Andrea Nicastro per il “Corriere della Sera”
talebani nel palazzo presidenziale 8
Novanta miliardi di armamenti, 330 mila soldati a libro paga, eppure 40 mila talebani si sono ripresi l'Afghanistan in due settimane. In motocicletta. Quasi senza combattere. L'intelligence Usa, coerente con la sua politica ventennale, non se ne capacita, eppure la grammatica di sopravvivenza di ogni afghano non dava scelta.
ESERCITO AFGANO
Davanti al ritiro americano, si sono affidati all'intreccio di paura, egoismo, clan ed etnie che li ha fatti sopravvivere sino ad oggi. Le diffidenze etniche sono state un tabù nell'Afghanistan filoamericano.
Gli addestratori sapevano, ma negavano, eppure era chiaro che i militari non erano fedeli allo Stato, ma prima alla famiglia, poi alla tribù e infine al gruppo etnico. «I miei soldati - raccontava un colonnello - ascoltano i miei ordini e poi chiedono l'autorizzazione via cellulare al capo famiglia. Se la risposta è no, disertano».
TALEBANI
In questi giorni di disfatta sono state spesso le famiglie ad imporre ai soldati (con gli sms) di non difendere lo Stato afghano, ma tornare a casa dove c'era più bisogno di loro. Gli «anziani» avevano capito che, senza la presenza americana, «quel» governo era finito.
L'etnia pashtun è maggioritaria nel Paese, comanda (con una sola interruzione) dal 1727. Agli americani è sembrato logico affidare a loro il governo tanto da appoggiare due presidenti pashtun come Karzai e Ghani. Ma pashtun è anche l'etnia che ha espresso il movimento talebano.
i talebani prima dell'11 settembre
Due le conseguenze. Per far vincere i loro candidati nonostante l'astensione delle aree pashtun, gli americani hanno chiuso gli occhi su frodi elettorali clamorose, delegittimando quella democrazia che ufficialmente promuovevano.
Secondo, i sospetti di doppiogiochismo sui soldati pashtun hanno reso impossibile la coesione dei ranghi. Perché tanta insistenza Usa? Perché i pashtun (e i talebani) sono alleati del Pakistan, Stato nucleare, a sua volta alleato di Washington. Ubi maior...
talebani 3
Il generale Giorgio Battisti, primo ufficiale ad arrivare a Kabul nel 2001, la chiama così. È il tarlo che toglie il sonno, è la paura che fa mollare armi e divisa per scappare appena ti offrono un salvacondotto. «Il 15 agosto afghano è un po' come il nostro 8 settembre. La maggioranza degli alti comandi e dei governatori ha barattato la propria salvezza con la resa. Persino il presidente Ghani avrebbe ordinato di non resistere. I miei ex allievi dell'accademia mi scrivono vergognandosi: noi avremmo combattuto. Il coraggio non basta se dietro c'è un governo corrotto».
TALEBANI 1
«Non puoi comprare un afghano, solo affittarlo». I proverbi abbondano, significano «capacità di sopravvivenza». I talebani, prima che a Kabul, si sono presentati in città tradizionalmente loro ostili e non hanno incontrato resistenza. Neppure i vecchi signori etnici (come Ismahil Khan, Atta e Dostum) hanno combattuto.
Un po' perché anziani. Un po' perché il presidente Ghani ne ha limato l'influenza, sino a quando, disperato, ne ha chiesto l'aiuto. Pochi giorni fa, quando era troppo tardi. L'unico Corpo d'Armata che sta (ancora) resistendo è il 215 di stanza ad Helmand. E l'unica area dove i talebani non hanno (ancora) preteso la resa è la valle del Panshir.
soldati americani a kabul nel 2006
Il generale che combatte e la valle sono entrambe tajike. Dal 2001 la colonna vertebrale dell'esercito afghano era fatta di tajiki del Panshir, eredi del comandante Massoud. Pochi mesi fa, il presidente Ghani, spaventato da voci di un golpe militare, ha sostituito i più alti gradi tajiki con gente della sua tribù (pashtun). Sono loro ad essersi arresi. I tajiki stanno tornando in valle. Se l'ennesima guerra afghana deve proprio cominciare sarà da lì.