DAGOREPORT - L’ASSOLUZIONE NEL PROCESSO “OPEN ARMS” HA TOLTO A SALVINI LA POSSIBILITA’ DI FARE IL…
Federico Gervasoni per “la Stampa”
GULAM MUSTAFA PADRE DI SANA CHEEMA
L'unica certezza è che la 25enne Sana Cheema sia morta. Le prove del suo decesso sono contenute in un filmato di pochi secondi che mostra il suo funerale con le presunte ferite coperte da un telo. Il giallo della ragazza pachistana, bresciana d' adozione, ha contorni sempre più misteriosi. È giunta proprio ieri pomeriggio la notizia che Mustafa Ghulam, il padre di Sana e il suo secondogenito sono stati scarcerati dopo un luogo interrogatorio.
A rivelarlo è stato un amico pachistano della ragazza che vive a Brescia ed è in stretto contatto gli abitanti di Mangowal, il villaggio dove Sana abitava da bambina. «In Pakistan non c'è giustizia e se hai soldi riesci a farla franca», ha dichiarato il giovane al Giornale di Brescia, chiedendo di restare anonimo. Il possibile colpo di scena era arrivato già ieri da Nasser, inquilino tunisino ospite nell'abitazione dei Cheema a Brescia e che sosteneva di aver parlato al cellulare con Mustafa, ribadendo così la sua estraneità.
NO ALL'AUTOPSIA
Così per il distretto di Gujrat non ci sono colpevoli in questa oscura vicenda dove il corpo della ragazza è stato sepolto senza effettuare un'autopsia. Intanto la comunità pachistana a Brescia ha ricevuto copia del documento che certifica una visita effettuata l'11 aprile da Sana in ospedale per un calo di pressione.
Secondo le prime notizie Sana Cheema, 25 anni e cittadina italiana dallo scorso settembre, sarebbe stata assassinata dal genitore a Gujrat in Pakistan dove lo scorso gennaio si era recata a trovare i parenti. Un racconto denso di punti oscuri e arrivato a Brescia grazie alla rivelazione di un'amica pachistana la quale aveva subito parlato di omicidio. Sana, secondo le sue parole, sarebbe stata ammazzata dal padre - addirittura sgozzata - per aver rifiutato le nozze combinate.
Una regola ferrea da non trasgredire e che al giorno d'oggi viene ancora imposta nel Paese islamico. Giunta a Brescia nel 2003 insieme alla famiglia, la venticinquenne Sana Cheema dopo il diploma conseguito al liceo "De Andrè" aveva aperto un' agenzia di pratiche automobilistiche. «Sono molto addolorato per quello che è successo», afferma Jabran Fazal, dell' associazione culturale Pak che ieri pomeriggio si è riunito con centinaia di connazionali in piazza Rovetta a Brescia per ricordarla.
I CONTRASTI
Nel corso della manifestazione è intervenuto Raza Asif, segretario della comunità pachistana in Italia: «Nel nostro Paese è stata aperta un' inchiesta per accertare la verità. Certamente sia il padre sia fratello in questo momento non si trovano in arresto».
Un ulteriore fatto confermato è che Sana e la sua famiglia erano da tempo in contrasto. Lei aveva infatti intrecciato una relazione con un italiano residente nella provincia bresciana, mentre il padre avrebbe preteso per lei il matrimonio con un uomo pachistano con molti più anni di lei.
I dissidi famigliari erano stati ribaditi anche da alcuni amici della ragazza, i quali hanno riferito di continue liti con il genitore paterno, definito rigido e molto radicale.
Praticamente l' esatto opposto di quella figlia che, contrariamente alla madre, non portava il velo, vestiva all' occidentale e soprattutto sognava un futuro in Italia. Partita a gennaio con l' intento di trascorrere come sempre le vacanze in Pakistan, Sana Cheema mai avrebbe pensato che quello si trattasse di un viaggio di sola andata, conclusosi con una morte ancora senza un perché.
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