Marco Mobili e Giovanni Parente per www.ilsole24ore.com
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Oltre 8 miliardi di imponibile Irpef e un tax gap di circa 1 miliardo di euro, ossia la differenza tra quanto potenzialmente dovuto allo Stato e quanto realmente versato dai lavoratori domestici. Per tradurla in due parole: colf e badanti ogni anno evadono non meno di 960 milioni cui si devono aggiungere relative addizionali regionali e comunali Irpef che fanno salire il conto oltre il miliardo di euro. Si tratta di numeri che hanno spinto il Governo ad inserire nel piano di contrasto all’evasione che dovrà essere adottato con la manovra di bilancio e il decreto fiscale collegato anche i lavoratori domestici.
La stretta allo studio
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Nulla è stato ancora deciso ma l’idea, per il vero già avanzata dalla Lega nella primavera scorsa, sarebbe quella di introdurre una ritenuta d’imposta (del 10 o del 20% al massimo) sulle somme pagate ai lavoratori domestici. Per non complicare la vita alle famiglie trasformandole in sostituti d’imposta l’idea allo studio potrebbe prevedere l’applicazione della ritenuta in coincidenza con il versamento trimestrale dei contributi previdenziali.
In quell’occasione il lavoratore si vedrà trattenere dallo stipendio mensile le ritenute che saranno versate dal datore di lavoro o direttamente con il bollettino Inps o con un altro meccanismo semplificato di versamento. L’obiettivo è quello di recuperare nelle casse dello Stato quel miliardo di euro che oggi manca all’appello.
Tra dipendenti e autonomi
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Saranno anche un pilastro del welfare italiano, si pensi al ruolo di assistenza che svolgono il più delle volte per carenza del servizio pubblico, ma per il Fisco italiano sono a tutti gli effetti lavoratori dipendenti con qualche anomalia nel corretto rispetto degli obblighi e degli adempimenti fiscali.
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Dall’analisi di questo mondo, infatti, i lavoratori domestici adottano comportamenti economici tipici dei lavoratori autonomi con una propensione ad adattare la propria tassazione. Il che vuol dire che in non pochi casi tendono a restare ai margini dei quella fatidica soglia degli 8mila euro con cui oggi è delimitata la no tax area. Almeno stando a quanto emerge dalla relazione sull’evasione e l’economia non osservata allegata alla Nota di aggiornamento al Def ora in discussione al Senato.
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La fotografia del Fisco
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Il rapporto indica in quasi un milione la platea di colf e badanti, pari all’8% circa dei lavoratori dipendenti italiani. Come si legge dal rapporto sono una categoria di lavoratori poveri, con un reddito medio imponibile annuo di circa 5.100 euro, «ad alto rischio di pratiche elusive e in gran parte immigrati». Rispetto ai dipendenti il datore di lavoro dei collaboratori domestici è la famiglia che però non agisce come sostituto di imposta.
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Il che vuol dire che ai fini fiscali non effettua alcuna ritenuta a titolo di acconto e non rilascia la certificazione unica (Cu), limitandosi a versare solamente i contributi previdenziali. Per altro, come spesso accade nella stragrande maggioranza dei casi colf e badanti non lavorano per una sola famiglia venendo il più delle volte pagati solo per le ore effettivamente lavorate. È dunque il lavoratore che percepisce lo stipendio netto a dove pagare le imposte presentando la dichiarazione dei redditi l’anno successivo se il loro reddito complessivo è superiore a 8.150 euro.
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La fuga dall’Irpef
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Secondo il rapporto però, questo incentiva i domestici a lavorare un numero di ore tale da percepire un reddito complessivo immediatamente al di sotto della soglia degli 8.000 euro per non essere così chiamati a versare le imposte. Dall’analisi statistica sarebbero circa 230mila i lavoratori domestici che presentano comportamenti “anomali” al limite dell’evasione. In sostanza secondo lo studio allegato alla Nadef gli individui che guadagnano tra 8.000 e 15.700 euro hanno un incentivo a spostare i loro redditi sotto la soglia di 8.000 euro per rientrare nella no tax area.
Sì agli 80 euro ma senza dichiararsi al Fisco
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Un comportamento che non cambia anche per tutti i lavoratori domestici che percepiscono il bonus degli 80 euro. Questi soggetti, infatti, ricevono dallo Stato l’erogazione dei 960 euro a fine anno dopo aver presentato la dichiarazione dei redditi. Ma questo avviene per i lavoratori che hanno un reddito complessivo superiore a 8.000 euro ma fino a 11.600 euro circa (ammontare per cui l’Irpef dovuto è equivalente al bonus di cui si beneficia) hanno l’ incentivo a presentare dichiarazione dei redditi, in quanto, con la presentazione della dichiarazione, restano esenti dal pagamento Irpef, ma ricevono il trasferimento di denaro dallo Stato sotto la voce “bonus Renzi”.
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