1. DAGOREPORT
2.INCONTRO MACRON-MELONI
Estratto dell’articolo di Tommaso Ciriaco, Anais Ginori per repubblica.it
MELONI MACRON
Camminano insieme. Gesticolano attraversando piazza Colonna. Varcano il portone della sede del governo. Un’ora e mezza faccia a faccia, Giorgia Meloni ed Emmanuel Macron, senza delegazioni. Un evento non scontato, certo. E tanto basta per far esultare la propaganda meloniana per la ritrovata amicizia tra duellanti.
A sera, però, fonti dell’Eliseo restituiscono un frammento di realismo politico che delude la destra di governo. “I due — filtra da Parigi — hanno continuato a discutere sulla necessità di trovare una soluzione europea alla questione migratoria”. Europea, non italiana.
MELONI MACRON
Significa che il Piano Mattei — ideato a Palazzo Chigi senza troppo coinvolgere la Farnesina — non convince la Francia. Non sarà adottato da Parigi, dove a dire il vero non hanno neanche capito bene di cosa si tratti. È la sintesi del messaggio rivolto dal leader alla collega: serve coerenza e un lavoro di lungo periodo. Tradotto: non puoi sbandare tra estremismo e ragionevolezza, non puoi immaginare di risolvere un problema epocale con due o tre slogan di pancia.
MELONI MACRON
Sono dettagli che confermano il senso dell’operazione politica macroniana. Dopo mesi di sgambetti e dispetti reciproci, riferiscono gli uomini più vicini al Presidente, è Meloni ad aver cambiato idea, abbandonando gli slogan sovranisti, i respingimenti e i blocchi navali che non esistono, per trattare in sede europea un’intesa tra partner. “È lei — dice un macroniano di livello — a venire sulle nostre posizioni, non il contrario”. E d’altra parte, Macron è reduce dall’incontro con Papa Francesco a Marsiglia, culminato con l’appello all’accoglienza e ad una soluzione europea condivisa.
Il realismo, riferiscono fonti di entrambi gli staff, domina il faccia a faccia.
(...) All’Eliseo temono la cavalcata dell’estrema destra francese, questo è certo. A Roma pure, perché Le Pen gioca di sponda con Salvini. Contenerli è prioritario. Proprio il ruolo del leghista e la sua resistenza al bis di Ursula von der Leyen entrano nel colloquio.
MELONI MACRON
Il dossier dei migranti domina ovviamente l’incontro. Meloni insiste per avviare la discussione del piano Mattei già all’Euromed di Malta del 29 settembre, poi a Granada il 6 ottobre. Macron accetta che se ne parli, anche perché l’Italia ha smesso di insistere sui ricollocamenti volontari. Uno scenario ideale, perché così l’Eliseo può inviare in chiave interna il messaggio della “fermezza” senza dare spazio alle destre. Su alcuni punti, però, manca l’intesa. Parigi, ad esempio, non gradisce l’attivismo italiano sugli investimenti in Africa, perché non intende cedere troppo terreno all’Eni.
(…) Coerenza e tempi lunghi, ancora. Anche perché c’è da fare i conti con la Germania, attaccata con una missiva dalla premier. Il francese chiede di evitare strappi e ribadisce che non è possibile ipotizzare intese escludendo Berlino. E d’altra parte, l’Eliseo non accetterà mai di indebolire lo storico legame con i tedeschi. Vale per il dossier migratorio, vale per il patto di stabilità, dove pure ha interessi convergenti con Roma.
Prima di salutarsi, Meloni riesce anche a descrivere il suo progetto di riforma costituzionale, che sogna la stabilità francese. I due si salutano, promettono di riaggiornarsi. Resta però negli occhi dei meloniani anche quel gesto di due ore prima, nell’aula della Camera per i funerali di Giorgio Napolitano. Macron saluta da lontano Mario Draghi, poi fa il cenno del telefono. Come a dire: “Ci sentiamo più tardi”. Dopo la nomina di Von der Leyen, un altro segnale che preoccupa Palazzo Chigi.
