1 – QUATTRO PARTITI NEI CINQUE STELLE «IL MOVIMENTO? COSÌ NON C'È PIÙ»
Emanuele Buzzi per il “Corriere della Sera”
di battista di maio
Balcanizzato. Polverizzato (rispetto ai consensi del 2018). Eppure fondamentale nei delicati equilibri politici di questa stagione d' emergenza. Il Movimento 5 Stelle si presenta così: diviso in mille rivoli e unito da due sole condizioni, il no al Mes e all' ipotesi di un governissimo.
E anche chi tra i pentastellati non vede di buon occhio il premier Giuseppe Conte, è pronto a scommettere sulla tenuta dell' esecutivo. La fronda ribelle sulle nomine - capeggiata da Alessandro Di Battista - ha alimentato nuove tensioni interne, che il reggente Vito Crimi (in prima linea per tenere compatti i Cinque Stelle) sta facendo di tutto per placare.
C' è chi tra i vertici spinge per l' elezione di un nuovo capo politico «al più presto», prima della fine del lockdown, in modo da poter ripartire con un nuovo assetto. C' è chi, invece, vorrebbe dar vita a un nuovo soggetto che possa dare sostegno all' esecutivo. Beppe Grillo è lontano - secondo quanto sostengono nel M5S - intento a risolvere prima le questioni familiari.
luigi di maio vito crimi
«Il Movimento non c' è più», dice un big, ma in realtà quello che rimane dei Cinque Stelle è suddiviso in almeno quattro macro-aree, a loro volta atomizzate in frazioni in grado pure di contendersi ruoli e temi all' interno di una stessa area.
DESCALZI GRILLO
Ci sono i progressisti - eredi in parte dell' ala ortodossa - che vedono di buon occhio l' alleanza di governo e vorrebbero anzi una coalizione più stabile e duratura, pur mantenendo un' identità indipendente (e se possibile con una forte connotazione ambientalista). Alcuni come Roberto Fico, Stefano Patuanelli e Federico D' Incà hanno ruoli istituzionali e di governo.
giuseppe conte con mascherina e fraccaro
C' è poi un fronte moderato, che di fatto rappresenta il nerbo di governo del Movimento. Frontman in questa fase sono lo stesso Crimi, il capo delegazione Alfonso Bonafede e il sottosegretario Riccardo Fraccaro, su cui sono piovuti oneri e onori di una gestione complessa, fatta di compromessi sempre più indigesti ai parlamentari.
E se sulle nomine c' è chi parla di «autogol», questo rende ancora più intransigente la posizione sul Mes. Stella polare dei moderati è Luigi Di Maio, che rimane in questa fase regista nell' ombra, l' uomo della diplomazia e dei temi economici.
LUIGI DI MAIO NELLA REDAZIONE DEL FATTO CON MARCO TRAVAGLIO
LUIGI DI MAIO ALESSANDRO DI BATTISTA BY LUGHINO
Sganciati ci sono i neo-pragmatici, anello di raccordo dialogante tra le varie sensibilità. Tra loro ci sono Emilio Carelli e Stefano Buffagni, considerato uomo «di garanzia» tra le diverse anime del M5S e che fa da ponte con le voci del Nord come i consiglieri regionali Dario Violi e Jacopo Berti.
Nello scacchiere non potevano mancare i movimentisti, che sono dati in forte crescita (l' appello sulle nomine è stato condiviso da quasi il 20% degli eletti M5S), ma che raccolgono uno spettro che va dai terzomondisti ai sovranisti. E a loro volta hanno due profili differenti.
patuanelli fraccaro
Alessandro Di Battista con l' ex ministra Barbara Lezzi e l' europarlamentare Ignazio Corrao guida l' ala di piazza, che è pronta a scendere in campo per contendere la leadership. Poi ci sono i big storici riformisti con anima a sinistra come Nicola Morra, Paola Taverna e Max Bugani. Cinque Stelle sì, ma almeno quattro partiti.
2 – DI BATTISTA MINA IL GOVERNO IL M5S SI SPACCA
Annalisa Cuzzocrea per "la Repubblica"
Alessandro Di Battista non avrebbe potuto fare di più, per mettere mine sulla strada già accidentata del governo Conte. Nel giro di pochi giorni, l' ex deputato ha lanciato un avvertimento sul Mes che imbriglia - ancora - il lavoro del premier in Europa. Ha scatenato gli europarlamentari di quella che è ormai la sua corrente contro il recovery fund, spingendoli a votare "no" nonostante il gruppo avesse deciso di astenersi.
barbara lezzi
mario giarrusso
Ha lanciato un appello contro le scelte fatte per le partecipate di Stato - soprattuto contro la conferma dell' ad di Eni Claudio Descalzi - aggiungendoci sotto una trentina di firme.
