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Serena Tibaldi per “la Repubblica”
«Avevo nove anni quando vidi in TV uno spettacolo delle Folies Bergère. Rimasi così incantato da quei costumi meravigliosi che il giorno dopo a scuola mi misi a disegnarli, cristalli e piume compresi. Il professore se ne accorse, e per punirmi mi obbligò a stare in piedi sulla sedia con il disegno attaccato sulla schiena, mentre incitava i miei compagni a deridermi. Lo fece per umiliarmi, ma invece loro iniziarono a farmi i complimenti, a chiedermene altri. Così dall' essere una specie di paria divenni popolare, e capii che tutto può essere bello e degno di essere raccontato».
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L'episodio che Jean Paul Gaultier svela sorridente in un ottimo italiano, con qualche accenno di spagnolo, oggi sarebbe catalogato come bullismoma erano altri tempi. Resta il fatto che è in quei frangenti che s' è formata la strepitosa estetica dello stilista sessantasettenne (con l' energia di un trentenne: rischia anche di cadere dal divano, tanta è l' enfasi del discorso).
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Gaultier è stato il primo a puntare sul genderless , a portare in passerella modelle curvy e donne mature, a elevare la moda della strada a lusso sfilando a Les Halles, negli anni Ottanta tra i quartieri più malfamati di Parigi: «nessun proclama, è che non avevo soldi». Buona parte di ciò che oggi è "innovativo" Gaultier lo ha già immaginato, disegnato, cucito. Anche per questo sta avendo tanto successo il suo Fashion Freak Show , un mix tra cabaret, burlesque, satira, défilé, biografia e musical che, dopo Parigi, Spoleto e Londra pare essere in trattative per Broadway. «La sfilata è di per sé una messa in scena: ci sono le luci, la musica, la regia. Quindi in un certo senso lo faccio da sempre».
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Gaultier mette molto di sé su quel palco, dall' orsacchiotto Nana, la sua prima modella (altro che Madonna: la prima guêpière con le coppe a cono l' ha fatta per lei a dieci anni), a Francis Menuge, l' amatissimo compagno scomparso per Aids nel 1990; il tutto mescolato ai suoi abiti più spettacolari. E pensare che non ha mai studiato moda in vita sua.
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«Disegnavo perché così piacevo agli altri, la moda per me era relegata alle riviste che compravo - o rubavo, quando non avevo soldi -. Avevo mandato il mio portfolio in giro, ma senza uno scopo preciso. Poi, il 24 aprile del 1970, il giorno del mio diciottesimo compleanno, mi chiama Pierre Cardin; vado al colloquio con mia madre, che non si fidava: ho iniziato così ».
Quando nel 1976 lancia la sua linea, ha chiara una cosa: niente dogmi. «Ho sempre messo tutto in dubbio. Quando ho scoperto che Babbo Natale non esisteva, mi sono detto "allora nemmeno la fatina dei denti è vera. Quindi, nemmeno Dio". Così con la moda: da Jean Patou, una maison dove ho lavorato dopo Cardin, tutto quello che era beige e oro era chic. E chi l' ha detto? A me per esempio fa schifo». Si può solo immaginare la reazione all' epoca dei suoi colleghi a un simile approccio.
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«Noi Francesi prendiamo sul serio la moda perché siamo dei frustrati che non prendono nulla con leggerezza. Invece da voi la cultura del bello è la norma, mica è un caso che il mio Francis fosse di origine italiana! Qui siamo fissati con la democrazia, ma in realtà tutti vogliono essere re senza lavorare. E visto che non si può, dicono no a tutto».
Tornando allo show, in mezzo alle icone personali che lo stilista porta in scena, tra una Madonna onnipresente, una Josephine Baker moderna e una simil-Anna Wintour, c' è anche Prince. Nonostante il loro incontro non sia stato dei migliori.
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«È che non conosco bene le lingue », spiega ridendo lui. «Lavoravo ai costumi de Il quinto elemento , il film di Luc Besson (uscito in Italia nel 1997, ndr ). Prince aveva il ruolo di DJ Ruby Rhod, andato poi - a causa mia, per l' appunto - a Chris Tucker. Luc e io dovevamo incontrarlo in hotel a Parigi: io arrivo in anticipo, e inizio a mostrargli i bozzetti.
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Uno degli abiti ha un enorme panier sul retro e io, per spiegarglielo, mi metto a indicarmi il fondoschiena dicendogli che è un faux cul , alla francese. Solo che lui lo intende come fuck you (letteralmente, "fottiti"). Grande errore. In quel momento arriva Luc, ma lui ci guarda malissimo e se ne va.
Abbiamo capito cos' era accaduto solo quando il suo manager ha scritto che rifiutava la parte perché "i costumi sono troppo gay, e inoltre a Prince non va bene che simboleggino un fuck you " ». Gaultier si ferma in mezzo alla sala (s' era alzato per mimare meglio la vicenda). «Che peccato. Ma quanto abbiamo riso!».
madonna in intimo jean paul gaultier a cannes nel 1991 Jean Paul Gaultier si e? presentato sul palco dei Ce?sar, gli Oscar francesi, in mutande
JEAN PAUL GAULTIER E MADONNA jonh malkovich interpreta pierre et gilles : jean paul gaultier foto di sandro miller jean paul gaultier 4 jean paul gaultier 5 jean paul gaultier 6 conchita wurst con jean paul gaultier 3 conchita wurst con jean paul gaultier conchita wurst e jean paul gaultier milo moire jean paul gaultier JEAN PAUL GAULTIER JEAN PAUL GAULTIER E MADONNA JEAN PAUL GAULTIER E MADONNA