DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Marco Giusti per Dagospia
“Da qualche parte in Sicilia”. La risposta italiana al Joker pare proprio che sia “Iddu”, mafia movie, non ce la faccio a scrivere biopic con un titolo così siciliano, dedicato a Matteo Messina Denaro e alla sulla rete di amicizia che tanto lo hanno protetto nella lunga latitanza, diretto da due specialisti come Fabio Grassadonia e Antonio Piazza e interpretato da due star del cinema italiano come Toni Servillo e Elio Germano.
Partito benissimo in sala in questi giorni. Ha anche un grande titolo finalmente chiaro. Almeno per i siciliani. Già che tornino i mafia movie, scrivevo da Venezia, dove il film era stato presentato in concorso, è una buona notizia. Che un mafia movie venga presentato in concorso a Venezia, è un’altra buona notizia.
Personalmente, amo il cinema di genere, e già è un piacere vedere Servillo che si costruisce il suo personaggio, il “Preside”, un napoletano di Castellammare di Stabbia diventato potente sindaco democristiano legandosi alla mafia e poi passato da sei anni di galera a una libertà che lo trova ostaggio della polizia, per non parlare di Elio Germano che riesce a farci paura come Matteo Mesina Denaro, boss in cattività detto “Iddu” e “U Pupo”, solo con un paio di occhiali scuri.
toni servillo elio germano iddu
Anche se qualche personaggio, l’ispettrice di Daniela Marra, la vedova di Barbora Bobulova che ospita il latitante Elio Germano non ci sembra abbastanza sviluppato, altri, come l’ispettore nordico di Fausto Russo Alesi, un po’ troppo urlato, altri come quello di Tommaso Ragno e Chiara Basserman evidentemente tagliati al montaggio e non si capisce perché, la costruzione del racconto di mafia ambientato nel 2004, cioè vent’anni fa, quando ancora il boss sembrava imprendibile, si segue volentieri. Anche se non tutto viene sviluppato.
Magari il film soffre, ma non vorrei che fosse una deformazione dopo tante serie viste, proprio di una logica da tempo cinematografico, quindi limitato. Chiaro che ci saremmo aspettati un passo seriale, ma non c’è, esattamente come accadde già in “Adagio” di Stefano Sollima. Con un passo seriale, lo abbiamo visto nella visione dal divano, si ha più tempo per costruire meglio i tanti personaggi e sviluppare il curioso gioco dei pizzini tra il Preside uscito di galera e il boss chiuso nella casa della Bobulova come fosse in galera.
Un gioco che tocca i rapporti padre-figlio del boss, che mette in mezzo il suo figlio non riconosciuto. Non c’è l’azione che ci saremmo aspettati, ma forse aspettavamo un film diverso da questo. Alla fine “Iddu” offre bei momenti di recitazione ai due protagonisti, a una Antonia Truppo notevolissima come sorella del boss.
Ha anche bei dialoghi da commedia sulla politica di questi ultimi anni (“adesso li vogliono imbecilli e incompetenti” dice il Preside lanciando il genero, bidello della sua scuola, in politica). Come spesso accade non ha poliziotti simpatici. Ma questo sviluppa una sorta di vecchio modello di poliziottesco dei tempi di Castellari che può non dispiacerci. In sala.
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