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    "SENZA SIMONE CAMINADA SAREI DIVERSO, MI TIENE SALDO ALLA REALTA'..." - DOPO CHE LA CASSAZIONE HA CONFERMATO LE SUE "INDISCUSSE CAPACITÀ COGNITIVE E DI MEMORIA", E DUNQUE CAPACE DI "CONTROLLARE LA GESTIONE DEL PROPRIO PATRIMONIO”, GIANNI VATTIMO TORNA A SUONARE IL FLAUTO AL SUO ASSISTENTE: "E' FONDAMENTALE. ORMAI CI CAPIAMO A PRIMA VISTA. IL PROCESSO A SUO CARICO? DIFFICILE CHE SI ARRIVI AD UNA CONDANNA. MI SEMBRA UNA DI QUELLE COSE CHE…" 


     
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    Pantaleo Romano per mowmag.com

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    Sono circa le 12 di un afoso lunedì mentre salgo le scale di un palazzo seicentesco nel cuore di Torino.

     

    Al terzo piano mi aspetta uno dei più grandi intellettuali italiani, un filosofo che ha lasciato il segno nella sua disciplina con il concetto postmodernista di “Pensiero debole”, un pensatore che per anni ha passato la vita tra università, impegno politico e conferenze internazionali (l’ultima tenuta nel febbraio 2022 alla veneranda età di 86 anni). Una vita che gli ha dato tanto, una vita impegnativa, ma anche “divertente” come mi dirà sorridendo durante l’intervista. Entro nell’appartamento e sono circondato da quadri, opere d’arte e librerie che avvolgono ogni stanza.

     

    Ad accogliermi in casa Simone Caminada, da circa dieci anni assistente personale del docente. Un parquet leggermente scricchiolante mi porta nel soggiorno dove seduto in una poltrona mi aspetta il professor Gianni Vattimo. Appoggiati su un tavolino accanto a lui ci sono i principali quotidiani italiani, sgualciti e ormai abbandonati dopo la lettura. Mi saluta amabilmente con un sorriso, stringendomi delicatamente la mano. Simone gli passa un foglio con le domande che ho preparato ed il professore s’immerge nella lettura. Lo avevamo già incontrato lo scorso anno (come nel video-reportage realizzato da Gianmarco Aimi che vedete qui sopra), ma ora qualcosa è cambiato. 

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    Perché non sono stati semplici gli ultimi anni in casa Vattimo. Dal 2018 infatti la procura di Torino ha cercato di dimostrare l’incapacità del professore di prendere decisioni autonome. Un procedimento che, come scrive La Nation, ha preoccupato finanche Papa Francesco, amico di lunga data del professor Vattimo ben prima di essere nominato pontefice. È così che di punto in bianco lo studioso vede assegnarsi un amministratore di sostegno che avrà il compito di gestire i suoi soldi (il quale spenderà circa 10 mila euro in più nel biennio 2018-2020 rispetto alla gestione di Caminada). L’ipotesi è che Simone voglia circuire Vattimo per arricchirsi. Il processo che vede coinvolto Caminada non si è ancora concluso mentre la parola fine è stata posta sulla vicenda che ha riguardato lo studioso.

     

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    Il 27 maggio è infatti arrivata dalla Cassazione la sentenza che ritiene inammissibile l’appello della procura. Una sentenza che pesa, giacché, oltre a considerare il professore “persona lucida e correttamente orientata, […] capace di controllare la gestione del proprio patrimonio” ha rigettato completamente l’appello della procura, aggiungendo che “deve essere escluso il ricorso all’istituto (dell’amministrazione di sostegno, ndr) nei confronti di chi si trovi nella piena capacità di autodeterminarsi […] in quanto simile utilizzo implicherebbe un’ingiustificata limitazione della capacità di agire della persona”.

     

    Insomma, una lezione di diritto da parte dei membri della Cassazione ai ricorrenti della procura. Si tratta di una sentenza che potrebbe essere importante anche per il processo di Caminada, visto che a questo punto sembra difficile parlare di circonvenzione d’incapace.

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    Al massimo si potrebbe parlare di “circonvenzione di capace” come scrisse ironicamente anni fa Marco Travaglio in un suo editoriale. La vicenda, comunque, non impensierisce il professore. Ormai definitivamente libero dall’amministratore di sostegno, Vattimo vuole mettersi alle spalle le questioni giudiziarie e magari tornare a fare conferenze come un tempo. “Purtroppo logisticamente, vista anche l’età del professore, è più difficile che in passato, ma in futuro vedremo” dice Caminada. Dopo pochi minuti Vattimo alza lo sguardo dal foglio sgualcito e con un cenno del capo mi fa capire che è pronto per rispondere alle mie domande.