Ha scatenato insomma una campagna per il congresso che - quando mai gli Stati generali del Movimento si terranno servirà a definirlo come ultimo custode dell' intransigenza a 5 stelle in contrapposizione a Giuseppe Conte e a Luigi Di Maio, che alla partita delle nomine non si è sottratto neanche stavolta (quasi certo nel Consiglio di amministrazione di Leonardo il compagno di scuola dell' ex capo politico, Carmine America, ora suo consigliere alla Farnesina. Mentre il nome dell' ex ministra Elisabetta Trenta, anche lei in ballo per un posto da consigliere, sarebbe solo un modo per intralciare quello del' ex ministra dello Sviluppo Federica Guidi).
descalzi
«Alessandro non vuole solo lanciare un' opa sulla guida dei 5 stelle dice uno dei deputati che lo conosce meglio e da più tempo - in realtà lui e i suoi mirano a far cadere Conte, perché pensano che stia "normalizzando" il Movimento. Vogliono tornare all' opposizione». Quale che sia il piano, di certo non serve a stabilizzare. L' uscita dell' ex deputato sul Fatto quotidiano - con l' Italia che dovrebbe puntare su un ipotetico asse con la Cina assicurato dal lavoro di Di Maio - mette in imbarazzo sia l' ex capo politico che il premier.
Mattarella Descalzi e marcegaglia
Che si ritrova inserito in un progetto antieruopeo e antiatlantico con l' idea - addirittura - che la Cina vinca una sorta di «terza guerra mondiale » e che all' Italia convenga stare al suo fianco.
Giuseppe Conte ha provato a spiegare al capo-delegazione M5S, Alfonso Bonafede, che non è il momento di uscite del genere. Che tutto serve a un Paese che lotta contro una crisi sanitaria ed economica senza precedenti, tranne questo: confusione, divisione, una delegittimazione continua dell' operato del governo. Così ieri il reggente Vito Crimi ha convocato un' assemblea d' urgenza per spiegare quale ratio ha ispirato gli accordi sulle nomine.
luigi di maio xi jinping
E per permettere al sottosegretario alla presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro, finito insieme al viceministro del Mise Stefano Buffagni nel mirino dei contestatori, di dire com' è stato cercato l' accordo col Pd.
A partire da una raccomandazione che era arrivata dal Quirinale: cambiare gli amministratori delegati di Enel, Eni, Poste e Leonardo, aziende quotate e strategiche per il Paese, in questo momento significherebbe sottoporle a una fase di ambientamento che l' Italia non può permettersi. Non dice proprio questo, Fraccaro, ai parlamentari arrabbiati e desiderosi di condivisione. Dice però: «Abbiamo provato, ma la situazione è talmente grave che non si può spingere su un cambio dei vertici adesso. Ci è stato chiesto un surplus di responsabilità».
Fraccaro sa che sulle chat dei parlamentari girano immagini buffe che lo accusano di non aver saputo trattare. Ma sa anche che se ci sono attivisti infuriati con lui, ci sono molti eletti arrabbiati con Di Battista. «Il metodo degli appelli con le liste è divisivo e poco corretto», dice Crimi.
MARIO MICHELE GIARRUSSO
E la fichiana Gilda Sportiello, in una chat comune, non esita a definire Di Battista uno «sciacallo al pari di Salvini». Se l' aria è questa, se il presidente della Commissione anti-mafia Nicola Morra ha prima firmato l' appello contro Descalzi e poi chiamato tutti per dire che lui non voleva, aveva frainteso.
Se tra le firme c' è una dimaiana di ferro come la vicepresidente della Camera Maria Edera Spadoni, che dal ministro degli Esteri si è fatta addirittura sposare, si capisce come riportare l' ordine non sarà facile.
Ma si proverà con un classico: oggi dovrebbe essere espulso il senatore Mario Giarrusso, che non ha restituito la parte dello stipendio promessa. E dai probiviri dovrebbe partire una procedura di sospensione nei confronti dei 4 europarlamentari "sovranisti" Corrao, D' Amato, Pedicini ed Evi che per la seconda volta - dopo il no alla von der Leyen - non hanno rispettato la decisione del gruppo.