1. Così TikTok rubava i dati di milioni di smartphone
Francesco Semprini per “La Stampa”
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A conti fatti le preoccupazioni dell'amministrazione Usa sul rischio rappresentato da TikTok non erano poi accuse deliranti o costruite ad arte come qualcuno le aveva etichettate. Il social di condivisione video controllato dalla società cinese ByteDance, o meglio la sua applicazione per sistemi operativi Android, avrebbe raccolto i codici identificativi di milioni di smartphone. Una chiara violazione alla normativa per la privacy prevista da Google (produttore di Android).
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Per capirci, l'app ha tracciato e ricostruito le attività online dei dispositivi senza che gli utenti potessero essere in grado di disattivare tale funzione. Secondo quanto rivelato dal Wall Street Journal, l'app di TikTok avrebbe raccolto per 15 mesi, fino al novembre scorso, gli indirizzi Mac degli smartphone Android, e cioè i codici identificativi che vengono assegnati dai costruttori ad ogni scheda di rete, e che consentono di identificare un dispositivo in modo univoco.
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Gli indirizzi Mac sono comunemente usati a scopi pubblicitari, ma potrebbero permettere anche forme di tracciamento più invasive. Un portavoce di TikTok ha dichiarato che la società è «impegnata a proteggere la privacy e la sicurezza» degli utenti. E «al pari degli altri social aggiorniamo costantemente la nostra applicazione per essere al passo con le sfide in evoluzione sul fronte della sicurezza», ha sottolineato aggiungendo che l'attuale versione di TikTok «non raccoglie gli indirizzi Mac».
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Il portavoce ha poi ribadito: «Non abbiamo mai fornito dati degli utenti Usa al governo cinese, né lo faremmo se ci fosse richiesto». Da Google affermano invece che l'azienda sta conducendo un'indagine sulle rivelazioni fatte dal quotidiano di Wall Street, senza tuttavia fornire ulteriori elementi. E' chiaro che i timori permangono sia nella società di Mountain View sia nell'amministrazione Usa che vede nella piattaforma cinese un cavallo di Troia dei pirati della rete al soldo di Pechino.
Al punto tale che giovedì scorso Trump ha firmato un decreto che obbliga ByteDance a vendere la partecipazione nelle operazioni di TikTok negli Usa. «Ogni società che continuerà a fare affari con TikTok fra 45 giorni - ha detto Trump - sarà soggetta a sanzioni».
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Escluse dalle sanzioni tutte le operazioni compiute entro 45 giorni, un modo per consentire possibili accordi per la cessione del social di condivisione video a Microsoft. Il decreto riguarda anche un'altra app di proprietà della cinese Tencent, WeChat, anch' essa sanzionata per motivi legati alla sicurezza.
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Secondo colosso hi-tech cinese (dopo Alibaba) Tencent è una fucina di tecnologie del futuro, dall'intelligenza artificiale applicata alla medicina alle comunicazioni, ed è investitore in start-up tecnologiche, social e ludiche Usa. Secondo Salih Hudayar, rifugiato politico Uiguro e primo ministro del governo del Turkmenistan orientale in esilio, WeChat è utilizzata per monitorare i membri della minoranza musulmana e intercettare ogni forma di dissenso da Pechino.
2.«Pericolo TikTok, oppio per giovani» Lo storico Ferguson riaccende lo scontro
il professor niall ferguson
Guido Santevecchi per il “Corriere della Sera
«TikTok è stupido, l'ambizione imperiale della Cina no». È il titolo dell'ultimo articolo scritto per Bloomberg da Niall Ferguson, brillante e rispettato storico, docente a Stanford e Harvard, anche visiting professor alla Tsinghua di Pechino. La app di video musicali e pubblicità per giovani ideata in Cina è al centro dell'ultima battaglia tra l'Amministrazione Trump e Pechino.
Ha 100 milioni di follower americani e il presidente degli Stati Uniti vuole bandirla per motivi di sicurezza nazionale (possibile spionaggio attraverso la raccolta di dati e informazioni sugli utenti), se la ByteDance di Pechino non la venderà entro settembre. Scrive il britannico Ferguson, trapiantato negli Stati Uniti: «È difficile superare l'iniziale assoluta inutilità e stupidità di TikTok. Ho passato mezz' ora cercando di dare un senso alla serie infinita di video di gente comune che fa cose sciocche con i cani o in cucina o in palestra».
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«Poi, per un'altra mezz' ora mi sono chiesto come questa cosa possa essere una minaccia per la sicurezza nazionale americana». Ed ecco la sintesi della sua elaborazione: gli Stati Uniti hanno vinto la Guerra fredda contro l'Unione Sovietica esportando i loro valori; la Cina ha un piano simile per la seconda Guerra fredda. Ferguson ricorre alla storia per argomentare: «TikTok non è solo la vendetta della Cina per il secolo dell'umiliazione tra le Guerre dell'oppio (concluse con la vittoria britannica nel 1860, ndr ) e la rivoluzione di Mao (che fondò la Repubblica popolare nel 1949, ndr).
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Tiktok è l'oppio, il fentanyl digitale che rende i nostri figli assuefatti all'imminente impero cinese». Ferguson sostiene che «a differenza di Facebook, TikTok non è un social network. È un sistema basato su algoritmi con intelligenza artificiale che sfrutta tutti i dati raccolti su ogni singolo utente per personalizzare il contenuto».
Quindi: oggi sulla app passano video demenziali, musica e consigli per gli acquisti; domani influenza ideologica e politica per le masse giovanili del mondo. Risposta del Global Times , giornale nazionalcomunista di Pechino: «TikTok evoca la nostalgia di Ferguson per l'Impero britannico».
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Secondo i cinesi la colpa di TikTok e di avere semplicemente vinto la concorrenza agguerrita dei gruppi stranieri con le sue sole forze. Quanto al feed algoritmico basato su intelligenza artificiale, il fatto che Ferguson usi questo argomento per screditare TikTok «prova quanto poco sappia di tecnologia di Internet. Tutti i social network funzionano allo stesso modo. Se ogni piattaforma digitale con un algoritmo dovesse essere considerata fentanyl, allora Facebook, Twitter, Instagram sono tutti oppio».
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Il Global Times conclude che la tecnologia è neutrale per natura, ma al professor Ferguson piace solo quella dell'Occidente, perché ha nostalgia del British Empire che imponeva le sue regole commerciali con sistemi come la Guerra dell'oppio. Ferguson concede che il creatore di TikTok, l'ingegnere cinese Zhang Yiming, è un grande imprenditore, ma anche un «conformista politico» pronto a piegarsi agli ordini del Partito comunista di Pechino.
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Così Donald Trump ha fatto bene a firmare un ordine esecutivo per imporre ai cinesi la cessione di TikTok a un gruppo americano. La partita per TikTok non è ancora chiusa. Il 15 agosto è in programma un incontro in videoconferenza tra negoziatori commerciali di Washington e Pechino. I cinesi dicono di voler mettere sul tavolo anche la questione della app «stupida e oppiacea».
niall ferguson diventa probrexit
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