Marco Conti e Francesco Malfetano per il Messaggero
Conte
«Al momento non c'è una crescita dell'epidemia, ma forse una leggera diminuzione». Così ieri, Gianni Rezza, direttore generale della Prevenzione del Ministero della Salute, analizzando la situazione italiana nella consueta conferenza stampa di aggiornamento ha acceso una prima flebile luce in fondo al tunnel.
I dati infatti, oggi parlano di un indice Rt in decrescita e di «una sorta di stabilizzazione» del rapporto testati positivi (oggi 15,44%, contro l'oscillazione tra 16 e 17% dei giorni scorsi). Un primo passo per cui però è meglio non esultare. Non ancora quantomeno.
GIUSEPPE CONTE SI DISINFETTA LE MANI
Le proiezioni a trenta giorni infatti dicono che la possibilità di allentare le misure di contenimento dei contagi e di dismettere la classificazione delle regioni, in vista del Natale «dipende da come ci comportiamo e da se stimo attenti a rispettare le regole». Tradotto, prima che si possa iniziare a ragionare di scalabilità dei colori delle Regioni bisogna darsi degli obiettivi. E il traguardo in questo momento, come ha spiegato nella stessa conferenza il presidente dell'Istituto Superiore di Sanità Silvio Brusaferro, è che «rapidamente l'Rt vada sotto 1».
roberto speranza giuseppe conte giuseppe ippolito
Con la consapevolezza però che nel caso lo faccia «vuol dire una crescita dei casi più lenta, ma sempre una crescita». Numeri alla mano quindi, la situazione ha raggiunto un punto di sostanziale stabilità (il cosiddetto plateau) da cui però ora è difficile sollevarsi. In ogni caso ieri, a testimonianza del calo del rapporto tra casi testati e positivi, sono aumentati a 32.191 i nuovi contagiati (lunedì erano stati 27.354) ma lo hanno fatto solo grazie a ben 208.458 tamponi effettuati (contro i 152 mila del giorno precedente). Il bollettino però evidenzia anche come siano aumentati di 120 unità i ricoveri in terapia intensiva (dato stabile rispetto alla scorsa settimana) e, soprattutto, le morti. Quelle indicate dal report di ieri infatti sono 731 morti.
Cifra quasi raddoppiata rispetto a 7 giorni fa (331 decessi all'8 novembre) e frutto di quegli indici che hanno spinto alla chiusura in zone rosse di diverse regioni nelle scorse settimane. I timidi segnali positivi sulla diffusione del virus incoraggiano ancor più i presidenti di regione che al governo chiedono non solo di ridurre i parametri da 21 a 5, ma anche di accorciare di una settimana - e non più due - i tempi per valutare l'eventuale miglioramento.
GIUSEPPE CONTE DPCM MODE BY CARLI
Venerdì prossimo, giorno in cui si riunisce la Cabina di regia, non cambierà nulla nella definizione delle fasce e i nuovi dati serviranno a capire se le prime sette regioni per cui sono scattate le misure - Lombardia, Piemonte, Valle d'Aosta e Calabria, (rosse) Puglia e Sicilia (arancioni) - avranno dati positivi stabili da due settimane così come prevede l'ordinanza di Speranza.
E' quindi probabile che per rivalutare il posizionamento di regioni che solo nella settimana in corso hanno avuto percentuali migliori, occorrerà attendere il monitoraggio del 27. Possono invece peggiorare subito, e finire nella fascia con maggiori chiusure alcune delle regioni attualmente in zona gialla. Come il Veneto che potrebbe passare ad arancione mentre Puglia, Liguria e Basilicata potrebbero finire in zona rossa. La valutazione finale, prima delle feste di Natale, si farà il 3 dicembre quando scade il dpcm in vigore.
SILVIO BRUSAFERRO
La gara tra presidenti di regione è scattata proprio in vista di quell'appuntamento. Avere la regione ancora in zona rossa a ridosso delle festività è un problema che ogni presidente spera di non dover affrontare.
Mentre i colossi delle vendite via web si fregano le mani, commercianti e ristoratori sono sul piede di guerra. Anche se è presto per annunciare allentamenti nelle misure, anche palazzo Chigi si interroga su come riaprire il prossimo mese negozi, centri commerciali, bar e ristoranti senza compromettere gli sforzi fatti sinora e rischiare a gennaio nuove e ancor più rigide chiusure.
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