     

    Professor Vattimo, innanzitutto come sta dopo la sentenza della Cassazione che la libera definitivamente dall’amministratore di sostegno?

    In questi anni mi sono sentito molto limitato, molto debole. Devo dire però che ormai, dopo 4 anni, era diventata un’abitudine, una cosa che passa quasi in secondo piano e che dopo l’iniziale difficoltà tutto sommato non ne ho sofferto molto.

     

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    Come l’ha fatta sentire, dopo una vita intera dedicata al pensiero e al ragionamento filosofico, essere considerato non capace di scegliere autonomamente della propria vita?

    A dir la verità è una vicenda che non mi ha ferito più di tanto. Come ho detto la prima richiesta di amministrazione è stata più dura da accettare e a quella ho reagito molto negativamente. Poi francamente non è me n’è importato niente di quello che voleva da me il procuratore Giulia Rizzo, sinceramente non ho mai sentito questo provvedimento come qualcosa che riguardasse me direttamente.

     

    Lei è stato sempre un gran viaggiatore, ora che la sentenza definitiva è arrivata le piacerebbe tornare a fare viaggi fuori dall’Italia?

    Si molto! Direi che quella sarebbe la cosa che mi piacerebbe fare di più. Ormai sono in una condizione che rende più difficili i grandi viaggi di un tempo; mi dispiaccio un po’ se penso a tutte le possibilità che avevo di incontrare persone, vedere posti diversi. Nel frattempo però le cose si sono ridimensionate e non ho più l’esigenza di muovermi come un tempo.

     

    Da ormai 10 anni nella sua vita è presente Simone Caminada, assistente che la segue non solo nei viaggi ma anche e soprattutto nell’amministrazione della quotidianità. Come descriverebbe il vostro rapporto?

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    Beh direi che Simone per me è fondamentale nella vita quotidiana. Senza di lui penso che sarei diverso. In qualche modo mi tiene saldo alla realtà.

     

    Le sta accanto, la consiglia a volte?

    Mah, mi consiglia più o meno, più che altro ormai ci capiamo a prima vista e c’intendiamo subito.

     

    Il processo penale che pende a carico di Caminada potrebbe avere una svolta positiva dopo la sentenza della Cassazione che la libera dall’amministratore di sostegno. È preoccupato per l’esito del processo che vede coinvolto il suo assistente?

    Preoccupato non credo proprio. Pare talmente assurdo l’insieme che è difficile che si arrivi ad una condanna. È vero che il procedimento è strano ma non lo sento come un fatto grave, mi sembra più una di quelle cose che passano e che non hanno a che fare con la nostra vita.

     

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    Dopo una vita frenetica ora si gode la tranquillità del suo appartamento Torinese. Guardandosi indietro cosa pensa della sua storia e della sua carriera?

    Penso di aver avuto un passato molto più divertente e interessante di quanto non immaginassi. Sono piuttosto grato di quello che mi è successo perché tutto ha seguito un percorso ed è andato bene. Da ragazzo immaginavo la carriera accademica ma non l’impegno politico. Non credo di essere cambiato dai tempi in cui ero ragazzo, è come se tutto avesse seguito una logica… Da ragazzo ricordo di non aver mai voluto essere diverso da com’ero, questo è molto strano a ben pensarci, però è andata così.

     

    I giovani vivono spesso l’incertezza del futuro. Ai suoi tempi c’era lo stesso tipo di interrogativo?

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    Credo che fosse abbastanza simile ad ora. Se penso a com’era la lotta per il futuro direi che l’attenzione per questo tema non è cambiata. Rimane difficile però paragonare quella che era la visione del futuro in quegli anni con la visione che si ha del futuro adesso.

     

    Sono due punti di vista che si confondono. Quello che è cambiato è sicuramente la realtà delle classi sociali. In passato c’era un nesso più stretto tra quello che un ragazzo era e quello che stava diventando. C’era molta più sensibilità riguardo l’appartenenza ad una classe sociale, il riconoscersi con i compagni.

     

    Lei è uno dei più grandi studiosi di Friedrich Nietzsche ed in questi tempi si parla molto di un’espansione del nichilismo, chiamato anche come “ospite inquietante” dal Professor Umberto Galimberti e prima ancora da Martin Heidegger. Ritiene che sia così?

