchieschi. A cominciare da Paolo Pierobon, il padre, che abbiamo appena visto come Papa Pio IX in “Rapito”, e vedremo a Venezia come D’Annunzio in “M” di Joe Wright e a Roma come Andreotti in “La grande ambizione” di Andrea Segre.
Ma è molto giordaniana la scelta della zia nubile, una sempre strepitosa Sonia Bergamasco, che ricorderete già in “La meglio gioventù”, e è un giusto azzardo quello di Valentina Bellé come la madre che non accetta una figlia diversa, ha una voglia viola sul volto (nel libro, invece, era mostruosa). Per la ragazzina sceglie attrici diverse, come Sara Ciocca, ormai una piccola star, ma soprattutto la bella vera pianista Beatrice Barison che fa Rebecca cresciuta.
Come in un melodramma matarazziano la situazione si sviluppa tutta in famiglia. Nasce una bambina che ha una diversità, la voglia viola, appunto, che la segnerà a vita (ma ne siamo proprio sicuri?). La madre non l’accetta. E la bambina cresce tra la zia e il padre, che forse hanno un rapporto incestuoso. E allora, forse ripeto forse, la voglia viola è quasi un segno che una famiglia così ricca e così chiusa nel suo benessere/malessere borghese espelle come allarme di qualcosa di grave e che non potrà essere ritenuto segreto per sempre.
Giordana si muove su tutti questi elementi, tipici del cinema italiano del 900 (eh, sì…), con grande maestria. E riesce, forse proprio perché non è un suo progetto, a passare dal cinema d’autore al cinema di genere, dal melo all’horror gotico anni ’60, coinvolgendo nel progetto i suoi bravissimi attori. Da vedere. In sala dal 22 agosto.
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