MELONI MACRON
3. TRA MELONI E MACRON SALVINI È DI TROPPO: CORTOCIRCUITO LEPENISTA
Simone Canettieri per il Foglio - Estratti
Succede tutto in contemporanea. Mentre Giorgia Meloni passeggia da Montecitorio a Palazzo Chigi parlottando con Emmanuel Macron a favore di telecamere e flash, all’Assemblée National, a Parigi, accade ciò che fino a pochi mesi fa sembrava impossibile. Il ministro dell’Interno Gérald Darmanin, che a maggio definiva il governo italiano “incapace”, risponde a un’interrogazione di Alexandre Loubet, deputato lepenista del Rassemblement national. “La verità è come dice madame Meloni: serve una soluzione europea all’immigrazione”.
In Aula Marine Le Pen si sbraccia, fa no con le mani. Poco prima il suo parlamentare aveva tessuto le lodi di Salvini quando era ministro dell’Interno, quando bloccava le navi, sentendosi dare questa risposta: “Perché se il patto sull’immigrazione è così cattivo Salvini e Meloni lo stanno sostenendo?”. E’ un cortocircuito all’interno della destra sovranista che racconta bene la giornata e fa il paio con le scene che si vedono a Roma, a margine dei funerali di Giorgio Napolitano.
giorgia meloni e emmanuel macron a roma dopo i funerali di giorgio napolitano
(…)
In questo scenario la sponda francese è indispensabile, soprattutto dopo la lettera di sconcerto inviata a Berlino sull’utilizzo delle ong. Sono i due forni che Meloni prova ad accendere. “Sovranismo pragmatico”, lo chiamano fonti diplomatiche. E’ la costruzione di una relazione complicata, quella fra Macron e Meloni, iniziata con dei bassi abbastanza clamorosi ma ora, fino a prova contraria, armonica per l’eterogenesi dei fini.
(...)
Nelle intenzioni di Macron c’è anche il desiderio di ricucire le tensioni fra Roma e Berlino. E non a caso nella nota dell’Eliseo si parla di soluzione europea alla questione migranti, mentre il governo italiano ha sempre parlato di soluzione comune con la Francia. Sono dettagli sostanziali in una giornata che rende orgogliosa Meloni tanto da farle dire, ancora una volta, che “l’Italia non è isolata, ma è centrale”.
giorgia meloni e emmanuel macron a roma dopo i funerali di giorgio napolitano
A funestare il tutto ci sono però le parole non proprio diplomatiche di Andrea Crippa, vice di Matteo Salvini contro la Germania che “ottanta anni fa decise di invadere gli stati con l’esercito ma gli andò male, ora finanzia l’invasione dei clandestini per destabilizzare i governi che non piacciono ai socialdemocratici”. Un’uscita che manda su tutte le furie Meloni. Che parla con i suoi collaboratori di “un continuo sabotaggio” di parte del vicepremier leghista che sembra “fare come Penelope con la tela: la fa e la disfa di continuo”.
E questo accade nel giorno in cui è presente in Aula il presidente della repubblica federale tedesca Frank Steinmeier. Salvini come al solito cercherà di abbassare i toni, dopo la sortita del suo braccio destro, nel giorno in cui Macron gli passa davanti nell’emiciclo e lui nemmeno gira il collo per guardarlo. E oggi torna a riunirsi il Consiglio dei ministri. Due argomenti su tutti: un nuovo decreto sull’immigrazione (al centro i giovani migranti e la gestione dei nuovi hotspot) e la Nadef (con la previsioni di crescita che saranno al ribasso). In entrambi i casi, alla fine, l’Italia avrà bisogno dell’Europa e di alleati affidabili. A partire appunto dal caro (ex) nemico Macron.
ULTIMO FANGO A PARIGI - MEME BY EMILIANO CARLI EMMANUEL MACRON E GIORGIA MELONI meloni macron