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    Sento molto la mancanza di una direttiva che sostituisca quella che io avevo un tempo. Si sente molto più “nichilismo” nella società e la saturazione che esso ha raggiunto è più negativa che positiva. Inoltre oramai i valori rimasti sono davvero pochi. C’è un generale atteggiamento nichilistico nella società che si sente nettamente. Ciò che è difficile è comprendere dove porterà. Dal mio punto di vista siamo ancora nella fase esperienziale della caduta dei valori, quello che verrà dopo non si può immaginarlo.

     

    Si è definito un “comunista cristiano” che in quanto tale ha sempre rifiutato la violenza dello stalinismo in favore di una dialettica della tolleranza. Come vive la guerra tra Russia ed Ucraina alla luce del suo pensiero politico? Ritiene che supportare militarmente l’esercito Ucraino sia la scelta giusta?

    Penso che valutare questa guerra sia difficile perché non si capisce dove si va a finire. A che punto siamo? Che succede? È come se ci fosse un continuo ribaltamento per il quale fare previsione sugli esiti futuri risulta molto complesso.

     

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    Non credo che si arrivi ad una guerra mondiale. Sono troppo prudenti per usare l’atomica. In questi casi si arriva sempre ad un certo punto e poi si frena. Per quanto riguarda l’Ucraina sono favorevole a rispettare la Costituzione, che nell’articolo 11 vieta l’utilizzo della guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, ma fino che punto? Quando? Perché? Fornire armi all’Ucraina o no?… francamente su questo sono un po’ incerto.

     

    La sua vita ha attraversato quasi tutto il ‘900, un secolo complesso che ci ha portato in questa “modernità liquida”. Quali pensa siano i cambiamenti più importanti che ha vissuto?

    Credo senza dubbio che la caduta del muro di Berlino sia uno dei momenti, forse il momento decisivo del ‘900. Abbiamo assistito ad una trasformazione radicale di paradigmi e istituzioni che hanno accompagnato la caduta del muro. Stiamo ancora vivendo gli effetti di quell’accadimento. La nascita di internet anche ha comportato un cambiamento radicale, tuttavia credo che la caduta del muro abbia avuto un impatto più profondo nella società, un cambiamento totale dei paradigmi che vigevano all’epoca.

     

    Parliamo del panorama politico italiano. Come crede che arriveranno i partiti politici alle prossime elezioni?

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    Secondo me molto male, nel senso che avremo sempre meno democrazia e sempre più “ordinaria amministrazione”, perché in realtà è questo che sta avvenendo: “ordinaria amministrazione”. Non sono molto fiducioso per gli anni a seguire. Anche con il PNRR credo che saranno fatte delle scelte di “ordinaria amministrazione” dove tutto resterà a livello di piccoli provvedimenti aggiustativi e niente più, senza un progetto politico solido alla base. Certo poi si vedrà…

     

    Lei in passato ha militato nel Partito Comunista, ora il partito è rinato con Marco Rizzo. Cosa ne pensa di questo progetto? Ha le sue simpatie?

    Sì certo, ha le mie simpatie. Non so fino a che punto mi identificherei con il loro pensiero però sicuramente è un progetto che mi interessa e mi riguarda in qualche modo. Sa, bisogna considerare anche le dimensioni di questo partito, tuttavia le idee che hanno sono interessanti ed infondo si tratta di un partito positivamente diverso da quello che si aspettava. Insomma come progetto non sembra tanto da buttare ecco.

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    C’è un messaggio che vorrebbe lasciare alle nuove generazioni e a quelle future?

    Probabilmente gli consiglierei di ascoltare molto. “Ascoltare chi?" Lei mi chiederà. Ascoltare l’evento, l’accadimento… Ascoltare più che dire, ascoltare più che parlare.

     

    Le faccio una ultima domanda sul suo amico Umberto Eco. Cosa le manca di più di lui?

    Lui è quello che mi manca di più. Mi mancano, non solo le cose che ho imparato da lui, ma anche le cose che non ho imparato. È come sentire la mancanza di qualcuno che avrebbe ancora qualcosa da dire. Come se la mancanza superasse le cose che ha fatto e detto, come se ci fosse qualcosa in più che mi manca di Eco, un qualcosa che non riesco a dire, che mi sfugge. Forse è la sua amicizia, vai a sapere…

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