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    VUOI MORIRE? DEVI PAGARE - UN MARCHIGIANO DI 44 ANNI, PARALIZZATO DA 12 ANNI A CAUSA DI UN INCIDENTE STRADALE, HA OTTENUTO IL VIA LIBERO PER MORIRE CON IL SUICIDIO ASSISTITO MA L'ASL GLI HA CHIESTO CINQUEMILA EURO PER I COSTI D'ASSISTENZA - L'INDECENTE RICHIESTA HA INNESCATO UNA RACCOLTA FONDI PER COPRIRE I COSTI DELLA PROCEDURA DELL’EUTANASIA E IN POCHE ORE L’OBIETTIVO È STATO RAGGIUNTO - IL CASO DI FABIO RIDOLFI, CHE HA CHIESTO LA SEDAZIONE PROFONDA PERCHÉ LO STATO TARDA A RISPONDERGLI SUL SUICIDIO ASSISTITO…


     
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    Giusi Fasano per il “Corriere della Sera”

     

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    La legge non c'è quindi lo Stato non può farsi carico dei costi dell'assistenza. Ma l'assistenza è necessaria per garantire un diritto a un uomo. E allora come la mettiamo? La risposta è anche questa volta nel buon cuore della gente, il solo sul quale si può contare quando serve una reazione immediata e solidale fatta di azioni, in questo caso di donazioni.

     

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    È stata avviata una raccolta fondi e nel giro di tre ore è stato raggiunto l'obiettivo: quell'uomo vedrà finalmente riconosciuto il suo diritto di morire con l'aiuto dello Stato. Non serviva una grande cifra, in realtà: cinquemila euro. Semmai bisognava scovare un cavillo capace di azzerare i costi e offrire a lui l'assistenza dovuta. Ma la sensibilità delle persone ha fatto più in fretta. Stiamo parlando di Mario, 44 anni, che non si chiama così ma che il Paese intero ormai conosce con quel nome. 

     

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    È il marchigiano che per primo in Italia ha ottenuto, appunto, il diritto di morire con il suicidio medicalmente assistito. Ci sono voluti due anni di carte bollate, ricorsi, denunce penali, solleciti. Ma lui non è tipo da arrendersi e alla fine ha vinto. La guerra di resistenza fra lui e la sua Asl di riferimento (la Asur Marche) è finita pochi mesi fa e Mario - paralizzato da 12 anni a causa di un incidente stradale - ha ottenuto il via libera definitivo, compreso il consenso per il tipo di farmaco da utilizzare e la modalità di somministrazione.

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    In sostanza può lasciare questo mondo se e quando vuole. Ci sarà un macchinario che azionerà lui stesso e che porterà nelle sue vene il farmaco letale, sotto il controllo di un medico e con i suoi familiari accanto.

     

    Non c'è più nessuno che possa obiettare qualcosa sul suo diritto di scegliere. Lui - il solo finora - può decidere qual è il limite invalicabile delle sue sofferenze, il punto esatto in cui ha più senso morire che vivere. Servono però un medico, un farmaco e la strumentazione per dire addio al mondo e tutto quanto assieme costa, appunto, più o meno cinquemila euro.

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    Per morire, in sostanza, Mario dovrebbe dare fondo ai pochi soldi che ha da parte. Ed è per questo che gli attivisti dell'Associazione Coscioni, che seguono da sempre il suo caso, hanno deciso di lanciare ieri una raccolta fondi per aiutarlo. Per stare alla sua parte anche in quest' ultimo, ultimissimo passo. Hanno avviato le donazioni sul loro sito a metà pomeriggio. Alle 19 i cinquemila euro che servivano erano già ampiamente superati. Alle 22 la cifra era salita oltre gli 11 mila euro e sarà ben di più stamattina. 

     

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    «Ogni risorsa aggiuntiva versata sarà utilizzata per promuovere l'eutanasia legale», hanno fatto sapere i promotori in serata. Tutto questo - va da sé - non sarebbe necessario se il Parlamento si occupasse del fine vita con una legge che, al momento, sembra non essere priorità per l'agenda di nessun partito. Se la politica prendesse decisioni sul diritto a una morte dignitosa non servirebbero altri Mario in lotta, come ce ne sono. E Fabio Ridolfi, anche lui marchigiano, 46 anni, vorrebbe il suicidio assistito invece di chiedere (come ha fatto) la sedazione profonda perché lo Stato tarda a rispondergli e - ha detto - «io non ce la faccio più a soffrire così». 

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    Una legge darebbe anche garanzia di assistenza e lo Stato potrebbe farsi carico dei costi sanitari. Invece il fine vita di Mario - per dire - passa per l'umiliazione di far conoscere al mondo la modestia economica della sua famiglia. Il buon cuore della gente, dicevamo. Alla fine quello lo «salverà». Morire per lui è la sola salvezza dalla sofferenza, e il desiderio - esaudito - era che la solidarietà delle persone gli consentisse di farlo senza il dispiacere di lasciare debiti a sua madre.

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